Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20625 del 31/08/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/08/2017, (ud. 29/05/2017, dep.31/08/2017),  n. 20625

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco A. – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17268/2015 proposto da:

Hilton Parma S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, e L.R., in proprio, elettivamente domiciliati in

Roma, Piazza San Lorenzo in Lucina n.4, presso l’avvocato Fano

Claudio, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Musiani Alice, giusta procure in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Etikè International S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dagli

avvocati Vincenzo Fiorillo e Remigio Fiorillo, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2144/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 12/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/05/2017 dal cons. FALABELLA MASSIMO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato Fano Claudio (anche per il

ricorrente L. R.) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’avvocato Vincenzo Fiorillo che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Il Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale, con propria sentenza del 17 luglio 2013, accoglieva le domande proposte da Etikè International s.r.l. nei confronti di Hilton Pharma aventi ad oggetto la declaratoria di contraffazione di un marchio comunitario, l’inibitoria alla fabbricazione, commercializzazione e vendita del prodotto contrassegnato con il marchio contraffatto, il ritiro dal commercio del prodotto stesso e il pagamento di una penale per ogni violazione o inosservanza del provvedimento adottato. Lo stesso Tribunale respingeva, poi, la domanda riconvenzionale proposta dalla società convenuta e dall’interventore L.R. diretta all’accertamento della nullità del marchio comunitario nella titolarità dell’attrice.

2. – Hilton Pharma e L. proponevano appello.

In esito al giudizio di gravame, nel quale si costituiva Etikè International, la Corte di appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 12 maggio 2015, dichiarava inammissibile l’appello, ritenendolo tardivo.

3. – Tale pronuncia è stata impugnata per cassazione da Hilton Pharma e L., i quali hanno fatto valere quattro motivi di ricorso. Resiste con controricorso Etikè International. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo di censura ha ad oggetto la nullità della notifica della sentenza di primo grado, attuatasi a mezzo PEC il 28 settembre 2013, nonchè la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata avrebbe impropriamente ritenuto che la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata potesse aver luogo anche prima della data del 15 dicembre 2013 (di cui al cit. del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 ter).

1.1. – Con il secondo motivo è denunciata la nullità della notifica a Hilton Pharma della sentenza di primo grado per mancanza, nella relata, di obbligatori riferimenti; è dedotta altresì violazione e falsa applicazione della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, n. 6. La Corte di merito, ad avviso dei ricorrenti, aveva impropriamente ritenuto che la notifica della sentenza fosse atto avulso dal contesto del procedimento e, in conseguenza, aveva escluso che la relata di notificazione dovesse indicare l’ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l’anno di ruolo.

2. – I due motivi, che involgono il tema della notificazione a mezzo di posta elettronica certificata della sentenza resa dal giudice di prime cure, vanno disattesi.

La Corte di appello ha richiamato la L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, come novellato dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 quater, convertito, con modificazioni, in L. n. 221 del 2012, secondo cui la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante dai nominati pubblici elenchi. Ha inoltre fatto riferimento all’art. 16 ter, del predetto decreto che dispone: “A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dall’art. 4, e art. 16, comma 12, del presente decreto; dal D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 16, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 6 bis, nonchè il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia”. Ha ritenuto, in proposito, che quest’ultima norma vada interpretata nel senso che dalla data del 15 dicembre 2013 debbano considerarsi pubblici solo gli elenchi indicati e che il cit. art. 16 ter, obbedisca, quindi, alla finalità di stabilire che dopo quel giorno non possano essere utilizzati, per le notifiche a mezzo PEC, altri pubblici elenchi. Del resto, ha aggiunto il giudice distrettuale, il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia, doveva essere qualificato,come pubblico elenco già prima del D.L. n. 179 del 2012, art. 16 quater, giacchè si tratterebbe di registro, già istituito, disponibile per l’accesso da parte di una comunità indiscriminata di soggetti e gestito da un ente pubblico. Con riguardo, poi, al contenuto della relazione di notificazione, la Corte di appello ha osservato che la notifica della sentenza era stata posta in atto nell’osservanza delle prescrizioni di cui alla L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 5; non venendo in questione una notifica nel corso del procedimento, non vi era necessità, ad avviso della stessa Corte, di indicare gli elementi previsti dal comma 6, dello stesso articolo (ufficio giudiziario, sezione, numero e anno di ruolo), peraltro tutti contenuti nell’atto notificato.

Reputa il Collegio vada valorizzato il rilievo per cui la parte ricorrente non fa questione della mancata conoscenza dell’atto inoltratogli a mezzo PEC, sicchè deve ritenersi che l’atto, ancorchè difforme, in via di ipotesi, dal paradigma legale, ha comunque raggiunto il suo scopo. Deve osservarsi che è infatti pacifico il dato della ricezione, da parte dell’avvocato Musiani (difensore sia di Hilton Pharma che di L.R.), della sentenza che Etikè International aveva provveduto a notificarle a mezzo di posta elettronica certificata. Ove pure si reputi che, all’epoca, il registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia che riportava l’indirizzo telematico del destinatario della notifica non potesse qualificarsi un registro pubblico (connotazione che, secondo parte ricorrente, detto registro avrebbe assunto solo a partire dal 15 dicembre 2013), ciò non basterebbe ad escludere il detto raggiungimento dello scopo: specie ove si consideri che la notificazione è stata posta in atto da un avvocato a ciò pacificamente abilitato, impiegando un indirizzo telematico riprodotto nel medesimo registro – già previsto dal D.M. n. 44 del 2011, art. 7, – di cui è fatta menzione nel cit. art. 16 ter. Allo stesso modo, la circostanza per cui la relazione di notificazione non contenesse le indicazioni di cui al cit. art. 3 bis, comma 6, non ha impedito alla notifica di assolvere alla funzione sua propria, visto che la sentenza era chiaramente riferibile al procedimento che la medesima aveva definito e gli elementi identificativi della causa menzionati dalla norma erano tutti presenti nel provvedimento notificato, come accertato dalla Corte di appello.

Deve, in particolare, trovare applicazione il principio, affermato dalle Sezioni Unite, per cui l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. Sez. U. 18 aprile 2016, n. 7665).

Alla luce dei rilievi svolti le esposte censure risultano dunque prive di decisività.

Esulano dal perimetro dei motivi e non sono comunque risolutivi, alla luce delle considerazioni che precedono, i rilievi svolti dalla difesa dei ricorrenti nella memoria ex art. 378 c.p.c., e incentrati sulla nullità della notifica in quanto attuata prima del 15 maggio 2014: a quest’ultimo proposito mette conto di osservare come in caso di notifica a mezzo PEC attuata prima di quella data, che indica il giorno in cui entrarono in vigore le norme tecniche di cui è parola nel D.M. n. 44 del 2011, art. 18, (le quali resero concretamente attuabile, secondo i ricorrenti, la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata), la notificazione risulterebbe essere comunque nulla, non inesistente (cfr. Cass. 9 luglio 2015, n. 14368, non massimata): ed è allora agevole osservare che, venendo in questione una notificazione nulla, risulterebbe per certo operante la sanatoria per il raggiungimento dello scopo.

3. – Il terzo motivo oppone la nullità della notifica della sentenza di primo grado, operata a mezzo PEC in data 28 settembre 2013 a Hilton Pharma mediante consegna dell’atto ad uno dei suoi plurimi difensori con uguali potere di rappresentanza, in un domicilio diverso, e fuori dalla circoscrizione del giudice adito, rispetto a quello eletto nel mandato e confermato dai difensori per tutto il corso del procedimento; il motivo oppone, altresì, il travisamento della posizione processuale dei difensori costituiti e la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, in relazione agli artt. 141,170 e 285 c.p.c.. Doveva trovare applicazione, ad avviso dei ricorrenti, la giurisprudenza di questa Corte in tema di notificazione della sentenza in presenza di procuratori esercenti fuori dal loro circondario, con domicilio eletto ex art. 82, R.D. cit.. Nella circostanza, viene spiegato, erano stati officiati tre difensori, con pieni poteri di rappresentanza, i quali esercitavano extra districrum e avevano perciò eletto domicilio presso altro difensore, con identici e pieni poteri, esercente nel circondario ove era stata radicata la lite.

4. – Il motivo non è fondato.

La Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui la notificazione della sentenza ad uno soltanto dei plurimi difensori nominati dalla parte è idonea a far decorrere il termine breve per impugnare, di cui all’art. 325 c.p.c., a nulla rilevando che il destinatario della notifica non sia anche domiciliatario della parte (Cass. 27 maggio 2011, n. 11744; Cass. 7 giugno 2007, n. 13361; Cass. 31 maggio 2006, n. 12963). Infatti, l’elezione di domicilio che il procuratore deve fare all’atto della costituzione in giudizio, se questo si svolge fuori della circoscrizione del tribunale cui è assegnato (R.D. n. 37 del 1934, art. 82, comma 1), non gli dà diritto di ricevere le notifiche soltanto in tal luogo, sicchè se la sentenza impugnata è notificata presso il suo studio professionale da tale data decorre il termine breve per impugnare previsto dall’art. 325 c.p.c. (Cass. 20 aprile 2009, n. 9349; Cass. 17 marzo 2006, n. 5892).

5. – Con il quarto mezzo è dedotta l’inesistenza di qualsiasi notifica della sentenza di primo grado nei confronti del ricorrente L., l’invalidità dell’equiparazione della notifica a mezzo PEC della sentenza di primo grado a Hilton Pharma, come effettuata anche al predetto L. in proprio, in violazione degli artt. 285 e 170 c.p.c., in relazione alla L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, n. 6, la violazione e falsa applicazione degli artt. 141,170 e 285 c.p.c., in relazione al R.D. n. 37 del 1934, art. 82, e la contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parte e rilevabile d’ufficio. Viene esposto che l’accoglimento anche di uno solo dei tre motivi precedenti determinerebbe la nullità, o meglio l’inesistenza della notifica stessa alla litisconsorte L.R. in proprio. Poichè la mancata effettuazione della notifica della sentenza di primo grado nei confronti di quest’ultimo sarebbe pacifica, il termine breve per appellare non sarebbe mai decorso. Di contro, lamentano i ricorrenti, la sentenza si sofferma sulla circostanza per cui i quattro procuratori costituiti avrebbero difeso ambedue le parti, senza tener conto che queste avevano posizioni processuali affatto diverse. Viene inoltre ravvisata una insanabile contraddizione tra il capo della sentenza relativo alla sola singola notifica intervenuta (quella attuatasi nei confronti di Hilton Pharma), giudicata valida perchè completa di tutte le indicazioni di legge, e altro capo della sentenza che ne aveva “equiparato gli effetti anche nei confronti del litisconsorte necessario”, cui l’atto non era stato notificato. Viene infine dedotto che la notifica nei confronti della società era nulla, anzi inesistente se riferita a L., in quanto priva della tassativa indicazione degli “elementi propri del notificando” previsti dalla L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, n. 6.

6. – Nemmeno tale motivo è fondato.

Anzitutto, con riferimento all’ultima delle doglianze esposte va richiamato quanto rilevato, in proposito, trattando dei primi due motivi.

Deve poi evidenziarsi che la censura circa la contraddittorietà della motivazione non può avere ingresso: per un verso, in tema di errores in procedendo, spetta alla Corte di cassazione accertare se vi sia stato, o meno, il denunciato vizio di attività processuale, attraverso l’esame diretto degli atti, indipendentemente dall’esistenza o dalla sufficienza e logicità dell’eventuale motivazione del giudice di merito sul punto (Cass. 10 novembre 2015, n. 22952); per altro verso, nella nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, risultante dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, è mancante ogni riferimento letterale alla “motivazione” della sentenza impugnata, con la conseguenza che è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054), nella fattispecie insussistente.

Per il resto, si deve rilevare che in base all’art. 285 c.p.c., la notificazione della sentenza, al fine della decorrenza del termine per l’impugnazione, si fa, su istanza di parte, a norma dell’art. 170 c.p.c.: a seguito della modifica introdotta con la L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 10, applicabile al presente giudizio, è operante – dunque – anche l’art. 170 c.p.c., comma 2, a mente del quale ai fini notificatori è sufficiente la consegna di una copia dell’atto anche se il procuratore è costituito per più parti. Ne discende che la consegna all’avv. Musiani, costituitasi sia per Hilton Pharma e che per L.R., ha fatto decorrere il termine breve per l’impugnazione per entrambi gli odierni ricorrenti.

7. – Il ricorso contiene due altri motivi che, tuttavia, non hanno consistenza di autonome censure, dal momento che ineriscono a questioni su cui la Corte di appello non si è pronunciata, essendo rimaste assorbite dalla pronuncia di inammissibilità. E infatti, i ricorrenti li sottopongono all’esame di questa Corte per la sola ipotesi in cui essa “decidesse di statuire anche su questi ultimi”: cosa, all’evidenza, non possibile.

8. – Al rigetto del ricorso fa seguito la condanna dei ricorrenti, secondo soccombenza, al pagamento delle spese processuali.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre oneri accessori e rimborso delle spese generali in ragione del 15%; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 29 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017

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