Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20640 del 09/09/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 20640 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

ha pronunciato la seguente

spese di giustizia

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARNEVALE Sergio e GLIOZZO Daniela, rappresentati e difesi, in
forza di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Carmelo Gemelli, elettivamente domiciliati in Roma, via U. Bartolomei, n. 18, presso lo studio dell’Avv. Silvia Contestabile;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro tenore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di

questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

Data pubblicazione: 09/09/2013

- controri corrente e contro
PUBBLICO MINISTERO PRESSO IL TRIBUNALE DI MESSINA;
– intimato –

GIAMMARVA Giovanni; MARINO Francesco; NASTA Francesca; ALFANO
Lucrezia; ALFANO Vincenzo; ALFANO Vincenzo; ALFANO Stefano;
– intimati per la cassazione dell’ordinanza del Tribunale di Messina in
data 9 novembre 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 maggio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
uditi l’Avv. Silvia Contestabile, per delega dell’Avv.
Carmelo Gemelli, e l’Avvocato dello Stato Maurizio Greco;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Lucio Capasso, che ha concluso per
l’inammissibilità o, comunque, per il rigetto del ricorso.
Ritenuto che Sergio Carnevale e Daniela Gliozzo, con atto
depositato nella cancelleria del giudice a quo, hanno proposto
ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 9 novembre
2009 con cui il Tribunale penale di Messina, giudicando in sede di rinvio, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta ai sensi dell’art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
(Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in

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e nei confronti di

materia di spese di giustizia), ha liquidato in euro 47.966,16
ciascuno gli onorari per l’attività peritale da costoro espletate nell’ambito di un procedimento di prevenzione;
che, con ordinanza interlocutoria 8 giugno 2011, n. 12515,

tative della parte che ha confezionato il ricorso per cessazione confidando sulle regole processuali suggerite da un costante orientamento giurisprudenziale, poi superato da un revirement

(Cass., Sez. Un., 3 settembre 2009, n. 19161) – ha

assegnato alla parte ricorrente il termine perentorio di giorni sessanta dalla comunicazione del provvedimento di rimessioni in termini per proporre e notificare ricorso per cassazione
secondo le forme del codice di procedura civile nonché il termine perentorio di giorni venti dalla notificazione per il deposito del ricorso nella cancelleria della Corte;
che, in esito alla disposta notifica, si è costituito, con
controricorso, il Ministero dell’economia e delle finanze,
mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva
in questa sede;
che in prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.
Considerato

che

il

controricorrente

Ministero

dell’economia e delle finanze ha eccepito, preliminarmente,
che il ricorso è stato notificato ad essa Amministrazione, del
tutto estranea alla questione, mentre non lo è stato alla di-

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questa Corte – ritenendo di dover dare protezione alle aspet-

versa parte legittimata passivamente, il Ministero della giustizia, sul cui apposito bilancio afferiscono le spese della
effettuata perizia, né all’Agenzia delle entrate;
che l’eccezione non può essere accolta;

stabilito (sentenza 29 maggio 2012, n. 8516) che nei procedimenti di liquidazione inerenti a giudizi civili e penali suscettibili di restare a carico dell’erario, quest’ultimo, identificato nel Ministero della giustizia, è parte necessaria,
e che l’applicazione del suddetto principio dovrebbe portare a
dichiarare la carenza di legittimazione passiva del Ministero
dell’economia e delle finanze, ed a cassare il provvedimento
impugnato, in quanto emesso in assenza di contraddittorio con
la parte necessaria, appunto il Ministero della giustizia;
che, tuttavia, la scansione procedimentale verificatasi
nella specie impedisce di applicare il suddetto principio;
che, invero, occorre premettere che avverso il decreto di
liquidazione degli onorari pronunciato in data 11 marzo 2003
dal Tribunale di Messina in sede penale in favore dell’arch.
Daniela Gliozzo e dei dott. Sergio Carnevale, Giovanni Giammarva e Francesco Marino è stata proposta opposizione
dall’arch. Gliozzo e dal dott. Carnevale e la relativa ordinanza del Tribunale penale di Messina, emessa in data 14 noveMbre 2005, è stata annullata con rinvio dalla IV Sezione pe-

che è bensì vero che questa Corte, a Sezioni Unite, ha

nale di questa Corte con sentenza n. 48258 del 29 dicembre
2008;
che proprio nella sede del giudizio di legittimità
l’Avvocatura dello Stato, costituitasi per il Ministero

corso, ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva, sul rilievo che questa spettava al Ministero della giustizia;
che la IV Sezione penale di questa Corte, con la citata
sentenza, ha respinto l’eccezione, affermando che il Ministero
dell’economia e delle finanze è “parte pubblica legittimata a
resistere alla domanda di liquidazione dei compensi de guibus
a mezzo dell’Avvocatura dello Stato sede di Roma, che rappresenta e difende ex lege il Ministero competente”;
che, pertanto, in questa sede, promossa una nuova impugnazione per cassazione avverso l’ordinanza pronunciata in sede
di rinvio a seguito dell’annullamento disposto dalla Sezione
penale di questa Corte, non è più possibile mettere in discussione né la legittimazione del Ministero evocato né
l’integrità del contraddittorio, trattandosi di questioni ormai precluse (Cass., Sez. III, 7 gennaio 1980, n. 96; Cass.,
Sez. Lav., 3 luglio 1981, n. 4323; Cass., Sez. Il, 21 aprile
1994, n. 3795; Cass., Sez. Il, 11 febbraio 2000, n. 1536;
Cass., Sez. Lav., 18 gennaio 2011, n. 1075);

dell’economia e delle finanze cui era stato notificato il ri-

che, passando allo scrutinio del merito del ricorso, con
il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 384, 392 e 394 cod. proc. civ., in relazione alla
mancata applicazione dell’art. 6 della legge n. 319 del 1980 e

degli onorari già liquidati dal Tribunale di Messina con il
decreto dell’il marzo 2003, sostenendosi che il giudice del
rinvio avrebbe finito con il mantenere in vita una ripartizione diversificata degli onorari all’interno di un incarico collegiale, laddove il solo compito ad esso demandato “era quello
di applicare il principio della collegialità dell’incarico e
quindi di operare l’aumento previsto dall’art. 6 della legge
n. 319 del 1980 sulle somme già liquidate al collegio dei periti per tutta la loro attività svolta”, essendogli preclusa
“qualsiasi attività di rideterminazione dei compensi già liquidati”;
che con il secondo mezzo (violazione dell’art. 112 cod.
proc. civ.) ci si duole che il giudice del rinvio abbia attuato “un nuovo ed illegittimo calcolo dei compensi spettanti al
collegio peritale entrando nel merito dell’attività espletata
dagli stessi ricorrenti all’interno del collegio dei periti”,
applicando “l’aumento del 40% su un importo complessivamente
inferiore rispetto a quello già liquidato e riconosciuto come
valido dal Tribunale di Messina in sede di liquidazione”;

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dell’art. 53 del d.P.R. n. 115 del 2002 sull’importo globale

che il terzo motivo lamenta la violazione del divieto di

reformatío in peius;
che i tre motivi – i quali, stante la loro connessione,
possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati;

ne dei compensi dovuti ai consulenti per la perizia collegiale
estimativa disposta nell’ambito di un procedimento di prevenzione, il Tribunale penale di Messina, con il decreto 11 marzo
2003, rilevò che il mandato era stato espletato per parti specifiche da ciascun perito singolarmente, in ragione della specifica e separata competenza professionale di ciascuno (contabile, fiscale e bancaria), per cui liquidò al dott. Carnevale
la somma di euro 11.203,09, all’arch. Gliozzo la somma di euro
14.770,56, al dott. Giammarva l’importo di euro 135.752,75 e
al dott. Marino la somma di euro 154.565,22;
che l’impianto di questo provvedimento è stato sostanzialmente confermato dal Tribunale penale di Messina con
l’ordinanza in data 15 novembre 2005, con cui sono state riconosciute, in aggiunta, al dott. Carnevale la somma di euro
91,65 a titolo di spese documentate per fotocopie e all’arch.
Gliozzo, sempre a titolo di spese, la somma di euro 491,95;
che questa ordinanza è stata annullata dalla più volte citata sentenza n. 48258 del 2008 di questa Corte, la quale: (a)
ha rilevato che poiché nel caso di nomina di più periti, la
collegialità dell’incarico costituisce la regola, e va pertan-

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che occorre premettere che, nel procedere alla liquidazio-

to ravvisata a meno che nel testo del medesimo non siano contenute indicazioni espresse in senso contrario, a prescindere
dal fatto che essa risulti da una esplicita enunciazione nel
provvedimento con il quale viene conferito l’incarico, a mag-

(come nel caso qui in esame) non soltanto siano assenti,
nell’atto di conferimento, indicazioni di segno opposto, ma
addirittura la natura collegiale della disposta perizia venga
nell’atto medesimo affermata”; (b) ha sottolineato che è errato considerare che una perizia collegiale sarebbe configurabile unicamente nei casi in cui sia formulato a più periti un
unico quesito concernente un’unica specifica materia di competenza di tutti costoro, non essendolo, invece, nel caso di
“incarico collegiale complesso” (conferito, pertanto, ad esperti appartenenti a diversi ordini professionali e dotati
perciò di competenze settoriali diversificate); (c) ha riconosciuto che nella specie è applicabile l’aumento nella misura
del 40% di cui all’art. 6 della legge n. 319 del 1980 (ora
art. 53 del d.P.R. n. 115 del 2002) del compenso riconoscibile
nel caso di perizia collegiale;
che, tanto premesso, occorre rilevare che la censura articolata dai ricorrenti muove dall’assunto secondo cui il giudice del rinvio avrebbe dovuto applicare l’aumento del 40% per
ognuno dei componenti il collegio peritale escluso il primo
(pari quindi nel caso in esame al 120%) sul totale

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gior ragione “non è dato dubitare di tale collegialità quando

dell’importo globalmente già liquidato dal Tribunale con decreto del 11 marzo 2003, pari ad euro 316.219,63, e su detta
somma ottenuta (euro 695.841,56) effettuare una divisione per
quattro per calcolare l’importo spettante a ciascuno dei ri-

che tale assunto è erroneo;
che questa Corte, con la richiamata sentenza rescindente,
ha affermato che l’incarico peritale conferito dal Tribunale
ha natura unitaria, indipendentemente dalle diverse competenze
che erano state individuate come necessarie a espletarlo, e
che pertanto è illegittima la liquidazione separata dei compensi a ciascuno dei componenti del collegio; laddove, se si
procedesse alla somma degli onorari liquidati con il decreto
del’ll marzo 2003 (applicandosi poi sul risultato l’aumento
del 40% per ciascuno dei tre componenti ulteriori rispetto al
primo) e alla divisione per quattro del relativo risultato, si
continuerebbe a mantenere ferma, contro il dictum di questa
Corte di legittimità, la scissione dell’unica perizia collegiale in plurime perizie singole;
che, invece, poiché l’incarico in questione va considerato
come unitario ed attribuito collegialmente a quattro periti, i
quali, ciascuno secondo la rispettiva competenza, hanno concorso ad elaborare la consistenza e il valore del patrimonio
del proposto e dei suoi familiari, correttamente il Tribunale
di Messina, con l’ordinanza emessa in sede di rinvio, ha li-

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correnti;

guidato l’importo base (su cui poi calcolare la maggiorazione
del 40% per ciascuno degli altri tre componenti del collegio)
avendo riguardo al valore dei beni e delle altre utilità oggetto dell’accertamento determinato sulla base di elementi o-

ne, avuto riguardo all’onorario riferito all’aspetto contabile, considerato – con logico e motivato apprezzamento – quello
caratterizzante l’attività svolta dal collegio peritale;
che è da escludere che, così decidendo, si

sia avuta una

riduzione del compenso liquidato in favore degli odierni ricorrenti, essendo questa censura smentita per tabulas dal confronto tra il primo decreto di liquidazione, dove ad essi era
stato riconosciuto l’importo, rispettivamente, di euro
11.203,09 e di euro 14.770,56, e l’ordinanza qui impugnata,
che invece attribuisce a ciascuno la somma di euro 47.966,16,
che, evidentemente, è tale per effetto dell’applicazione non
solo della maggiorazione del 40%, ma anche di (più favorevoli)
criteri di liquidazione ancorati, già nell’individuazione
dell’importo base, alla natura collegiale dell’attività peritale svolta;
che il quarto motivo lamenta il vizio di motivazione in
cui sarebbe incorsa l’ordinanza impugnata per il mancato riconoscimento del totale degli onorari di cui al punto “G” del
decreto di liquidazione dell’il marzo 2003 in materia contabile;

biettivi risultanti dagli atti del processo, ed ha, a tal fi-

che la censura è fondata;
che il Tribunale, infatti, dopo avere, correttamente, rilevato che l’onorario da prendere in considerazione non può
che essere quello che, nel decreto di liquidazione dell’il

messo poi di spiegare, perché, mentre ha riconosciuto per intero la liquidazione relativamente al punto “A!’ del suddetto
decreto, ha ripreso solo in parte la liquidazione di cui al
punto “G” del medesimo decreto, a fronte del totale complessivo già riconosciuto per questa voce, pari a lire 265.853.984;
che per effetto dell’accoglimento del quarto mezzo resta
assorbito l’esame del quinto motivo, con cui ci si duole della
mancata applicazione degli interessi e della rivalutazione monetaria sugli importi spettanti ai ricorrenti;
che il ricorso è accolto limitatamente al quarto motivo,
sotto il profilo del vizio di motivazione;
che, cassata l’ordinanza impugnata in relazione alla censura accolta, la causa va, pertanto, rinviata al Tribunale di
Messina, che la deciderà in persona di diverso magistrato;
che il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alla
regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso,
il quarto e dichiara assorbito il quinto;

accoglie

cassa l’ordinanza

marzo 2003, è riferito all’aspetto puramente contabile, ha o-

impugnata limitatamente alla censura accolta e rinvia la cau-

sa, anche per le spese, al Tribunale di Messina, in persona di
diverso magistrato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II

2013.

Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 21 maggio

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