Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20635 del 29/09/2020
Cassazione civile sez. I, 29/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 29/09/2020), n.20635
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33936/2018 proposto da:
C.E., elettivamente domiciliato presso la Cancelleria della I
sezione civile della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso
dall’avv. BASSA Maria;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il
05/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/07/2020 dal Cons. FIDANZIA ANDREA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Venezia, con decreto depositato in data 5.10.2018, ha rigettato la domanda di E.C., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.
E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, escludendosi il rischio di persecuzione richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e) (il ricorrente aveva riferito di essersi allontanato dal (OMISSIS) in coincidenza con l’arresto del suo maestro, l’Iman B.F., e di temere di essere ucciso dai sostenitori del partito dell’ex Presidente J. in caso di rimpatrio).
Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, il giudice di merito ha evidenziato l’insussistenza del pericolo per il ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel suo paese di provenienza.
Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.
Ha proposto ricorso per cassazione E.C. affidandolo a due motivi. Il Ministero dell’Interno non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo è stata censurata la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h bis.
Espone il ricorrente che il giudice di merito non ha valutato che, dopo la deposizione del dittatore J., nonostante vi siano stati segnali positivi per l’avvio di una stagione di riforme, il (OMISSIS) non può comunque ritenersi ancora un paese sicuro e che quindi permane il rischio per la sua incolumità e comunque di lesione e messa in pericolo dei diritti inviolabili dell’uomo. In particolare, dal rapporto EASO del dicembre 2017 emergono le condizioni assai precarie delle carceri in (OMISSIS), avvalorando il suo timore di subire una detenzione inumana.
2. Il motivo è inammissibile in quanto non investe la ratio decidendi.
Il ricorrente non si è minimamente confrontato con le precise argomentazioni del giudice di merito che ha evidenziato che la dedotta situazione di pericolo non era più attuale, non avendo il richiedente più nulla da temere per la sua incolumità.
Infatti, in primo luogo, le opinioni politiche manifestate dal suo maestro di corano – anche ammettendo che potessero essere riferibili allo stesso richiedente – erano condivise dal partito politico attualmente al potere, e, in ogni caso, lo stesso maestro di corano era già rientrato in (OMISSIS) sin dal 2015 in seguito ad un’amnistia concessa agli oppositori politici dell’allora regime.
Il riferimento quindi alle condizioni delle carceri in (OMISSIS), quale elemento dallo stesso addotto come suscettibile di esporlo a pericolo in caso di rimpatrio, non era in concreto idoneo a coinvolgerlo.
3. Con il secondo motivo è stata dedotta la mancata valutazione di un documento decisivo.
Si duole il ricorrente che il giudice di merito, nel valutare la rilevanza delle violenze subite quando si trovava in Libia, non aveva tenuto conto della relazione psicologica a firma del Dott. G.E. (che era stata depositata come doc. n. 21 del procedimento di primo grado) da cui emergeva che aveva svolto una serie di incontri con lo psicologo al fine di superare il trauma subito in Libia, essendo stato prigioniero di un gruppo armato (Asma Boys) che gli avevano amputato una falange.
4. Il motivo è infondato.
Va preliminarmente osservato che il giudice di merito ha evidenziato che il ricorrente non ha allegato – e comunque non risulta – che stia seguendo alcun percorso di riabilitazione per i traumi subiti in Libia, nè dall’audizione dello stesso sono emersi elementi tali da far ritenere necessaria alcuna riabilitazione o cura.
Ciò premesso, la relazione psicologia a firma del Dott. G. – documento effettivamente non citato dal Tribunale di Venezia – non ha, tuttavia, una rilevanza decisiva ai fini della valutazione della condizione di vulnerabilità del richiedente, avendo lo psicologo ritenuto insussistenti in capo al ricorrente dinamiche psicopatologiche conseguenti alla sua esperienza in Libia.
Il rigetto del ricorso non comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi il Ministero costituito in giudizio.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020