Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20627 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. I, 19/07/2021, (ud. 02/07/2021, dep. 19/07/2021), n.20627

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29238/2020 proposto da:

A.B., elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio

dell’avv. Marta di Tullio, che lo rappresenta e difende.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3142/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 1/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

2/7/2021 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. A.B., cittadino (OMISSIS), ricorre a questa Corte avverso l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma, attinta dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ha respinto il gravame del medesimo avverso il diniego in primo grado delle misure di protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8 dell’art. 16 Direttiva UE 2013/32 e del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5, avendo il decidente denegato le misure richieste senza procedere ai doverosi accertamenti ex officio in adempimento dell’obbligo di cooperazione istruttoria ed in particolare senza acquisire le informazioni necessarie alla delibazione delle istanze dispiegate; 2) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 5,7 e 14 avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. b), in relazione alla vicenda denunciata, legata al timore del ricorrente di restare vittima delle ritorsioni della famiglia della sua ragazza che aveva messo incinta, senza acquisire le necessarie informazioni relative alla situazione del paese di provenienza; 3) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria sul presupposto del mancato riconoscimento delle protezioni maggiori ed, in particolare, senza accertare la sussistenza degli specifici presupposti di essa; 4) della violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), avendo il decidente il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), per mezzo di un esame generico della situazione interna del paese di provenienza e della ravvisata insussistenza delle condizioni riconducibili ad una situazione di violenza indiscriminata.

Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente stante l’unitarietà della censura che vi viene rappresentata, sono infondati e non meritano adesione, considerato, alla luce dei rilievi effettuati dal decidente (“trattasi, evidentemente, di una vicenda del tutto personale… “), che la specie in disamina fuoriesce dal raggio operativo della protezione internazionale, come più volte già rimarcato da questa Corte dell’avviso – qui da confermarsi, non costando che il ricorrente abbia sollecitato l’intervento dello Stato o di altre autorità competenti – che “le liti tra privati per ragioni proprietarie o familiari non possono essere addotte come causa di persecuzione o danno grave, nell’accezione offerta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, trattandosi di “vicende private” estranee al sistema della protezione internazionale, non rientrando né nelle forme dello “status” di rifugiato (art. 2, lett. e), né nei casi di protezione sussidiaria (art. 2, lett. g), atteso che i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave solo ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi” (Cass., Sez. II, 23/10/2020, n. 23281).

3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, posto che, a fronte del giudizio osteso dal decidente – che ha richiamato l’attenzione sull’assenza tanto di fattori di vulnerabilità, quanto di utili elementi di valutazione in punto di integrazione sociale -, la prospettazione difensiva non colma le lacunosità rilevate. E dunque poiché, pur comportando un’attenuazione dell’onere probatorio in capo all’istante, il procedimento azionato con la domanda di asilo non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, essendo onere del richiedente di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., Sez. I, 10/09/2020, n. 18808), ne discende che in difetto di siffatta attività deduttiva la censura è rappresentativa di un mero dissenso motivazionale e sollecita unicamente una rivisitazione di merito del predetto giudizio.

4. Il ricorso va dunque respinto.

5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria e doppio contributo.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Prima civile, il 2 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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