Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20642 del 31/08/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/08/2017, (ud. 19/05/2017, dep.31/08/2017),  n. 20642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13404-2016 proposto da:

CIESSE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA COLA DI RIENZO 69, presso lo

studio dell’avvocato MASSIMO BERSANI, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIORGIO SCISCA;

– ricorrente –

contro

D.P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ERITREA,

20, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO GIUTTARI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SCIAMMETTA MARIA CATENA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 465/2015 del TRIBUNALE di PATTI, depositata il

26/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Preso atto che il Consigliere relatore Dott. SCALISI A. ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo la manifesta infondatezza del ricorso posto che il primo motivo è inammissibile per novità dell’eccezione; il secondo motivo è infondato perchè si risolve nella richiesta di una rivalutazione del merito; il terzo motivo è infondato perchè la sentenza non ha omesso l’esame di alcuna questione decisiva.

La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.

Il Collegio premesso che:

Il Tribunale di Patti accoglieva l’appello principale promosso D.P.C. nei confronti della Ciesse s.r.l. e riformava la sentenza di primo grado, pronunciata dal Giudice di pace di Sant’Angelo di Brolo, dichiarava fondata l’opposizione proposta dal D.P. avverso il decreto ingiuntivo emesso in favore della Ciesse s.r.l. per l’importo di Euro 1.008,00, oltre interessi di mora, per il pagamento di merce fornitagli dalla predetta società, con condanna al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio.

A sostegno di questa decisione il Tribunale evidenziava che il creditore opposto non aveva sufficientemente provato il suo credito, anche perchè la produzione in giudizio delle fatture non poteva costituire valido elemento di prova e le due testimonianze assunte in primo grado, vertenti proprio sull’esistenza del credito residuo oggetto del D.I., erano risultate contraddittorie.

Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione la Ciesse s.r.l. formulando tre distinti motivi: 1) per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 246 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, incapacità a testimoniare del coniuge dell’opponente e nullità della deposizione; 2) per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., relativamente all’onere probatorio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; 3) per nullità della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, assoluta insussistenza del credito azionato. D.P.F. ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza camerale le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

1 – il primo motivo di ricorso, è inammissibile. Infatti la ricorrente ha omesso di sollevare l’eccezione relativa alla presunta incapacità a testimoniare della A. sia in primo grado dopo l’assunzione sia nel giudizio di appello, formulando perciò solo in questa sede di legittimità la predetta censura. Come insegnano le Sezioni Unite di questa Corte: “La nullità della testimonianza resa da persona incapace, ai sensi dell’art. 246 c.p.c., essendo posta a tutela de l’interesse delle parti, è configurabile come nullità relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l’assunzione della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2; qualora detta eccezione venga respinta, l’interessato ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi altrimenti ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità per acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del processo”.

2.= Il secondo motivo è manifestamente infondato sia perchè del tutto generico sia perchè la ricorrente chiede a questa Corte una rivalutazione del materiale probatorio che invece è compito del giudice di merito, il quale ha spiegato compiutamente le ragioni per cui le prove a favore della creditrice non erano ritenute sufficienti, alla luce delle dichiarazioni contrastanti dei due testi sentiti in primo grado. Si richiama sul punto quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in più occasioni, ossia che: “qualora il giudice del merito ritenga sussistente un insanabile contrasto tra le deposizioni rese dai testimoni in ordine ai fatti costitutivi della domanda, fondando siffatto convincimento non sul rapporto strettamente numerico dei testi, bensì sul dato oggettivo di detto contrasto, ritenuto ostativo al raggiungimento della certezza necessaria alla decisione e, con apprezzamento di fatto congruamente motivato, reputi non superabile il contrasto sulla scorta delle ulteriori risultanze istruttorie, ritenute altresì inidonee a dimostrare la fondatezza della domanda, l’insufficienza della prova si riverbera in danno della parte sulla quale grava l’onere della prova, comportando, conseguentemente, il rigetto della domanda da questa propostà (così Cass. n. 3468/2010, e n. 4773/2015).

3.= Anche il terzo motivo è manifestamente infondato. A ben vedere esso ripropone sotto altro profilo la medesima censura già svolta con il secondo motivo circa l’errata valutazione delle prove. Va osservato che a seguito della riforma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, n. 5, vi è stata la riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (così S.U. n. 8053/2014). Nel caso di specie non vi è, in tutta evidenza, alcun omesso esame di alcuna questione decisiva, in quanto il giudice di appello ha spiegato le varie ragioni dell’irrilevanza delle dichiarazioni della L.T., tra cui in particolare per essere tale testimonianza contraddetta da altra di segno opposto. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza della società ricorrente. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente, a rimborsare, a parte controricorrente, le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 1.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso, ed accessori, come per legge, dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte delle correnti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017

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