Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20640 del 30/09/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20640 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 17749-2008 proposto da:
SODANO ELENA C.F.SDNLNE34L64E955N, SARNO ANTONIO
C.F.SRNNTN64PO4I676K, elettivamente domiciliati in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dall’avvocato DI SOMMA ANTONIO
MARCO;
– ricorrenti contro

SCIORIO CONCETTA, CERRITO ARDUINO, CIMINO UMBERTO,
ZANNINI VITO, ZANNINI PASQUALE, RUSSO ILMA MARISA,
elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE G. MAZZINI

Data pubblicazione: 30/09/2014

113, presso lo studio dell’avvocato LOZZI FLAVIA,
rappresentati e difesi dall’avvocato PASSARETTI
MASSIMILIANO;
– controricorrenti nonchè contro

RESTA ANNA, GIRONE LUIGI, GIRONE LUCA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 2768/2007 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/06/2014 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato Di Somma Antonio Marco difensore dei
ricorrenti che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

GIRONE GIOVANNI, NICOLETTA MARIA, SCIORIO CARMELA, DI

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1999 Elena Sodano e Antonio Sarno, proprietari in comune di Cellole
di singoli lotti di terreno originati dalla lottizzazione Falco, assumendosi
proprietari di uno stradone di collegamento con la via pubblica Napoli,

sezione distaccata di Carinola, nei confronti di Arduino Cerrito, Giovanni
Girone, Giovanni Sciorio, Umberto Cimino e Lorenzo Zannini, proprietari di
lotti della vicina lottizzazione D’Ari, i quali, anziché servirsi della via Firenze
per immettersi sulla via Napoli, pretendevano il passaggio sulla strada di
proprietà degli attori.
Nel resistere in giudizio i convenuti negavano la proprietà degli attori sulla
strada, eccepivano l’acquisto per usucapione della servitù e, dopo la
prosecuzione del giudizio ad opera degli eredi di Giovanni Sciorio e di
Lorenzo Zannini, ne domandavano in via riconvenzionale l’accertamento
positivo.
Il Tribunale accertava la proprietà della strada in favore degli attori e
l’insistenza su di essa della servitù prediale in favore dei fondi dei ,.onvenuti.
Adita in via principale da Elena Sodano e da Antonio Sarno e in via
incidentale da Arduino Cerrito, Concetta Sciorio, quale erede di Giovanni
Sciorio, Umberto Cimino e Ilma Marisa Russo, Vito e Pasquale Zannini,
questi ultimi tre quali eredi di Lorenzo Zannini, la Corte d’appello di Napoli
dichiarava che sulla strada in questione gravava in favore dei predetti appellati
il diritto di passo uti cives e non uti singuli.
Esclusa la servitù prediale per titolo o per usucapione, sotto quest’ultimo
aspetto essendo avvenuti per mera tolleranza gli episodi di passaggio, la Corte
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agivano in negatoria servitutis innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere,

partenopea, ritenuta l’omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della
servitù d’uso pubblico, osservava che lo stradone in oggetto collegava due
strade demaniali (via Napoli e via Firenze), sicché secondo i principi generali
in materia di strade si doveva presumere che esso fosse gravato da un diritto

circostanza che lo stradone era classificato nell’apposito elenco comunale
come “strada vicinale”, espressione indicativa di un bene assoggettato a
servitù d’uso pubblico in favore della collettività.
Per la cassazione di tale sentenza Elena Sodano e Antonio Sarno
propongono ricorso, affidato a quattro motivi.
Resistono con controricorso Arduino Cerrito, Concetta Sciorio, quale erede
di Giovanni Sciorio, Umberto Cimino e Ilma Marisa Russo, Vito e Pasquale
Zannini, questi ultimi tre quali eredi di Lorenzo Zannini.
Maria Nicoletta, ved. Sciorio e Carmela Sciorio, queste ultime due pure
eredi di Giovanni Sciorio, non hanno svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato notificato agli eredi di Giovanni Girone, e cioè ad Anna
Di Resta e a Luigi e Luca Girone.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi del n. 5 dell’art. 360

c.p.c., l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sull’esistenza
della servitù d’uso pubblico. La sentenza impugnata, si sostiene, dopo aver
escluso l’usucapione della servitù prediale, non chiarisce in qual modo si
sarebbe costituita la servitù d’uso pubblico. Inoltre, la Corte d’appello si
contraddice lì dove da un lato afferma, giustamente, che la classificazione
della strada non costituisce di per sé titolo per l’assoggettamento ad un diritto
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di passaggio a favore della collettività. A conferma di tale conclusione, la

reale demaniale, e dall’altro sostiene, subito dopo, l’esatto contrario, vale a
dire che tale classificazione rafforza l’uso pubblico.
2. – Il secondo motivo, corredato come i successivi da quesito di diritto ex
art. 366-bis c.p.c., espone la violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione al n. 3

appellati ebbero a proporre la domanda d’accertamento della servitù d’uso
pubblico della strada. Tale domanda è da considerarsi nuova e, come tale,
inammissibilmente proposta nel giudizio d’appello. La Corte territoriale,
pertanto, non avrebbe potuto pronunciarsi in merito.
3. – Col terzo mezzo è dedotta la violazione dell’art. 2, comma 7, e dell’art.
3, voce 52 D.Lgs. n. 285/92, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., in quanto,
si afferma, il solo inserimento di un’area privata nella rete viaria pubblica non
fa sorge automaticamente il diritto di uso pubblico della strada, quando questa
collega tra loro due vie pubbliche comunali.
4. – Il quarto motivo denuncia, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.,
l’erronea e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.
Pendente il giudizio d’appello, è sopravvenuta la sentenza n. 350/05 del
Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Carinola, la quale,
definendo il giudizio possessorio che Arduino Cerrito, Giovanni Girone,
Giovanni Sciorio, Umberto Cimino e Lorenzo Zannini avevano proposto per
essere reintegrati nel possesso della servitù di passaggio, ha accertato — con
statuizione non impugnata e quindi passata in giudicato — che “in assenza di
qualsiasi provvedimento formale da parte dell’ente comunale, deve escludersi
che la strada in esame sia soggetta a servitù di uso pubblico (nella specie di
transito)”. Fra tale pronuncia e quella impugnata vi è, secondo parte
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(rectius, 4) dell’art. 360 c.p.c., giacché solo con l’appello incidentale gli

ricorrente, un insanabile contrasto, e dato il giudicato formatosi sulla prima
(ed eccepito nella memoria ex art. 190 c.p.c. in appello) la Corte territoriale
non poteva pronunciarsi sulla domanda di accertamento della servitù d’uso
pubblico.

assorbire ogni altra questione, è fondato.
Dall’esame diretto degli atti, cui questa Corte ha accesso dovendosi
giudicare di un error in procedendo, risulta che nella comparsa di risposta di
primo grado i convenuti non proposero né una domanda d’accertamento né
un’eccezione di servitù d’uso pubblico, limitandosi per un verso a contestare
la legittimazione attiva degli attori (per non essere, a dire dei convenuti,
proprietari della strada), e per l’altro a proporre una domanda di accertamento
dell’intervenuto acquisto per usucapione della servitù prediale.
Non è esatto. pertanto, quanto si legge nella sentenza impugnata, ossia che
i convenuti avrebbero domandato in primo grado anche l’accertamento del
loro diritto di passaggio uti cives.
Esclusa quest’ultima servitù, la Corte territoriale non avrebbe potuto
pronunciarsi su quella di uso pubblico, ontologicamente diversa dalla servitù
prediale per la differenza dei fatti idonei a costituirla (la servitù d’uso
pubblico, a differenza della servitù prediale propriamente detta, prescinde da
un rapporto di servizio fra due fondi, dominante e servente, per una privata
utilità, essendo destinata a soddisfare un’esigenza di carattere generale e
concretandosi in un uso collettivo, attuato da un populus,ossia da tutti i
cittadini in maniera più o meno ampia: cfr. Cass. n. 378/68). Di qui la

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5. – Il secondo motivo, da esaminare con priorità per la sua attitudine ad

denunciata nullità del procedimento d’appello e, di riflesso, della relativa
sentenza.
6. – L’accoglimento di detto motivo assorbe l’esame delle restanti censure
e impone la cassazione della sentenza impugnata senza rinvio, ai sensi

7. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dei
controricorrenti e degli intimati, in solido fra loro.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza
impugnata senza rinvio e condanna i controricorrenti e gli intimati, in solido
fra loro, alle spese, che liquida in € 2.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 16.6.2014.

dell’art. 382, 3 0 comma, seconda ipotesi, c.p.c.

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