Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2064 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 14/12/2009, dep. 29/01/2010), n.2064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28826/2005 proposto da:

G.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo studio dell’avvocato

CAPUTO ALFREDO, rappresentato e difeso dall’avvocato PIRILLO LUIGI

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

CMM DI ANNA MARIA MAURO SNC;

– intimata –

avverso la sentenza n. 535/2004 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

1^ Sezione Civile, emessa il 21/09/2004, depositata il 13/10/2004

R.G.N. 475/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2009 dal Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 21 settembre-13 ottobre 2004 n. 535 la Corte di appello di Catanzaro ha respinto l’appello proposto da G.G. contro la sentenza del Tribunale di Rossano Calabro che – a seguito di intimazione di sfratto per morosità – ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di rilascio e condannato la conduttrice a pagare Euro 6.507,35 per le mensilità di occupazione intercorse fino al rilascio.

L’appello era stato proposto dal G. per ottenere il pagamento dei canoni di locazione relativi ai mesi di febbraio e marzo 2000, e per il fatto che le mensilità decorse fini all’effettivo rilascio dell’immobile erano 25 e non 21, come ritenuto dal Tribunale.

CMM ha resistito, assumendo di avere pagato le mensilità di febbraio e marzo tramite vaglia postali, che il locatore non aveva ritirato, sebbene si trattasse delle stesse modalità di pagamento utilizzate nel corso della locazione.

Avverso la sentenza di appello, notificata il 6 settembre 2005, il G. propone quattro motivi di ricorso per cassazione, con atto notificato in data 11.11.2005.

L’intimata non ha depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza e del procedimento, sia di primo grado che di appello, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 3, e art. 112 c.p.c., poichè entrambe le sentenze hanno omesso di riportare l’intera trascrizione delle conclusioni, di merito e istruttorie, precisate dalle parti.

La sentenza di primo grado ha del tutto omesso la trascrizione. La sentenza di appello ha omesso di trascrivere le conclusioni istruttorie ed ha motivato il rigetto dell’eccezione di nullità della sentenza di primo grado in base al rilievo che le conclusioni si potevano dedurre dal contesto della sentenza, che conteneva l’esposizione delle domande delle parti.

Assume il ricorrente che l’omissione ha comportato la mancata pronuncia sulla domanda di risoluzione del contratto e molteplici difetti di motivazione.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 2697, 2699, 2700 e 1335 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente all’importanza dell’inadempimento, non avendo la Corte di appello valutato che la notifica dello sfratto è avvenuta il (OMISSIS), per morosità nel pagamento dei canoni di febbraio e marzo 2000; che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto sufficiente la prova dell’avvenuto pagamento tramite vaglia postali, trascurando che dei vaglia è stata prodotta la sola ricevuta, con l’attestazione dell’ufficio postale che i vaglia non erano stati ritirati; in realtà egli non li aveva ricevuti, in quanto indicavano come indirizzo del destinatario viale (OMISSIS), anzichè viale (OMISSIS), ove si trova la sua residenza.

Oltre alla mancata prova dell’effettiva ricezione del pagamento, la Corte di appello ha omesso di prendere in esame il ritardo nel pagamento dei canoni, essendo stati i vaglia spediti il 4 e 11 aprile e l’11 maggio 2000, per le mensilità di febbraio e marzo.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 112, 113, 115, 116 e 658 c.p.c.; L. n. 392 del 1978, artt. 5 e 55, artt. 1453, 1455, 1456, 1458 e 1578 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha confermato la motivazione del Tribunale secondo cui gli inadempimenti della conduttrice sarebbero stati di scarsa importanza, richiamando allo scopo diversi e contraddittori dati di fatto, quanto alla natura degli inadempimenti (se si sìa trattato del mancato pagamento del canone relativo ad un mese, o del mero ritardo nell’adempimento; per quale mese il canone non sia stato pagato), senza peraltro indicare quale fosse il termine di pagamento accettabile.

La Corte di appello non avrebbe tenuto conto del reiterarsi dei ritardi, nè delle lettere di sollecito in atti, con cui esso locatore aveva richiamato la conduttrice all’obbligo di rispettare le scadenze contrattuali; nè delle clausole contrattuali circa tempi e modalità dei pagamenti, che contemplavano anche una clausola risolutiva espressa per il caso di ritardo.

Immotivata ed ingiusta sarebbe altresì la mancata ammissione delle prove testimoniali dedotte in proposito, così come la mancata applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 5, che la giurisprudenza della Corte di cassazione ritiene applicabile anche alle locazioni non abitative.

4.- Con il quarto motivo, deducendo violazioni di legge e vizi di motivazione, il ricorrente ripete alcune delle censure di cui sopra e lamenta che la sentenza impugnata abbia ritenuto non dovuti i canoni relativi ai mesi di gennaio e febbraio 2002, sull’assunto che l’immobile era stato rilasciato il 31.12.2001.

Vi sarebbe stata violazione degli artt. 1216 e seg. c.c., quanto alla ritenuta riconsegna dell’immobile al (OMISSIS), in quanto la riconsegna sarebbe dovuta avvenire tramite atto dell’ufficiale giudiziario, anzichè limitandosi ad avvertire il locatore con un telegramma.

L’art. 1220 c.c. non sarebbe applicabile, avendo il locatore rifiutato la restituzione dell’immobile tramite tale forma;

l’attività commerciale all’interno dei locali si sarebbe protratta anche oltre la data indicata nel telegramma ed egli aveva contestato alla conduttrice per iscritto di non avere ricevuto in restituzione tutte le chiavi.

5.- I quattro motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi, sono manifestamente infondati, quando non inammissibili.

5.1.- La mancata trascrizione delle conclusioni delle parti non costituisce di per sè motivo di nullità della sentenza, se non quando l’omissione abbia in concreto influito sull’attività del giudice, nel senso di avere determinato o una mancata pronuncia sulle domande ed eccezioni delle parti, oppure un difetto di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, adeguatamente prospettati (Cass. civ. Sez. 3^, 5 luglio 2004 n. 12289 e 23 febbraio 2007 n. 4207; Cass. civ. 12 settembre 2000 n. 12036).

Nella specie, non sussiste omessa pronuncia dei giudici di merito su alcuna delle domande proposte dalle parti, quanto piuttosto decisioni e motivazioni non condivise dal ricorrente.

Le censure di cui al primo motivo sì risolvono, quindi, in quelle contenute negli ulteriori motivi di ricorso.

5.2.- Quanto alla domanda di risoluzione, la Corte di appello ha ritenuto che gli inadempimenti denunciati non fossero sufficientemente gravi da giustificarne l’accoglimento, trattandosi nella sostanza del mero ritardo nel pagamento dei canoni di febbraio e marzo 2000. Ha rilevato altresì che l’immobile era stato rilasciato e che pertanto doveva ritenersi cessata la materia del contendere in proposito.

La motivazione, pur se sintetica, appare sufficiente ed adeguata, ove si consideri che in materia di locazione – contratto ad esecuzione continuata – gli effetti della risoluzione non si estendono alle prestazioni già eseguite (art. 1458 c.c., comma 1) e che pertanto – avvenuto il rilascio dei locali – l’accertamento degli inadempimenti e del diritto alla risoluzione ha rilievo solo in quanto si unisca a specifica domanda di risarcimento dei danni subiti a causa degli asseriti inadempimenti, con annessa deduzione di natura ed entità dei danni medesimi.

Il ricorrente non risulta avere proposto, nelle competenti sedi di merito, alcuna domanda del genere, donde l’ininfluenza delle sue censure, correttamente disattese dal giudice di appello.

Quanto alle numerose altre questioni (importanza dell’inadempimento, ritardi, modalità di pagamento dei canoni di gennaio e febbraio e loro adeguatezza, data e modalità del rilascio dei locali, ecc), sotto l’apparenza della violazione di legge e dei molteplici difetti di motivazione, il ricorrente sottopone in realtà a questa Corte il riesame del merito dell’intera vertenza, cioè questioni inammissibili in sede di legittimità, ove risultino adeguatamente e logicamente motivate.

La sentenza impugnata ha correttamente e con pregevole sintesi – data la natura della controversia – motivato la sua soluzione delle molteplici questioni, quanto alla scarsa importanza dei ritardi nel pagamento delle due mensilità di canone per le quali era stato intimato lo sfratto (non appaiono dedotti in giudizio inadempimenti relativi al periodo anteriore), quanto alla valutazione delle prove attinenti a tempi, modalità e ricezione dei pagamenti; quanto a tempi e modalità del rilascio dei locali, con decisione non suscettibile di riesame in questa sede.

Correttamente sono stati ritenuti irrilevanti i capitoli di prova dedotti dal ricorrente, che risultano inammissibilmente generici nella loro formulazione.

Quanto poi ai denunciati errori nell’accertamento di alcuni fatti rilevanti ai fini della decisione (mancato pagamento del canone relativo al mese di febbraio o marzo 2000; mancato rilascio dei locali per la data del (OMISSIS) e simili), si tratterebbe di errori che – pur se esistenti – potrebbero giustificare tutt’al più la revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, restando inammissibile il ricorso per cassazione.

6. – Il ricorso deve essere rigettato.

7.- Non essendosi costituita l’intimata non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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