Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2063 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 30/01/2020), n.2063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31790-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

TIBI 15 SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI GURNARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2876/7/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA SEZIONE DISTACCATA di REGGIO CALABRIA,

depositata il 25/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa LA

TORRE MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Calabria, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione di cartella di pagamento IRES-IVA-IRPEF-IRAP, anno 2004, per imposte dichiarate e non versate, emessa a seguito di controllo formale, senza la preventiva comunicazione di irregolarità, ha rigettato l’appello dell’ufficio per “la mancata allegazione della dichiarazione dei redditi al fine di stabilire se fosse obbligatoria o meno la comunicazione preventiva di irregolarità”.

La Tibi 15 SRL si costituisce con controricorso. Considerato che:

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia deduce la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR pronunciato sul rilievo della mancata allegazione della dichiarazione dei redditi da parte dell’Agenzia – al fine di stabilire se fosse necessaria o meno la comunicazione di irregolarità – senza che alcuna eccezione fosse stata avanzata al riguardo da parte del contribuente.

Le censure esposte nell’unico motivo sono infondate.

La CTR, premesso, in applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza, “che non è necessaria la comunicazione di irregolarità laddove dal controllo formale non emerga un risultato diverso da quello indicato nella dichiarazione, nè sussiste alcun dubbio e/o incertezza sul contenuto della dichiarazione medesima”, ha fondato la propria decisione sulla impossibilità di verificare se la cartella fosse scaturita o meno da un mero controllo formale sulla base della stessa dichiarazione, non avendola l’Agenzia depositata. E’ in questa prospettiva, e non già sulla base di un motivo nuovo, non proponibile D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 57, o di una mancata eccezione sul punto della contribuente, che la CTR ha ritenuto di rigettare l’appello dell’Ufficio, non potendo riscontrare la necessità o meno della comunicazione di irregolarità, mancando l’elemento dirimente, cioè la dichiarazione dei redditi del contribuente.

La CTR ha in altri termini rigettato l’appello dell’Ufficio – riformando la decisione di primo grado che aveva ritenuto dovuta sempre la detta comunicazione- per l’impossibilità di verificare se e cosa era stato sottoposto a controllo e quali aspetti della dichiarazione erano stati corretti perchè ritenuti erronei, al fine di verificare la necessità o meno della preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente. La motivazione risulta pertanto logicamente coerente, e conforme ai principi come enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass.n. 1711/2018; n. 17479 del 28/06/2019).

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000,00, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge, con distrazione in favore del procuratore costituito, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2019

Depositato in cancelleria il 30 gennaio 2020

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