Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20627 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. I, 29/09/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 29/09/2020), n.20627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 15793/2019 proposto da:

L.Q., elettivamente domiciliato in Roma, Via Emilio Faà di

Bruno n. 15, presso l’Avvocato Marta Di Tullio, che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

Avverso la sentenza n. 807/2018 della CORTE DI APPELLO di PERUGIA,

depositata il 20/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/07/2020 dal cons. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

L.Q., nato in Pakistan, con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 aveva impugnato dinanzi il Tribunale di Perugia, con esito sfavorevole, il provvedimento di diniego adottato della Commissione Territoriale in merito alla domanda di riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria; la decisione è stata confermata con la sentenza della Corte territoriale oggi impugnata.

Il ricorrente aveva narrato – come si evince dalla sentenza – di essere fuggito dal proprio Paese perchè temeva le frequenti e sanguinarie incursioni dei Talebani e perchè era stato vittima di tentato omicidio da parte dello zio per motivi ereditari.

La Corte territoriale ha affermato che il racconto era poco credibile e che il ricorrente non aveva nemmeno provato a rivolgersi alle autorità locali; ha, quindi, escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, non ricorrendo persecuzioni per motivi di razza, religione, opinioni politiche o appartenenza ad un gruppo sociale, e della protezione sussidiaria, non ritenendo che ricorresse, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b) il rischio grave di morte o di assoggettamento a trattamenti inumani e degradanti, e, ex art. 14, lett. c) della stessa legge, una situazione di violenza generalizzata nella regione del Paese di provenienza del richiedente, tale da porre in pericolo la vita di un civile a cagione della sua presenza nel territorio dello Stato; infine, ha negato la protezione umanitaria, non avendo il ricorrente dimostrato la ricorrenza di una situazione personale di vulnerabilità specifica.

Avverso detta sentenza il richiedente propone ricorso per cassazione con un unico mezzo.

Il Ministero dell’Interno ha depositato mero atto di costituzione.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo si denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c. e conseguente violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5 e 7 e art. 14, lett. b) e c).

Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, nell’esaminare il racconto in merito alle ragioni della fuga dal Pakistan, avrebbe assunto fatti (questioni ereditarie e contrasti familiari, scarsa sicurezza del territorio perchè oggetto di incursioni dei talebani e non protetto dai militari pakistani) diversi da quelli dedotti dal ricorrente stesso (che si era dichiarato vittima di persecuzione da parte di una cellula talebana, dopo essere fuggito da un campo di addestramento dei terroristi) e che, se esaminati, avrebbero potuto condurre all’accoglimento della domanda dello status di rifugiato e/o della protezione sussidiaria; lamenta anche la mancata consultazione delle COI segnalate dallo stesso ricorrente, che avrebbero potuto fornire delucidazioni sul forte potere dei gruppi terroristici talebani nella zona di Peshawar e nella FATA da cui proveniva il ricorrente.

2. Osserva la Corte che l’esame del motivo impone la disamina delle dichiarazioni rese dal richiedente circa le ragioni della fuga per verificarne l’effettivo contenuto, di guisa che appare opportuno disporre l’acquisizione del fascicolo di ufficio del giudizio di merito, atteso che, agli atti del ricorso, manca il fascicolo comprensivo degli atti della Commissione.

PQM

rinvia a nuovo ruolo e dispone che venga acquisito, a cura della Cancelleria, il fascicolo di ufficio relativo al giudizio di merito.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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