Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20631 del 13/10/2016

Cassazione civile sez. III, 13/10/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 13/10/2016), n.20631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21614/2014 proposto da:

D.M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CATONE 15,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MAZZUCCHIELLO, rappresentato

e difeso dall’avvocato ANGELO PISANI giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA, (OMISSIS), in persona della Sig.ra

F.S. Responsabile pro tempore del Contenzioso Esattoriale Regionale

della Campania, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PONTEFICI

3, presso lo studio dell’avvocato FILIPPO MARIA CAPECE MINUTOLO DEL

SASSO, rappresentata e difesa dall’avvocato FULVIO CEGLIO giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

LEVORATO MARCEVAGGI SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3748/2014 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 10/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. D.M.S. ha proposto ricorso per cassazione contro Giuseppe la s.p.a. Equitalia Sud e la s.r.l. Levorato-Marcevaggi avverso la sentenza del 10 marzo 2014, con cui il Tribunale di Napoli ha rigettato l’opposizione da lui proposta nel giugno del 2010 avverso un pignoramento presso terzi eseguito ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 72-bis, da Equitalia Polis s.p.a. (poi Equitalia Sud) sul quinto della retribuzione corrisposto dalla detta s.r.l..

p.2. Al ricorso, che prospetta nove motivi, ha resistito con controricorso la s.p.a. Equitalia Sud, mentre non ha svolto attività difensiva la s.r.l. Levorato-Marcevaggi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con il primo motivo si denuncia “violazione-falsa applicazione dell’art. 617 c.p.c.”.

Con tale motivo ci si duole che il Tribunale avrebbe qualificato erroneamente l’opposizione come riconducibile all’art. 617 c.p.c., mentre essa era stata proposta anche come opposizione all’esecuzione “per assoluta inesistenza del titolo legittimante l’esecuzione forzata, ossia il molo e la cartella regolarmente notificata”.

p.1.1. Il motivo è inammissibile in quanto non indica la motivazione con cui il Tribunale avrebbe qualificato l’opposizione solo ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e non anche ai sensi dell’art. 615 c.p.c..

Esso, inoltre, omette di indicare se e dove sia stato prodotto e sia esaminabile l’atto introduttivo dell’opposizione, nonchè di riprodurre direttamente tale atto nelle parti che avrebbero individuato la duplice caratterizzazione dell’opposizione oppure di riprodurlo almeno indirettamente, in questo secondo caso individuando con opportuni riferimenti le parti dell’atto riferite indirettamente.

In tal modo il motivo incorre in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, giusta la giurisprudenza consolidata di questa Corte sulla sua esegesi, a partire da Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 e Cass. sez. un. n. 28547 del 2008. Inoltre, trattandosi nella specie di motivo fondato su atto processuale, si rileva che l’onere dell’indicazione specifica non risulta rispettato, sotto il primo degli aspetti indicati, nemmeno alla stregua di Cass. sez. un. n. 22726 del 2011, posto che non si è detto di voler fare riferimento alla presenza nel fascicolo di ufficio (il che, secondo la citata sentenza, avrebbe esentato il ricorrente dall’onere di cui dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), indicazione sempre funzionale all’osservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6, secondo le Sezioni Unite.

Sotto l’aspetto della modalità di indicazione indiretta, si rileva, per completezza, che, pur se si procede all’integrazione dell’illustrazione del motivo con l’esposizione del fatto, si deve constatare che a pagina 2 del ricorso, nell’esposizione del fatto, vengono – peraltro genericamente – indicati i motivi dell’opposizione e fra essi almeno uno, quello relativo alla prescrizione e/o decadenza astrattamente inerente profilo di opposizione all’esecuzione, ma anche in quella sede lo si fa senza che si fornisca alcuna indicazione della parte dell’atto in cui tale indicazione troverebbe corrispondenza (in disparte la perdurante carenza di indicazione del se e dove l’atto sia stato prodotto).

Si aggiunga ancora che la censura non espone nemmeno in che termini la presunta insufficiente qualificazione dell’opposizione avrebbe determinato nella motivazione della sentenza impugnata un pregiudizio per il ricorrente. Onde il motivo difetta dell’attività di critica della decisione impugnata, che sempre dev’essere decisiva, cioè evidenziatrice di un errore da essa compiuto in modo incidente sul suo tenore. Al riguardo, si rileva, del resto, che nell’ultimo motivo si deduce una questione di prescrizione, adducendo che è stata mal risolta dal Tribunale, il che dimostra che, pur nella logica della qualificazione solo ex art. 617 c.p.c., il ricorrente non ha ricevuto concreto pregiudizio da essa nella sua prospettiva di tutela in questa sede.

Il motivo è, dunque, dichiarato inammissibile.

p.2. Con un secondo motivo si fa valere “violazione-falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c., comma 1 e art. 617 c.p.c.” in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Il motivo inizia con il denunciare la stessa parziarietà della qualificazione dell’opposizione e, quindi, lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare una non meglio individuata eccezione di prescrizione che “era stata sollevata con riguardo al periodo successivo la eventuale notifica delle cartelle, per cui poteva essere sollevata solo al momento della effettiva conoscenza del pignoramento e della proposizione dell’opposizione”.

p.2.1. Il motivo è inammissibile per ragioni identiche a quelle enunciate per il motivo precedente, presentando le stesse deficienze ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

p.3. Con il terzo motivo si denuncia “violazione/errata applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57” in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Ci si duole che il Tribunale avrebbe considerato improponibile l’opposizione “sull’errato presupposto che talune cartelle presupposto del pignoramento fossero afferenti a tributi”, mentre invece “la maggior parte delle cartelle per cui è causa afferiscono a sanzioni amministrative per infrazioni al C.d.S., o contributi previdenziali, come è risultato dall’estratto di molo prodotto dal Concessionario”.

p.3.1. Il motivo non osserva nuovamente l’art. 366 c.p.c., n. 6, giacchè non fornisce l’indicazione specifica nei termini su indicati degli atti su cui si fonda.

Inoltre, la sua illustrazione si risolve in otto righe del tutto assertive e, quindi, del tutto generiche, sicchè il motivo impinge anche in inammissibilità perchè privo di specificità (alla stregua del principio di diritto affermato da Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi).

p.4. Con il quarto motivo è lamentata “violazione/errata applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60.

Vi si discute ancora del motivo principale di doglianza delle difese inerente all’inesistenza-nullità delle notificazioni delle cartelle, addebitando alla sentenza impugnata di non avere rilevato che alcune cartelle non erano mai state “regolarmente notificate ovvero mai portate a conoscenza del contribuente a mezzo rituale procedimento di notifica con il compimento di tutti gli adempimenti richiesti dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60”.

Anche tale motivo pretende di discutere la questione prospetta, come poi fa con considerazioni in iure, senza fornire l’indicazione degli atti su cui si fonda nei termini richiesti dall’art. 366, n. 6, ed in particolare senza nemmeno individuare dove, come e con riferimento a quali atti nel giudizio di merito era stata introdotta, sì da divenire oggetto del dovere decisorio del giudice di merito.

p.5. Con il quinto motivo si denuncia “violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma (sic) 3 e 5: nullità del pignoramento non preceduto dalla notifica delle cartelle esattoriali e/o avvisi di mora”.

Anche questo motivo, che concerne sempre la questione agitata nel precedente, è inammissibile per le ragioni a proposito di esso indicate, non senza che debba rilevarsi che evoca del tutto impropriamente anche il paradigma del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., alludendo a motivazione insufficiente e contraddittoria, in modo evidentemente non corrispondente al suo testo vigente ed applicabile al giudizio di cassazione in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata.

p.6. Il sesto motivo – deducente “violazione/errata applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, in combinato disposto con il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 5, comma 5, nonchè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma (sic) 3” – si fonda sugli “estratti di ruolo prodotti dall’Agente di Riscossione” adducendone la nullità insanabile o l’inidoneità a costituire valido supporto documentale della pretesa esecutiva, ma lo fa in manifesta violazione dell’art. 366, n. 6, in quanto non fornisce la loro indicazione specifica nei termini di cui si è già detto e si sostanzia in considerazioni in iure, le quali, a motivo di detta inosservanza risultano del tutto astratte.

p.7. Il settimo motivo deduce “violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, nonchè art. 2719 c.c. ed D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma (sic) 3”.

Vi si censura la motivazione della sentenza del Tribunale “in merito all’obbligo di conservazione da parte del Concessionario della documentazione afferente il pignoramento presso terzi oltre i cinque anni”, là dove si è rilevato che “il Concessionario non potrebbe essere obbligato alla esibizione delle cartelle perchè non obbligato a conservarle trascorsi 5 anni”. Il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato l’art. 26, perchè esso andrebbe inteso nel senso che i cinque anni sarebbero il periodo minimo di conservazione, ma non ne deriverebbe la conseguenza di una preclusione ad una richiesta di esibizione.

p.7.1. Il motivo è gradatamente inammissibile perchè evoca sempre documenti senza fornirne l’indicazione specifica e perchè il Tribunale, dopo avere detto lapidariamente che il concessionario non era tenuto a conservare la documentazione originale, ha soggiunto, con una motivazione che è preliminare che “la contestazione della documentazione relativa alle notifiche delle cartelle va eseguita in maniera specifica per ogni singolo documento oc art. 2719 c.c. e non in maniera generica come nella fattispecie (Cass. 16232/2004)”.

Tale motivazione non è stata sottoposta a critica ed essendo appunto preliminare rispetto a quella oggetto del motivo, rende irrilevante la motivazione con esso criticata e, dunque, esclude l’interesse ad impugnarla.

p.8. L’ottavo motivo deduce “violazione/falsa applicazione del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 28 e 20 – nonchè art. 2719 c.c. ed D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 comma (sic) 26, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma (sic) 3”.

Vi si sostiene che la decisione impugnata sarebbe viziata “da omessa pronuncia in relazione ad un punto decisivo della controversia, per non avere rilevato che l’Agente della riscossione depositando documentazione in fotocopia priva di autenticità e/o conformità – tempestivamente disconosciuta dal contribuente – ha palesemente violato” gli artt. 28 e 20 evocati nella intestazione.

p.8.1. Il motivo, in disparte che prospetta un’omessa pronuncia senza evocare l’art. 112 c.p.c. (il che sarebbe superabile ex Cass. sez. un. n. 17931 del 2013), è gradatamente inammissibile perchè evoca sempre documenti senza fornirne l’indicazione specifica e perchè non si correla alla motivazione enunciata dal Tribunale in punto di genericità della contestazione della documentazione relativa alle notifiche delle cartelle, di cui si è detto esaminando il motivo precedente. Sotto tale secondo profilo il motivo è inammissibile, perchè ignora l’effettiva motivazione della sentenza impugnata (si veda Cass. n. 359 del 2005, seguita da numerose conformi).

p.9. Il nono motivo – prospettante “violazione/falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, in combinato disposto con L. n. 689 del 1981, art. 28 e con la L. n. 3356 del 1995, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma (sic) 3” – sostiene che il Tribunale “in violazione del principio chiesto/pronunciato” avrebbe omesso “la valutazione, l’esame e la pronuncia in ordine all’eccepita prescrizione del diritto di credito incorporato nei titoli esattoriale impugnati, mai regolarmente notificati, e dunque inidonei ad essere utilizzati”.

p.9. Il motivo – che ancora una volta meriterebbe il rilievo di mancata deduzione della violazione dell’art. 112 c.p.c. – è inammissibile perchè si fonda su documenti e su prospettazioni difensive non indicate specificamente e perchè comunque dipende dalla questione della irregolarità della notificazione, che, per effetto della sorte dei motivi precedenti, è rimasta esclusa. Onde, una volta consolidatasi la sentenza sul punto che le notificazioni erano state regolari, la tesi prospettata dal ricorrente nel motivo perde il presupposto su cui si fonda.

p.10. L’inammissibilità di tutti i motivi rende il ricorso inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro cinquemilaottocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2016

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