Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20626 del 09/09/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20626 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: MANNA FELICE

ORDINANZA
sul ricorso 19232-2011 proposto da:
MUCI MICHELE MCUMHL66M19F8420 (figlio ed erede legittimo
di Muci Santo), MUCI VINCENZO FERNANDO
MCUVCN41R15F842K, MUCI POMPILIO FELICE
MCUFCP45TO1F842S, MUCI ANGELA MCUNGL68H54F842G
(figlia ed erede legittima di Muci Santo), elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEL COLLE DI SANT’AGATA 4, presso lo studio
dell’avvocato SCANDALE GIANLUCA, rappresentati e difesi
dall’avvocato FABIO ZEPPO’ ,A, giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrenti contro

9C 1

Data pubblicazione: 09/09/2013

MUCI MARIA LUCIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ENNIO QUIRINO VISCONTI 8, presso lo studio dell’avvocato
ABBRUZZESE GIANLUIGI, rappresentata e difesa dall’avvocato
NICOLI’ RAFFAELE, giusta procura speciale a margine del
controricorso;

avverso la sentenza n. 491/2011 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 22.2.2011, depositata il 24/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/05/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Fabio Zeppola che ha chiesto la
fissazione del ricorso in pubblica udienza;
udito per la controricorrente l’Avvocato Raffaele Nicolì che si riporta
agli scritti e chiede inoltre l’inammissibilità del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. LUCIO
CAPASSO che si riporta alla reNzione scritta.

Ric. 2011 n. 19232 sez. M2 – ud. 24-05-2013
-2-

– controricorrente –

IN FATTO E IN DIRITTO
I Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art.377 c.p.c. ha depositato

la seguente relazione ex artt.380-bis e 375 c.p.c.:

“1. – Con sentenza n. 491/11 la Corte d’appello di Lecce rigettava

contro la sentenza del Tribunale di Lecce, che aveva respinto la domanda di
reintegrazione nel possesso di un corridoio scoperto, di cui essi avevano
lamentato lo spoglio per opera di Maria Lucia Muci. La decisione di secondo
grado si fondava a) sulle prove testimoniali assunte in cure, che
avevano dimostrato il possesso esclusivo del bene da parte della convenuta, e
b) sul giudicato esterno di cui alla sentenza n. 128/02 pronunciata dal ridetto
Tribunale fra le medesime parti e sul medesimo oggetto.
2. – Avverso detta sentenza Santo, Felice Pompilio e Vincenzo Fernando
Muci propongono ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
2.1. – Resiste con controricorso Maria Lucia Muci.
3. – Con un unico mezzo d’annullamento i ricorrenti deducono la
violazione e/o falsa applicazione c1,9 11 ‘art. 345, 30 comma c.p.c., nonché
l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo, ed ancora la nullità del procedimento, il tutto in
relazione all’art. 360, nn. 3, 4 e 5 c.p.c. Il motivo lamenta che la Corte
territoriale abbia ritenuto nuove e tardive tutte le questioni sollevate e le
produzioni documentali effettuate dagli odierni ricorrenti con la memoria di
replica alla comparsa conclusionale avversaria, produzioni volte a
dimostrare la proprietà, in loro favore, della res del cui possesso si
controverte.
3

l’appello proposto da Santo, Felice Pompilio e Vincenzo Fernando Muci

4. – Il ricorso — in disparte ogni altra considerazione che pure ne
imporrebbe il rigetto — è manifestamente inammissibile per due distinte
ragioni.
4.1. – La prima, è che secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,

ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la
decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende
inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale,
essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non
potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass. nn.
3386/11, 22753/11, 24540/09, 13070/07 e 20118/06).
Per contro, il ricorso non censura minimamente la ratio decidendi relativa
all’effetto preclusivo del giudicato di cui alla citata sentenza n. 128/02.
4.2. – La seconda ragione, che chiama in causa l ‘art. 366, n. 4 c.p.c.,
scaturisce dal totale difetto di specificità della censura, la quale, invocata
l ‘indispensabilità dei nuovi documenti, non ne illustra il contenuto e non
esplicita in qual modo essi varrebbero a confutare la decisione della Corte
territoriale; ciò non a caso, del resto, perché il motivo, incentrato sul fatto
che i ricorrenti sarebbero proprietari della res contesa e che i documenti
prodotti lo dimo3trerebbero, elude (invano) il confronto con la sentenza
impugnata, che si basa sul possesso e non sulla proprietà del bene
5. – Per le considerazioni svolte, si propone la decisione del ricorso con
ordinanza, nei sensi di cui sopra, ex art.375, n. 5 c.p.c.”.
Il – La Corte condivide la relazione, rispetto alla quale né le parti, né il
Procuratore generale hanno formulato repliche od obiezioni.
4

ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome,

III – Il ricorso va dunque respinto.
IV – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 24.5.2013.

€ 1.700,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge.

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