Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20636 del 13/10/2016
Cassazione civile sez. III, 13/10/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 13/10/2016), n.20636
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 3714/2015 proposto da:
C.R., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI CONDOTTI 9,
presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PICOZZI, che la
rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
F.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE
MAZZINI 73, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO MARCHESI, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 4493/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 25/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/06/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;
udito l’Avvocato CARLO CELANI per delega;
udito l’Avvocato MARCELLO MARCHESI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 806/11 depositata nel settembre 2011, il Tribunale di Civitavecchia, Sez. Spec. Agraria dichiarò improponibile la domanda proposta da F.S. nei confronti di C.R., volta alla dichiarazione di risoluzione di due distinti contratti di affitto, stipulati ambedue in data (OMISSIS) e relativi, l’uno, ad un fondo rustico e ad un’azienda agricola siti in (OMISSIS) e, l’altro, a “terreni agricoli con titoli AGEA”: ritenne il Tribunale la “fondatezza della preliminare eccezione di improponibilità della domanda perchè non preceduta nè dalla formale contestazione di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 5, nè dal tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 46”.
Esperito, in data 19.12.2011, il tentativo di conciliazione, il F. agì nuovamente in giudizio per sentir dichiarare la risoluzione dei due contratti di affitto.
La C. resistette eccependo – anche in questo caso – l’improponibilità della domanda per non essere stata preceduta dalla formale contestazione di cui alla L. n. 203 del 1982, art. 5, che avrebbe dovuto precedere di almeno tre mesi l’esperimento del tentativo di conciliazione: rilevò – al riguardo – che a nulla poteva valere il nuovo deposito della medesima lettera di contestazione che era stata ritenuta inidonea nel precedente giudizio.
Con sentenza n. 810/2013, Il Tribunale di Civitavecchia, Sez. Spec. Agraria dichiarò improponibile la domanda relativa al contratto di affitto del terreno con titoli AGEA, mentre accolse la domanda di risoluzione – per inadempimento della C. – in relazione al contratto di affitto del fondo rustico e dell’azienda agricola ubicati in (OMISSIS).
La Corte di Appello di Roma, Sez. Spec. Agraria ha rigettato il gravame proposto dalla C., che ricorre ora per cassazione affidandosi a due motivi; resiste l’intimato a mezzo di controricorso e memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte di Appello ha escluso che sul punto della inidoneità della lettera di contestazione si fosse formato – per effetto della sentenza n. 806/2011 – un giudicato preclusivo del nuovo esame che il Tribunale aveva compiuto con la sentenza n. 810/2013: ha rilevato che, “trattandosi di sentenza pronunciata per la mancanza di presupposti di procedibilità della domanda nessun giudicato può dirsi intervenuto, a prescindersi da quanto dedotto circa la mancanza di alcuna attestazione relativamente alla definitività di detta sentenza”.
Ha aggiunto che non sussisteva contrasto fra la pronuncia invocata come giudicato e quella appellata, che aveva ritenuto la contestazione idonea soltanto in relazione al contratto di affitto del fondo rustico e dell’azienda e non anche per il secondo contratto (in quanto non menzionato nella lettera), e ha precisato che quest’ultima circostanza “può ben essere stata analogamente ritenuta dal Tribunale nella precedente sentenza che in sintesi ha poi pronunciato sulla mancanza sia del presupposto di cui all’art. 5, che del presupposto dell’art. 46 legge citata”.
2. Col primo motivo (“violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.”), la ricorrente assume che la sentenza del 2011 aveva esaminato una “questione preliminare di merito”, compiendo un “accertamento negativo in ordine alla conformità alla legge della contestazione L. n. 203 del 1982, ex art. 5”, con statuizione che aveva pertanto efficacia di giudicato tra le parti (diversamente dal caso di improcedibilità dichiarata per motivi di rito), cosicchè la Corte di Appello non avrebbe potuto riesaminare il merito della questione, compiendo una distinzione fra i due contratti di affitto (non contenuta nella sentenza del 2011).
Col secondo motivo (“violazione e falsa applicazione della L. n. 203 del 1982, artt. 5 e 46”), la ricorrente censura la sentenza per non avere considerato che, a fronte del giudicato formatosi sulla prima pronuncia, il F. avrebbe dovuto procedere nuovamente – e per entrambi i contratti – ai distinti e successivi adempimenti previsti dalla L. n. 203 del 1982, art. 5 e 46.
3. Il ricorso va rigettato.
3.1. La questione del giudicato non può essere esaminata in difetto della certificazione di non avvenuta impugnazione della sentenza del 2011 (cfr. Cass. 19883/2013: “la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendo la sentenza stessa, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere nè che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, nè che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza”).
3.2. Peraltro, quand’anche fosse astrattamente configurabile un giudicato sulla statuizione di improponibilità della domanda, deve rilevarsi che la Corte ha interpretato la portata della pronuncia del 2011, ritenendo che – in difetto di specifica indicazione – l’affermazione del primo giudice sulla sussistenza di entrambe le cause di improcedibilità fosse stata “sintetica” per ambedue i contratti e che l’inidoneità della contestazione poteva ben intendersi riferita – in quel caso così come con la successiva sentenza del 2013 – al solo contratto di affitto dei terreni con titoli ACEA.
Una siffatta interpretazione – senz’altro plausibile e non specificamente censurata – esclude che la sentenza del 2011 abbia affermato l’inidoneità della contestazione in relazione al contratto di affitto del fondo e dell’azienda e comporta dunque – in ogni caso – l’infondatezza dell’eccezione di giudicato.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza.
5. Trattandosi di controversia (agraria) sottratta al pagamento del contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. n. 6227/2016).
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere al controricorrente le spese di lite, liquidate in Euro 7.800,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso delle spese forfettarie e accessori di legge.
Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2016