Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20626 del 31/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/08/2017, (ud. 14/06/2017, dep.31/08/2017),  n. 20626

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2133/2014 R.G. proposto da:

P.L., e D.B.F., rappresentati e difesi dall’avv.

Luigi Russo, con domicilio eletto in Roma, via Nomentana n. 295,

presso lo studio dell’avv. Vincenzo Pentella, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

NUOVA CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.P.A., rappresentata e difesa

dagli avv.ti Luigi Belvederi e Domenico Pavoni, con domicilio eletto

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via A Riboty n. 28, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1709/2013

depositata il 23 settembre 2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 giugno

2017 dal Consigliere Paolo Fraulini.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Bologna ha condannato P.L. e D.B.F. a restituire alla CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.P.A. l’importo di Euro 148.379,09, oltre interessi, dichiarando la nullità della sentenza con cui il Tribunale di Ferrara aveva accolto la domanda risarcitoria formulata dagli odierni ricorrenti contro la banca.

2. Il giudice di appello ha affermato che nell’atto di citazione introduttivo del giudizio gli attori P.L. e D.B.F., dopo aver lamentato il mancato adempimento da parte della CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.P.A. agli obblighi informativi inerenti un investimento in titoli mobiliari, avevano chiesto dichiarasi la nullità dei contratti, ai sensi dell’art. 1418 c.c., e in via subordinata il loro annullamento per errore essenziale o per dolo e comunque la loro risoluzione per grave inadempimento dell’intermediario, con richiesta in entrambi i casi di restituzione del capitale investito e, in ulteriore subordine, il loro annullamento per vizio del consenso, stante l’evidente truffa contrattuale subita, con connesso risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Ha quindi ritenuto che il giudice di primo grado, una volta escluso il risarcimento del danno da truffa contrattuale, non avrebbe potuto in assenza di domanda – condannare la banca intermediaria al risarcimento del danno, ma si sarebbe dovuto limitare a valutare la sussistenza dell’inadempimento ai fini dell’accoglimento della sola domanda di risoluzione delle due operazioni di investimento. Ha infine rilevato che la contumacia in appello degli odierni ricorrenti e la connessa mancata difesa precludevano l’esame delle altre domande di nullità, di annullamento e di risoluzione dei due ordini formulate in primo grado.

3. Per la cassazione di tale sentenza P.L. e D.B.F. ricorrono con tre motivi, resistiti dalla CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA S.P.A. in amministrazione straordinaria con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

1.1. Primo motivo: “Violazione o falsa applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 32 e degli artt. 330 e 170 c.p.c. nonchè dell’art. 24 Cost. e art. 111 Cost., commi 1 e 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ovvero nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4″ deducendo l’erroneità o la nullità della sentenza nella parte in cui avrebbe omesso di rilevare il vizio della notificazione dell’atto di appello, atteso che lo stesso non era stato ritualmente notificato all’avv. Quinto, uno dei due difensori in appello degli odierni ricorrenti, ma solo all’altro difensore avv. Sorgato, pur avendo i due procuratori alle liti studi distinti.

1.2. Secondo motivo: ” Violazione o falsa applicazione degli artt. 99 e 112 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ovvero nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4″ deducendo l’erroneità e la nullità della sentenza impugnata laddove ha ritenuto che il Tribunale abbia pronunciato la condanna al risarcimento del danno in assenza di domanda, posto che in tal modo avrebbe adottato un criterio interpretativo meramente letterale, obliterando le corrette affermazioni del primo giudice che aveva ritenuto implicitamente formulata la domanda di risarcimento del danno desumendola dalla allegazione dell’inadempimento della banca e dalla richiesta di restituzione della somma investita.

1.3. Terzo motivo: “Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5” deducendo l’erroneità della sentenza impugnata laddove non avrebbe considerato che la domanda di rimborso del capitale investito era conseguente non solo alla denunciata nullità o annullabilità del contratto ma anche alla risoluzione del medesimo per inadempimento della banca e che a tutti gli effetti era dunque una domanda di natura risarcitoria.

2. Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni in rito sollevate dalle parti. Fondata è l’eccezione di inammissibilità del controricorso; invero il termine di venti giorni per la notificazione del controricorso, previsto dall’art. 370 c.p.c., comma 1, decorre dalla scadenza del termine per il deposito in cancelleria del ricorso notificato, che, a mente dell’art. 369 c.p.c., è di venti giorni dall’ultima notificazione effettuata. Nella specie la notificazione alla banca è stata effettuata in data 14 gennaio 2014; il termine per il deposito del ricorso scadeva dunque il 3 febbraio 2014; di talchè il controricorso andava notificato entro il 23 febbraio 2014, che essendo festivo ha determinato lo slittamento al giorno 24 febbraio 2014; sennonchè il controricorso risulta passato per la notificazione solo in data 26 febbraio 2014, quando il termine era già scaduto. Ne consegue che non può tenersi conto del contenuto del controricorso; deve tuttavia tenersi conto di quanto la banca argomenta nella memoria depositata in vista dell’udienza che, nel nuovo rito camerale introdotto nella novellazione del 2016, tiene luogo dell’udienza pubblica ove il controricorrente tardivo era comunque legittimato a contraddire ex art. 370 c.p.c..

3. Infondate sono le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla controricorrente anche nella citata memoria sul presupposto che la procura apposta a margine dell’atto di impugnazione sia priva di data, e dunque non collocabile in epoca successiva al deposito della sentenza di appello, e priva del requisito di specialità, non facendo alcun riferimento al giudizio di legittimità. Le eccezioni sono infondate avendo questa Corte già affermato il condivisibile principio secondo cui ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della circostanza essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso e che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest’ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell’impugnazione, ove essa sia apposta a margine del ricorso, tali requisiti possono desumersi dalla menzione della sentenza gravata risultante dall’atto a margine del quale essa è apposta restando, invece, irrilevante che la procura sia stata conferita in data anteriore a quella della redazione del ricorso e che non sia stata indicata la data del suo rilascio, non essendo tale requisito previsto a pena di nullità (Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 7014 del 17/03/2017).

4. Nel merito il ricorso va respinto.

4.1 Il primo motivo è infondato. Gli stessi ricorrenti ammettono che l’avvocato Rosaria Quinto, da essi incaricata di difenderli nel processo di appello, era iscritta all’Ordine degli Avvocati di Matera ed ivi aveva il suo studio alla via Roma n. 79. Ne consegue che, esercitando nella specie in Ferrara – e dunque al di fuori del distretto di appartenenza le comunicazioni e le notificazioni che la riguardavano andavano effettuate in cancelleria. Gli odierni ricorrenti erano tuttavia rappresentati e difesi anche dall’avvocato Giorgio Sorgato del Foro di Ferrara, cui l’atto di appello è stato ritualmente notificato. Le conseguenze dell’omessa notificazione di un atto di impugnazione a uno dei due difensori di una parte era stata variamente risolta da questa Corte. In un caso si era ritenuto che il difensore con studio legale fuori dal distretto debba presumersi domiciliato presso l’altro difensore con studio nel distretto, stante la comunanza della difesa (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4246 del 08/05/1987); in altro caso si era ritenuto che la notificazione vada effettuata solo nei confronti del difensore intra districtum (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 12405 del 10/10/2001). Le oscillazioni interpretative sono state composte dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con sentenza n. 12924 del 09/06/2014, hanno affermato che “la nomina di una pluralità di procuratori, ancorchè non espressamente prevista nel processo civile, è certamente consentita, non ostandovi alcuna disposizione di legge e fermo restando il carattere unitario della difesa; tuttavia, detta rappresentanza tecnica, indipendentemente dal fatto che sia congiuntiva o disgiuntiva, esplica nel lato passivo i suoi pieni effetti rispetto a ciascuno dei nominati procuratori, mentre l’eventuale carattere congiuntivo del mandato professionale opera soltanto nei rapporti tra la parte ed il singolo procuratore, onerato verso la prima dell’obbligo di informare l’altro o gli altri procuratori”. In applicazione di tali principi va affermato che, ai fini della corretta instaurazione del giudizio di appello nei confronti di una parte costituita con più difensori, è sufficiente la rituale notificazione a uno solo di essi, che avrà poi l’onere di comunicare l’evento anche all’altro al fine di valutare la migliore strategia difensiva per la parte rappresentata.

4.2 Il secondo motivo è infondato. La censura contesta la correttezza della motivazione della sentenza impugnata, laddove avrebbe negato che gli attori avessero formulato nell’atto introduttivo anche un a domanda di risarcimento del danno da truffa contrattuale. Deve premettersi che l’interpretazione della domanda appartiene alla esclusiva competenza del giudice del merito; questa Corte può esaminare la congruità del relativo ragionamento solo ove il ricorso contenga un preciso riferimento all’erronea applicazione dei canoni di ermeneutica e un’altrettanto precisa ricostruzione alternativa del percorso interpretativo che dimostri l’errore dedotto. Nella specie i ricorrenti si limitano a dare per pacifico che la loro domanda in primo grado contenesse anche quanto negato dal giudice di secondo grado, ma omettono del tutto di spiegare quale sia la violazione delle regole ermeneutiche che avrebbe compiuto il giudice di appello, limitandosi ad affermare che sarebbe stato corretto quanto ritenuto dal giudice di primo grado, dando per evidente e consequenziale che la domanda restitutoria si dovesse qualificare come risarcitoria, senza tuttavia spiegare le ragioni di tale presunto assioma.

4.3 Il terzo motivo è infondato riproponendo le stesse critiche di cui al secondo mezzo, riguardate stavolta sotto il profilo del vizio di motivazione, laddove tuttavia alcun fatto principale o secondario risulta omesso, ma si tratta in realtà della medesima contestazione già respinta per le ragioni indicate in relazione al secondo motivo di ricorso.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari à quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017

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