Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20641 del 08/08/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 20641 Anno 2018
Presidente: MATERA LINA
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22004/2013 R.G. proposto da
SANTORO ANTONIO e FORNARO MARIA, rappresentati e difesi
dall’Avv. Vincenzo Giganti, con domicilio eletto in Roma, Corso
Vittorio Emanuele II n. 18, presso lo studio dell’Avv. Gianmarco
Grez;
– ricorrenti contro
PETRAROLI TERESA, rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco
Orlando, con domicilio eletto in Roma, viale Giuseppe Sirtori n. 56
sc. B, presso lo studio dell’Avv. Vittorio Amedeo Marinelli;
– controricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce – Sezione
distaccata di Taranto n. 53 depositata il 22 gennaio 2013.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 novembre
2017 dal Consigliere Milena Falaschi.

Data pubblicazione: 08/08/2018

Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
– il Tribunale di Taranto – Sezione distaccata di Grottaglie, con
sentenza n. 74 del 25 maggio 2009, dichiarava inammissibile l’actio
negatoria servitutis proposta da Antonio SANTORO e Maria
FORNARO nei confronti di Teresa PETRAROLI per genericità della
stessa,

nonché

la

domanda

riconvenzionale

confessoria

relativamente alla servitù di passaggio stante la litispendenza di
altro giudizio fra le medesime parti, rigettata quella confessoria
concernente la servitù di affaccio e veduta per inesistenza di prova
circa il suo effettivo esercizio, con condanna degli attori alle spese
processuali;
– sul gravame proposto dagli originari attori, la Corte d’appello di
Lecce – Sezione distaccata di Taranto, nella resistenza
dell’appellata, rigettava l’appello, precisando che quanto alla porta
– finestra attraverso la quale veniva esercitata la servitù di
passaggio, non era stata fornita prova che nel tempo si fosse
sviluppata anche una servitù di affaccio e veduta, né erano state
allegate argomentazioni atte a incrinare il fondamento della
decisione del primo giudice;
– per la cassazione del provvedimento della Corte d’appello di Lecce

Sezione distaccata

di Taranto

ricorrono gli

originari

attori/appellanti sulla base di due motivi;
– l’intimata Petraroli resiste con controricorso;
– in prossimità della camera di consiglio parte ricorrente ha curato

il depositato di memoria ex art. 378 c.p.c..

Atteso che:
– il primo motivo di ricorso (con il quale è denunciata l’omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio, in particolare sulla ritenuta
presenza di una porta per esercitare la servitù di transito, mentre si

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trattava di porta – finestra, che come tale consentiva l’affaccio e la
veduta dal loro appartamento) è manifestamente infondato.
Va, al riguardo, rammentato che la riformulazione dell’art. 360 n.
5) c.p.c. (applicabile ratione temporis per essere stata la sentenza
impugnata depositata il 22 gennaio 2013), disposta con l’art. 54
del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito con modificazioni dalla
legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui con il ricorso per

fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti”, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici
dettati dall’art.

12 preleggi, come riduzione al minimo

costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di
legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di
legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente

rilevante

e

attiene

all’esistenza

della

motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e
prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si
esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di
sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto
irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. S.U. 7-4-2014
n. 8053).
Nella specie, la decisione impugnata non risulta affetta da alcuna di
tali ultime anomalie, avendo la sentenza impugnata ben spiegato
che non risultava fornita la prova che nel tempo dalla indicata porta
– finestra, attraverso la quale veniva di certo esercitata la servitù
di passaggio, fosse sorta anche una servitù di affaccio e di veduta,
la quale sicuramente non aveva i caratteri della destinazione del
padre di famiglia, come del resto già ritenuto dal primo giudice, con
motivazione che veniva condivisa.

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cassazione è deducibile esclusivamente l’omesso esame circa un

l/

Né le generiche argomentazioni addotte a sostegno della censura
dimostrano contraddizioni intrinseche contenute nel testo della
sentenza ovvero inadeguata considerazione da parte del giudice
d’appello di elementi decisivi. In altri termini, le critiche avanzate

diversa e più favorevole decisione di merito;

il secondo mezzo (con il quale i ricorrenti denunciano

la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto
decisivo della controversia per non avere la corte territoriale
pronunciato sull’ammissibilità della domanda petitoria formulata
dagli attori nel 2002, per essere stata decisa con sentenza passata
in giudicato la domanda possessoria) è inammissibile prima che
infondato per carenza di interesse.
La domanda di negatoria servitutis formulata dagli attori, seppure
eccepita dalla convenuta l’inammissibilità ai sensi dell’art. 705
c.p.c., non risulta essere stata rilevata e dichiarata dal primo
giudice ed il gravame è stato disatteso per ragioni di merito,
diverse da quelle inerenti la inammissibilità. Ne consegue che gli
appellanti medesimi non hanno interesse a ricorrere per cassazione
per denunciare il rispetto della cennata norma, non avendo ciò
inciso, comunque, sulla soluzione data alla controversia.

Conclusivamente, il ricorso, nella riscontrata infondatezza dei
motivi articolati per suffragarlo, deve essere rigettato, con
condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio, liquidate come in dispositivo.
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non dimostrano i vizi denunciati, ma mirano unicamente ad una

Sussistono le condizioni per il raddoppio del contributo unificato,
sempre a carico della parte ricorrente, soccombente, ai sensi
dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. I 15/02, inserito dall’art. 1,
comma 17 legge n. 228/12.

P.Q.M.

condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali
in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi C 2.200,00,
di cui C 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misure del
15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-qualer D.P.R. n. 115/02, inserito
dall’art. 1 comma 17 legge n. 228/12, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
Sezione civile della Corte di Cassazione, il 14 novembre 2017.

Il Presidente

DEPOSffATO IN cANCELLERIA

Roma,

o

Pe.W. 2018

La Corte, rigetta il ricorso;

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