Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20643 del 09/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20643 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 21190-2007 proposto da:
MOSSO

LUCIANO

MSSLCN43TO6G692X,

VIALE

PIERA

VLTPRI43E60D205Q, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato CONTALDI MARIO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BESOSTRI GRIMALDI DI
2013

BELLINO ERASMO;
– ricorrenti –

1616
contro

EMILIA VALSALICE S.S.;
– intimata –

Data pubblicazione: 09/09/2013

sul ricorso 25752-2007 proposto da:
EMILIA VALSALICE

SS.,

in persona

del

socio

amministratore Riccardo Segre, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso
lo studio dell’avvocato LOIACONO ROMAGNOLI MARIA

all’avvocato SERTORIO MARCO;
– c/ricorrente e rio. incidentali contro

MOSSO

LUCIANO

MSSLCN43TO6G692X,

VIALE

PIERA

VLTPRI43E60D205Q, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio
dell’avvocato CONTALDI MARIO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato BESOSTRI GRIMALDI DI
BELLINO ERASMO;
– c/ricorrenti al c/ricorso e rio . incidentali –

avverso la sentenza n. 1025/2006 della CORTE
D’APPELLO di TORINO, depositata il 13/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/06/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato SABINA LORENZELLI con delega
dell’avvocato CONTALDI MARIO, difensore dei
ricorrenti che si è riportata alle memorie in atti
depositate;
udito l’Avvocato ILARIA ROMAGNOLI con delega

TERESA, che la rappresenta e difende unitamente

dell’avvocato LOIACONO ROMAGNOLI MARIA TERESA che si
è riportata alle memorie in atti depositate ed ha
insistito nell’accoglimento del ricorso incidentale e
per il rigetto del ricorso principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

ricorsi, ha concluso per il rigetto di entrambi i
ricorsi.

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che, previa riunione dei

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l.- Il

tribunale di Torino accoglieva alcune delle domande

proposte dall’attrice Emilia Valsalice s.s. la quale aveva
lamentato violazioni relative ai rapporti di vicinato compiute

confinanti con quelli dell’istante.
Avverso tale decisione proponevano appello principale gli attori e
incidentale i convenuti.
Con sentenza dep. il 13 giugno 2006 la Corte di appello di Torino,
in parziale riforma della decisione di primo grado, accoglieva alcune
delle cesure sollevate dall’attrice, mentre respingeva l’appello
incidentale.
Per quel che ancora interessa nella presente sede, dopo avere
dichiarato inammissibili le prove articolate in appello dall’attrice, in
quanto aventi a oggetto circostanze identiche a quelle articolate in
primo grado, accoglieva la domanda con la quale era stata invocata la
illegittimità degli sfiati dai convenuti apposti sui muri perimetrali con
la condanna alla relativa rimozione rigettava la domanda
riconvenzionale con la quale i convenuti avevano chiesto il
riconoscimento della servitù di passaggio pedonale gravante sui mapp.
166/a e 193/ b dell’attrice e a favore del mapp. 166/c o, in subordine,
la costituzione di servitù coattiva, sul duplice rilievo che tale
porzione di terreno non era una entità autonoma rispetto al mapp. 193/a,
ora 537, dotato di accesso pedonale e carraio, trattandosi di un unico
compendio immobiliare, posto che le particelle erano state alienate con

da Luciano Mosso e Piera Viale, proprietari di fondi

.+

rogito del 13-12-1991 – la part. 193/a a favore di entrambi i coniugi
Mosso e quella 166/c al solo Mosso – ed erroneo era stato il riferimento
del tribunale alla proprietà del marciapiede sovrastante l’intercapedine
interrata; e che comunque a stregua di quanto risultava dagli atti di

a favore del mapp. 166/c.
Era respinta la domanda con la quale l’attrice aveva invocato lo
sconfinamento sulla loro proprietà del cancello carraio e del relativo
pilastro di sostegno non avendo fornito la prova a essa incombente attesa
la natura di rivendicazione dell’ azione proposta; peraltro, dalle
planimetrie allegate agli atti di acquisto delle rispettive proprietà,
era risultato che il manufatto, insistente sull’area indicata con le
lettEre M-0-N-M non aveva sconfinato sulla proprietà attorea. Era
confermato il rigetto della domanda di usucapione dell’area di terreno
delimitata in planimetria ai punti A-S-R-Q-P-A tenuto conto di quanto
riferito dalla teste Segre.
Anche la richiesta di penale per la abusiva occupazione dell’area
di parcheggio da parte dei convenuti era respinta, non essendo stata
fornita la prova di una utilizzazione da parte dei convenuti protrattasi
dopo la revoca della concessione precaria.
2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Luciano
Mosso e Piera Viale sulla base di cinque motivi.
Resiste con controricorso l’intimata, proponendo ricorso incidentale
affidato a sette motivi illustrati da memoria.

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acquisto doveva escludersi che fosse stata costituita una servitù attiva

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno

la stessa sentenza.
RICORSO PRINCIPALE

Il primo motivo denuncia che la sentenza impugnata, nel respingere la
domanda di riconoscimento della servitù di accesso al mapp. 166 /c, non
aveva esaminato l’atto Borgo del 1971 con la quale l’attrice aveva
acquistato la proprietà di cui è causa, nel quale era stata prevista la
costituzione di due servitù sui mappali di cui al fg 147 193b e 166 a
favore della residua proprietà del venditore, ovvero i mappali 193/a e
166 /c che costituivano due fondi distinti: con l’atto summenzionato,
poi richiamato dai successivi atti di disposizione, l’originario unico
proprietario aveva inteso costituire due distinte servitù.
Il motivo è infondato.
La statuizione con la quale

è stata rigettata la domanda di

riconoscimento della servitù convenzionale di passaggio pedonale a favore
• del fondo 166 /c si basa su una duplice

ratio decidendi,

posto che i

Giudici non si sono limitati ad affermare che i fondi fossero un’unica
entità immobiliare : procedendo poi all’interpretazione della volontà
negoziale di cui all’atto Borgo del 1971, hanno escluso che il rogito con
il quale i convenuti avevano acquistato la proprietà avesse previsto la
– servitù favore del mapp. 166 /c precisando – attraverso i riferimenti
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riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perché sono stati proposti avverso

allo stato dei luoghi – che quella menzionata negli atti non si
identificava con il passaggio invocato dai ricorrenti: tale motivazione,
che non è stata oggetto di specifica censura, è di per sé idonea a
sorreggere la decisione.

quanto il tribunale aveva affermato a proposito del marciapiede ritenuto
di proprietà dei convenuti, quando il marciapiede, che ha la funzione di
coprire l’intercapedine della casa dei Mosso, e che non è di proprietà
della Valsalice insiste sull’ intercapedine quale servitù a favore della
casa dei convenuti: in merito alla esistenza di tale servitù deduce
quanto era emerso dalla deposizione della teste Carla Segre, figlia
dell’unico originario proprietario dei fondi, ed ancora dai riferimenti
contenuti negli atti di acquisto, in cui si indicava che le vendite
avvenivano con tutti i diritti, azioni, servitù attive passive inerenti;
con ciò per fare rientrare in una situazione di fatto ciò che non era
specificato ; l’atto Borgo non era stato particolarmente preciso, mentre
una servitù pedonale pacifica, mai contestata dall’ allora Emilia
Valsalice, non aveva alcun bisogno di essere indicata.
Il motivo va disatteso.
La sentenza ha escluso l’esistenza di un titolo di acquisto per il
passaggio pedonale sul marciapiede sovrastante l’intercapedine collocata
nella proprietà degli attori, mentre la esistenza di una servitù di
intercapedine, costituita per destinazione del padre di famiglia (alla
quale si fa espresso riferimento in sede di illustrazione del motivo ex
– art. 366 bis cod. proc. civ.), introduce una questione che ha carattere
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Il secondo motivo censura la sentenza laddove aveva male interpretato

di novità e, come tale è inammissibile in sede di legittimità, in quanto
non risulta mai trattata dalla sentenza impugnata e implica accertamenti
di fatto relativamente alle condizioni prescritte dall’art 1062 cod. civ.
che non possono essere compiuti dalla S.C. : i ricorrenti avrebbero

giudizio di merito.
Il terzo motivo censura la sentenza impugnata laddove aveva respinto la
domanda di costituzione di servitù coattiva, quando le due particelle
erano state vendute con distinti atti a favore di soggetti in parte
diversi e non poteva considerarsi l’una accessoria all’atra: l’arch.
Viale, comproprietaria della casa, non poteva vedersi gravata di una
servitù a favore del fondo del vicino, anche se suo marito.
Il motivo è infondato.
La sentenza ha ritenuto che, in considerazione della struttura
morfologica del compendio immobiliare acquistato dai convenuti, il
terreno di cui al mapp.166/c non costituiva una entità a sé stante o
autonoma ma costituiva evidentemente parte dello stesso e, pertanto, non
poteva ritenersi intercluso. Al riguardo, i Giudici hanno escluso
l’interclusione del fondo di cui al mapp.166/c, di proprietà del solo
Mosso, destinato a giardino, in quanto a esso si accedeva attraverso
l’abitazione, di cui al mapp. 193/a, di proprietà di entrambi

i

ricorrenti. Ciò posto, per la costituzione di servitù coattiva occorre
dimostrare la necessità del passaggio per la coltivazione e il
conveniente uso del fondo ( Cass. 3702/1989): tale requisito non
– risulta che sia stato oggetto di allegazione e di prova – nel giudizio di
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dovuto dimostrare di avere specificamente proposto tale questione nel

merito – da parte del Mosso, il quale, come si è detto, accedeva al fondo
attraverso l’abitazione dei convenuti.
Il quarto motivo denuncia la contraddittorietà e l’insufficienza della
motivazione laddove aveva ritenuto la illegittimità degli sfiati, mentre

del 1971, quali erano le servitù attive e passive relative alla proprietà
venduta.
Il motivo è inammissibile, tenuto conto che la esistenza della servitù
invocata dai ricorrenti: a) introduce una questione che ha carattere di
novità, non risultando trattata dalla decisione impugnata, la quale ha
ritenuto la insistenza degli sfiati sulla proprietà attorea e sulla
contrarietà alle norme regolamentari escluso; b) involge
l’interpretazione dell’atto Borgo che ha a oggetto un accertamento di
fatto riservato al giudice di merito.
Il quinto motivo denuncia l’insufficiente motivazione laddove la sentenza
impugnata aveva affermato che era venuta meno la concessione a
parcheggiare, quando essi ricorrenti occupavano soltanto lo spazio
relativo alle servitù di passaggio carraio.
Il motivo è inammissibile.
La sentenza ha escluso il diritto di parcheggiare, essendo venuta meno
la concessione precaria al riguardo rilasciata a favore dei ricorrenti,
ma non ha negato il ( diverso ) diritto di aprire o chiudere il cancello,
relativo alla servitù di passaggio.
RICORSO INCIDENTALE

il primo motivo censura la sentenza impugnata laddove, fraintendo il
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avrebbe dovuto accertare, a stregua di quanto previsto dall’atto Borgo

contenuto delle doglianze proposte con l’appello aveva ritenuto che essa
resistente avesse proposto prove nuove che, come tali, sono state
dichiarate inammissibili, quando invece aveva chiesto il completamento
dell’audizione dei testi già indicati ed ammessi in primo grado

motivazione, lamentando la mancata prosecuzione delle prove ammesse.
I primi due motivi – che, per la stretta connessione, vanno esaminati
congiuntamente

sono inammissibili in quanto, non trascrivendo il

contenuto dell’atto di appello e delle conclusioni formulate in quel
grado, non consentono di verificare la decisività della doglianza ovvero
che effettivamente fosse stata
testi e

formulata la istanza di audizione dei

fossero state indicate le ragioni del mancato completamento

della prova in primo grado.
La sentenza, in realtà, ha ritenuto sufficientemente istruita la causa
alla stregua delle acquisizioni probatorie.
Il terzo motivo censura la decisione impugnata che, nel respingere la
domanda di rimozione del cancello, aveva ritenuto che l’attrice non
avesse offerto la prova di cui all’art. 948 cod. civ. quando essa era non
solo proprietaria ma era anche nel possesso del terreno occupato
dall’illegittima opera costruita dal dante causa dei convenuti ed era
pertanto esonerata dalla prova prevista dalla citata norma.
Il quarto motivo censura la sentenza per avere escluso – in contrasto
con quanto accertato dal consulente di ufficio – lo sconfinamento del
cancello e del pilastro che lo reggeva. Lamenta al riguardo che sarebbe
stato necessario il completamento della prova così come richiesto.
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Il secondo formula la medesima censura sotto il profilo del vizio di

Il terzo e il quarto – che vanno esaminati congiuntamente per la stretta
connessione – sono infondati.
La sentenza

ha respinto la domanda di rimozione del cancello

sull’assorbente rilievo che, in base agli atti di acquisto delle

prova della proprietà della porzione di terreno sulla quale era stato
collocato il cancello, così escludendo – indipendentemente dalla probatio
diabolica

che il titolo di acquisto dell’attrice fosse comunque idoneo

a dimostrare il presupposto della domanda. Le censure relativamente alle
risultanze della consulenza tecnica sono generiche, in quanto non
riportando i passi salienti della relazione, non consentono di
verificare la fondatezza delle doglianze.
Il quinto motivo lamenta che la Corte aveva escluso l’acquisto per
usucapione dell’area di terreno delimitata in planimetria ai punti A-S-RQ-P-A, quando occorreva verificare esclusivamente il possesso che era
risultato provato in base alla deposizione della teste Segre, mentre era
erroneo il riferimento alle planimetrie.
Il sesto motivo

ribadisce la censura sotto il profilo del vizio di

motivazione, osservando che la sentenza aveva compiuto una distorta
lettura della deposizione resa dalla teste Segre.
Il quinto e il sesto motivo, che vanno trattati congiuntamente per la
stretta connessione, sono infondati.
La sentenza ha escluso, proprio alla luce della deposizione testimoniale
Segre e dell’andamento del confine dalla medesima riferito,
emersa la prova di un possesso

che fosse

ad usucapionem dell’area in oggetto,
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rispettive proprietà e delle planimetrie allegate, non era emersa la

laddove il riferimento alla planimetria era compiuta per individuare la
conformazione dell’ area in oggetto con riferimento alla linea di confine
indicata dalla teste.
Il settimo motivo, nel censurare il mancato riconoscimento della penale

la contraddittorietà della motivazione laddove, pur avendo ritenuto la
illegittimità della occupazione di cui era ordinata anche la cessazione,
aveva poi escluso il pagamento della penale, la quale era stata prevista
espressamente e non richiede da parte del creditore la prova del danno.
L’ottavo motivo, denunciando l’omessa e contraddittoria motivazione nella
valutazione dei dati probatori, censura la sentenza laddove non aveva
considerato che le stesse parti avevano riconosciuto di avere protratto
il parcheggio successivamente alla comunicazione di revoca della
concessione del 23-7-1991, confermando con le loro difese di continuare
in tale abusivo parcheggio; non aveva considerato le diffide dell’avv.
Trebbi del 1992..
Il settimo e l’ottavo

motivo,

che possono essere esaminati

congiuntamente per la stretta connessione, sono infondati.
Le doglianze formulano censure circa l’accertamento di fatto compiuto dai
Giudici laddove sono stati esclusi la illegittima occupazione da parte
dei convenuti dell’area in oggetto successivamente al 23-7-1991 e il
conseguente diritto alla pattuita penale.
La denunciata contraddittorietà della motivazione è insussistente:

la

sentenza ha ritenuto illegittima la pretesa dei convenuti di parcheggiare
– sull’area in questione, essendo stata revocata la concessione precaria
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dovuta per la illegittima utilizzazione dell’ area parcheggio, denuncia

rilasciata dall’attrice. Tale declaratoria, così come l’inibizione per il
futuro a parcheggiare, non è in contrasto con la affermazione circa la
mancata prova della effettiva utilizzazione successiva alla revoca della
concessione, posto che le statuizioni circa la declaratoria della

pretesa da parte di questi ultimi di potere parcheggiare legittimamente
non comportava che fosse stata riconosciuta o ammessa la effettiva
protrazione dell’ occupazione dell’area in oggetto.
Orbene, le critiche formulate dalle ricorrenti non sono idonee a scalfire
la correttezza e la congruità dell’Iter logico giuridico seguito dalla
sentenza: le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico
della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere l
‘erronea valutazione della condotta tenuta dai convenuti. Al riguardo,
va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod.
proc. civ. deve consistere in un errore

intrinseco al

giudice che deve essere verificato in base al

ragionamento del

solo esame del

contenuto

del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della
difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal
giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si
sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 n. 5
citato, la ( dedotta ) erroneità della decisione non può basarsi su una
ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a
una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine
rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed
– è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione.
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insussistenza del diritto al parcheggio preteso dai convenuti ovvero la

In considerazione del soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per
la compensazione delle spese della presente fase.

P.Q.M.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’ 11 giugno 2013
Il Cons. estensore

Il Presid nte

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa spese

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