Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20637 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. I, 29/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 29/09/2020), n.20637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 232/2019 proposto da:

P.O.N., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria

della I sezione civile della Suprema Corte di Cassazione e

rappresentato e difeso dall’avvocato Bassan Maria;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il

06/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Venezia, con decreto depositato in data 6.11.2018, ha rigettato la domanda di P.O.N., cittadino della (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo il suo racconto stato ritenuto credibile (il ricorrente, di religione cristiana, aveva riferito che, intorno all’anno 2011, si era trasferito dal suo luogo d’origine nel Delta State a (OMISSIS), città del nord della (OMISSIS), a causa dell’aggressione subita dagli zii paterni per questioni legate alla proprietà di terreni, e di essere poi fuggito dalla (OMISSIS) per il timore di essere ucciso dai nomadi di origine “foulà”, atteso che questi ultimi, con più incursioni a (OMISSIS), avevano assassinato molti cittadini di religione cristiana).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione P.O.N. affidandolo a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 5.

Si duole il ricorrente che il Tribunale abbia omesso ogni motivazione in ordine alla sua fuga dalla (OMISSIS), che è stata determinata dal timore per la propria incolumità, legato a motivi religiosi. E’ stata, infatti, analizzata solo quella parte della sua vicenda riguardante la persecuzione subita dallo stesso ad opera degli zii paterni.

Contesta comunque il giudizio di non credibilità formulato dal giudice di merito in ordine alla vicenda riguardante gli zii.

2. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, e art. 14, lett. c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis.

Si duole il ricorrente che il giudice di merito ha totalmente omesso di valutare la pericolosità e la violenza generalizzata che caratterizza la zona della (OMISSIS) da cui è fuggito, ovvero la città di (OMISSIS), nel nord della (OMISSIS).

3. Il primo ed il secondo motivo, da esaminare unitariamente, avendo entrambi, ad oggetto l’omesso esame della situazione riguardante la citta (OMISSIS), sita nella zona settentrionale della (OMISSIS), sono fondati.

Dalla lettura del decreto impugnato, e, in particolare, dalla sintesi del racconto del richiedente effettuata alle pagine 5 e 6, emerge che al giudice di merito era stato espressamente rappresentato che il motivo per cui è il ricorrente era fuggito dalla (OMISSIS) risiedeva nel timore di venire ucciso per motivi religiosi, essendo stati assassinati molti cittadini di religione cristiana nella città di (OMISSIS), ove il richiedente si era trasferito a seguito del conflitto con i propri zii.

Dunque, secondo la prospettazione del ricorrente, la vicenda riguardante l’aggressione da parte dei propri parenti non era all’origine della fuga dal paese di provenienza, ma solo del suo trasferimento a (OMISSIS), nel nord della (OMISSIS).

Ne consegue che, nonostante l’allegazione da parte del richiedente fosse riconducibile a vicende verificatesi nella zona settentrionale della (OMISSIS), il Tribunale di Venezia ha limitato il proprio accertamento ad una sola parte del suo racconto, non influente sul suo allontanamento dal paese d’origine, e verificatasi nel sud della (OMISSIS).

Il Tribunale di Venezia è quindi incorso nella violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, essendo stato omesso l’esame di un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti, ed è venuto, in ogni caso, meno al proprio dovere di cooperazione istruttoria imposto dalla normativa in tema di protezione internazionale. Non è stata, infatti, accertata, nonostante l’allegazione del ricorrente (effettuata nella nota conclusiva del 3.4.2018 del giudizio di primo grado, vedi pagg. 8 e 9 del ricorso), la situazione di rischio per l’incolumità fisica del richiedente legata sia al suo credo religioso sia alla violenza generalizzata derivante da conflitto armato, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato con rinvio al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, per nuovo esame e provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

5. Il terzo motivo, attinente alla richiesta di protezione umanitaria, è assorbito.

PQM

Accoglie il primo ed il secondo motivo, assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Venezia, in diversa composizione, per nuovo esame e provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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