Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2063 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 14/12/2009, dep. 29/01/2010), n.2063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22854/2005 proposto da:

BONINA SRL (già ditta Bonina Giuseppe), (OMISSIS), in persona

dell’amministratore unico, B.M., nella qualità di impresa

capogruppo delle Imprese riunite Bonina Giuseppe e Alesa Costruzioni

srl, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARCELLO PRESTINARI 15,

presso lo studio dell’avvocato SGROI CORRADO, rappresentata e difesa

dall’avvocato OCCHIUTO CARMELO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.C., P.M., P.D., PROV REG

MESSINA;

– intimati –

e contro

SAI SPA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

CONCILIAZIONE 44, presso lo studio dell’avvocato PERILLI MARIA

ANTONIETTA, che lo rappresenta e difende con procura speciale del

dott. Notaio Ettore MORONE in Torino, del 16/11/2009 rep. n. 112.15

9;

– resistente-

sul ricorso 29178/2005 proposto da:

M.C., (OMISSIS), P.M.,

(OMISSIS), P.D., (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OFANTO 18, presso lo studio

dell’avvocato LIUZZI GUIDO, rappresentati e difesi dall’avvocato

RICCIARDO TONINO MAURO giusta delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrenti –

e contro

BONINA SRL, SAI SPA, PROV REG MESSINA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 296/2004 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

emessa il 16/03/2004, depositata il 03/08/2004; R.G.N. 765/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2009 dal Consigliere Dott. D’AMICO Paolo;

udito l’Avvocato Maria Antonietta PERILLI;

udito l’Avvocato Guido LIUZZI per delega avv. Tonino Mauro RICCIARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.C., P.M. e P.D. convenivano in giudizio la Provincia Regionale di Messina chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti dal fondo di loro proprietà a causa dello scivolamento a valle del materiale di risulta abbandonato in seguito all’esecuzione dei lavori di sistemazione di una strada provinciale.

L’ente convenuto deduceva che i lavori erano stati appaltati ad una impresa che aveva depositato i suddetti materiali in un terreno di proprietà del Comune di Tusa e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la ditta appaltatrice.

Autorizzata ed eseguita la chiamata in causa della ditta Bonina Giuseppe, questa eccepiva la mancanza di legittimazione passiva;

deduceva che l’evento si era verificato per caso fortuito e chiedeva di essere garantita dalla società SAI Assicurazioni s.p.a..

Autorizzata ed eseguita anche questa chiamata in causarla compagnia assicuratrice eccepiva che l’assicurato B. non aveva pagato regolarmente il premio.

Il Tribunale condannava la ditta Bonina a corrispondere agli attori la somma di lire un milione a titolo di franchigia e la S.a.I. s.p.a.

a pagare agli stessi attori la rimanente somma di L. 7.500.000 a titolo di danno emergente e lucro cessante, nonchè quella di lire 10 milioni per il ripristino e la sistemazione del terreno.

Con atto del 13 settembre 2001 la S.A.I. s.p.a. proponeva appello deducendo otto motivi di gravame.

Si costituivano M.C., P.M. e P. D. chiedendo il rigetto dell’impugnazione e proponendo appello incidentale.

Si costituiva anche la Bonina s.r.l. (già ditta Bonina Giuseppe) chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo impugnazione incidentale.

Si costituiva infine la Provincia regionale di Messina che chiedeva la conferma della sentenza di primo grado.

La Corte d’Appello di Messina rigettava la domanda proposta nei confronti della S.A.I.; condannava i M. e P. a restituire alla stessa S.A.I. s.p.a. le somme al cui pagamento quest’ultima era stata condannata dalla sentenza primo grado;

condannava la Giuseppe Bonina, oggi Bonina s.r.l. a pagare ai M. e P. l’ulteriore somma di L. 7.500.000 (Euro 3.873,43), oltre accessori ed a rimborsare agli stessi le spese dell’intero giudizio; condannava la Giuseppe Bonina a rimborsare alla S.A.I. s.p.a. le spese del medesimo giudizio.

Proponeva ricorso per cassazione la Bonina srl.

Resistevano M.C., P.M. e P. D. che svolgeva ricorso incidentale. Non svolgevano attività difensiva la Sai e la Provincia regionale di Messina.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi devono essere previamente riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il motivo del ricorso principale la Bonina srl denuncia “Erronea, insufficiente e omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia”.

Secondo parte ricorrente la Corte d’Appello di Messina, nell’emettere la sentenza impugnata, ha erroneamente ritenuto che i fatti oggetto di causa avvennero nel (OMISSIS), mentre gli stessi si sono verificati nella (OMISSIS). Muovendo da tale erroneo presupposto, prosegue il ricorso, la Corte ha perciò dichiarato non operativa in tale periodo la polizza di Assicurazione S.A.I. n. (OMISSIS) che copriva la responsabilità civile della ditta Bonina.

In questi termini, l’errore in cui è caduta la Corte è consistito nel supporre l’esistenza dei fatti oggetto di causa a una data (gennaio 1991) in cui non si erano ancora verificati (si verificheranno infatti nella (OMISSIS)).

Si tratta perciò di un errore meramente percettivo che non ha in alcun modo coinvolto l’attività del giudice, valutativa di situazioni processuali esattamente percepite nella loro oggettività (Cass., 15.1.2009, n. 844; Cass, 8 agosto 2002, n. 11937). Parte ricorrente ha dunque configurato un errore revocatorio il cui rimedio non è però dato dal ricorso per cassazione bensì dallo specifico strumento previsto dall’art. 395 c.p.c..

Per tale ragione il ricorso deve essere allora rigettato.

Si deve peraltro rilevare che l’assicurato non ha provato di aver adempiuto alla prevista obbligazione accessoria (comunicazione dei cd. “elementi variabili”), nel termine stabilito ed ha anzi regolarizzato il premio soltanto il 6 luglio 1993, dopo il fatto per il quale egli deduce la garanzia.

Con il ricorso incidentale M.C., P.M. e P.D. denunciano “VIOLAZIONE DELL’ART. 194 C.P.C.:

FALSA APPLICAZIONE DELLA NORMA IN RELZIONE ALL’ART. 360 C.P.C., NN. 3 E 5; VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 115 E 116 C.P.C. IN RELAZIONE ALL’ART. 360 C.P.C., NN. 3 E 5; MOTIVAZIONE INIDONEA E COMUNQUE INSUFFICIENTE E CONTRADDITTORIA CIRCA UN PUNTO DECISIVO DELLA CONTROVERSIA”.

Sostiene parte ricorrente incidentale che la Corte d’Appello erra laddove afferma che l’ulteriore somma di L. 10.000.000, liquidata dal Tribunale di Mistretta, sia da destinare al miglioramento del terreno mentre, secondo il Tribunale, tale importo è dovuto per il ripristino e la sistemazione del terreno, ossia per l’esecuzione di opere destinate a ristabilirne la normale produttività e non a migliorarlo. Di conseguenza, secondo la suddetta parte, la pronuncia del Giudice di primo grado in merito alla valutazione del danno non poteva essere oggetto di riforma da parte della Corte d’appello.

Secondo la stessa parte ancora, la corte è incorsa nella violazione dell’art. 115 c.p.c. laddove ha censurato la scelta del Tribunale di non essersi esclusivamente avvalso, per la liquidazione del danno, della consulenza tecnica d’ufficio. Sempre ad avviso dei ricorrenti incidentali la Corte ha altresì violato l’art. 116 c.p.c..

Il motivo è infondato.

Secondo la valutazione della Corte d’Appello, infatti, le opere indicate dal consulente di parte attrice e liquidate dal primo giudice in L. 10.000.000, non avrebbero semplicemente riportato il terreno nella situazione precedente allo smottamento, ma lo avrebbero migliorato così dando luogo ad un arricchimento del danneggiato.

Tant’è che i due precedenti consulenti non avevano liquidato, oltre le somme da essi previste, quella ulteriore di L. 10.000.000.

Del resto, aggiunge ancora l’impugnata sentenza, le eventuali opere di bonifica e sistemazione del terreno danneggiato rischiavano di alterare la stabilità raggiunta.

La decisione della Corte d’Appello è senz’altro corretta, specie in relazione alla scelta di non considerare necessario risarcire le opere indicate dalla consulenza tecnica di parte attrice e liquidate dal Giudice di primo grado in L. 10 milioni. La consulenza tecnica di parte, infatti, ancorchè confermata sotto il vincolo del giuramento, costituisce una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico, priva di autonomo valore probatorio, che il giudice di merito, ove di contrario avviso, non è tenuto ad analizzare e confutare quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con il contenuto della stessa e conformi al parere del proprio consulente (Cass., 18 aprile 2001, n. 5687; Cass., 23 maggio 1998, n. 5151).

Nella sentenza de qua la Corte d’Appello ha comunque con-gruamente motivato la sua scelta di non risarcire le opere indicate dal consulente di parte indicandone la ragione nella finalità di miglioramento del fondo perseguita dalle stesse opere.

In conclusione, i ricorsi riuniti devono essere entrambi rigettati, mentre si ritiene sussistano giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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