Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20639 del 31/08/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. VI, 31/08/2017, (ud. 11/04/2017, dep.31/08/2017),  n. 20639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3360-2016 proposto da:

B.G. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOMMASO SALVINI 55, presso lo

studio dell’avvocato CARLO D’ERRICO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GAVINO SPIGA;

– ricorrente –

contro

TELEVISTA SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1724/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 06/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 11/04/2017 dal Consigliere Dott. ULIANA ARMANO.

Fatto

FATTI DEL PROCESSO

B.G. s.r.l propone ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia depositata 6-7-2015 che, a modifica della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda da lui proposta per ottenere la risoluzione per inadempimento di un contratto di installazione di un sistema di videosorveglianza commissionato alla Televista s.r.l ed ha accolto la domanda riconvenzionale di quest’ultima, relativa al pagamento delle fatture emesse.

Non presenta difese la Televista s.r.l.

Il ricorso è stato trattato nella camera di consiglio non partecipata della sesta sezione a seguito di proposta di inammissibilità del relatore.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio invita a redigere una motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte di appello ha ritenuto che la conferma d’ordine del 18/9/2003 sottoscritta da entrambe le parti, fosse l’unico documento cui ascrivere il perfezionamento del contratto; che in tale documento non vi erano dettagli sul materiale fornito, le modalità di installazione e tutto quanto necessario per specificare esattamente il contenuto del contratto ed, in particolare che non fosse previsto l’obbligo di fornire un impianto capace di registrare immagini per 27 giorni; non risultava che la mancanza di tale condizione fosse stata considerata tale da giustificare la risoluzione del contratto; che le centrali VX8082 non funzionavano ed erano state consegnate a TELEVISTA per le riparazioni.

Inoltre la Corte ha affermato che l’attuale ricorrente aveva insistito per provare in appello tutta una serie di vizi dell’impianto che, essendo stati tardivamente introdotti con la memoria ex art. 183, erano inammissibili, costituendo mutamento della domanda.

2. Con i cinque motivi di ricorso si denunzia violazione di norme di diritto non specificate e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio indicato per ciascun motivo nel modo seguente: motivo 1) nella capacità di registrazione del sistema; motivo 2) nella c.t.u; motivo 3) nella rilevanza della capacità di registrazione del sistema; motivo 4) nella questione delle quattro centrali VX8082; motivo 5) nei vizi della fornitura emessi a seguito dell’accertamento tecnico preventivo.

3. I motivi sono inammissibili in quanto non congruenti con la decisione, mentre la denunzia di vizio di motivazione non corrisponde al modello legale di vizio di motivazione censurabile oggi in sede di legittimità.

Il ricorrente non censura adeguatamente l’affermazione della Corte in ordine alla mancanza di prova che nell’accordo contrattuale fosse prevista, come caratteristica dell’impianto di videosorveglianza, la capacità di durata della registrazione del sistema installato per 27 giorni lamentando sul punto una motivazione insufficientè e contraddittoria, un’errata valutazione della c.t.u., contestando la mancata ammissione della prova per testi, senza rispettare il modello legale del nuovo vizio di motivazione senza indicare il fatto effettivamente decisivo oggetto di discussione tra le parti, in realtà scomponendo in cinque proposizioni gli accertamenti di merito compiuti dal giudice della impugnazione che hanno portato all’affermazione dell’inesistenza dell’inadempimento di Televista.

4. Si ricorda che la sentenza impugnata è stata depositata il 6/7/2015 e di conseguenza alla stessa si applica la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014.

5. Nella specie la sentenza impugnata contiene adeguata motivazione,non apparente,non viziata da affermazioni contrastanti ed inconciliabili, nè tantomeno incomprensibile o perplessa.

5. In ordine al quinto motivo,relativo ai vizi dell’impianto che il giudice di merito ha considerato nuovi ed introdotti tardivamente nel processo,si osserva che secondo giurisprudenza costante di questa Corte si ha “mutatio libelli” quando la parte immuti l’oggetto della pretesa ovvero quando introduca nel processo, attraverso la modificazione dei fatti giuridici posti a fondamento dell’azione, un tema di indagine e di decisione completamente nuovo, fondato su presupposti totalmente diversi da quelli prospettati nell’atto introduttivo e tale da disorientare la difesa della controparte e da alterare il regolare svolgimento del contraddittorio.

Cass. Sentenza n. 1585 del 28/01/2015.

Ed ancora, la questione relativa alla novità, o meno, di una domanda giudiziale è correlata all’individuazione del bene della vita in relazione al quale la tutela è richiesta, per cui non può esservi mutamento della domanda ove si sia in presenza di un ipotetico concorso di norme, anche solo convenzionali, a presidio dell’unico diritto azionato, presupponendo il cambiamento della domanda la mutazione del corrispondente diritto, non già della sua qualificazione giuridica. Ne consegue che se l’attore invoca, a fondamento della propria pretesa, un presidio normativo ulteriore rispetto a quello originariamente richiamato, fermi i fatti che ne costituiscono il fondamento, ciò non determina alcuna “mutatio libelli”, restando invariato il diritto soggettivo del quale è richiesta la tutela Sez. 1, Sentenza n. 9333 del 09/05/2016.

6. Nella specie il ricorrente ha introdotto a fondamento della domanda di risoluzione per inadempimento, alcuni fatti che la Corte di appello ha ritenuto tardivamente introdotti nel processo e quindi nuovi.

Il ricorrente, per contrastare tale affermazione, non ha indicato in quale atto tempestivo del processo di primo grado tali fatti sono stati introdotti, limitandosi ad affermare che tali inadempimenti non integravano una mutatio libelli.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato. Nulla spese stante l’assenza dell’intimata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA