Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20624 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. I, 19/07/2021, (ud. 02/07/2021, dep. 19/07/2021), n.20624

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2891/2018 proposto da:

Banca Ifis S.p.a. (già GE Capital s.p.a., già GE Capital Interbanca

s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Cavour n. 17, presso lo

studio dell’avvocato Scocchera Luca, rappresentata e difesa

dall’avvocato Verdi Marco, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

Macchine Industriali Maia S.p.a. in Liquidazione ed in Concordato

Preventivo, in persona del liquidatore giudiziale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Piazza del Viminale n. 5, presso

lo studio dell’avvocato Gallo Giuseppe che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Tamponi Michele, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2831/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

pubblicata il 22/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/07/2021 dal cons. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Macchine Industriali Maia s.p.a. in liquidazione e in concordato preventivo (d’ora in avanti Maia), che aveva provveduto allo sconto presso la G.E. Capital s.p.a. (poi divenuta GE Capital Interbanca s.p.a. ed ora Banca Ifis s.p.a.) di numerose cambiali rilasciatele dai propri acquirenti a fronte della vendita a rate di macchine per movimento terra con patto di riservato dominio, aveva convenuto in giudizio presso il Tribunale di Milano la G.E. Capital s.p.a. affinché:

1) fosse accertata la nullità ed inefficacia delle girate cambiarie nonché il mancato rispetto da parte della banca scontataria dell’art. 66 L.C.;

2) fosse inibito alla banca convenuta di promuovere azioni cambiarie nei confronti degli emittenti dei titoli cambiari;

3) fosse condannata la banca, previa rendicontazione delle azioni già intraprese, a restituirle i titoli al fine di consentirle di risolvere i contratti di vendita e recuperare i beni;

4) fosse accertata l’insussistenza di un alcun credito, stante il non corretto esercizio dell’azione causale, in violazione dell’art. 66 L.C.;

5) fosse accertato, all’esito della presentazione del rendiconto documentato da parte della banca, il residuo credito in capo alla convenuta;

6) fosse condannato l’istituto di credito, in via equitativa a risarcire i danni asseritamente procurati all’attrice per non averla posta in condizione di far valere i propri diritti cambiari, derivanti dai singoli contratti di vendita, nei confronti degli emittenti delle cambiali.

Il Tribunale di Milano ha ritenuto che le girate apposte sui titoli cambiari dovessero considerarsi “piene”, con la conseguenza che si era realizzata la fattispecie normativa dello sconto di cambiali di cui all’art. 1859 c.c., ovvero una vera e propria cessione di crediti, per cui chi aveva pagato alla cessionaria Capital aveva ben pagato. Il Tribunale milanese, ha ritenuto, altresì, che la richiesta di Capital di insinuazione al passivo del concordato preventivo di Maia del proprio credito per le cambiali tornate insolute fosse da qualificare come una domanda non causale, ed ha, infine, rigettato la domanda di risarcimento dei danni di Maia in quanto non indicati né quantificati.

Avverso la predetta sentenza Maia ha proposto appello, limitando le domande precedentemente svolte e chiedendo, in parziale riforma dell’appellata sentenza, che fosse accertato il mancato rispetto da parte dell’istituto di credito dell’art. 66 legge cambiaria e, per l’effetto, che lo stesso fosse condannato alla restituzione dei titoli cambiari scontati presso di essa e fatti oggetto della lettera di precisazione del credito del 6.11.2009. Veniva chiesta, inoltre, la condanna della banca al risarcimento dei danni.

La Corte d’Appello di Milano, accertato il mancato rispetto da parte di GE Capital Interbanca s.p.a. dell’art. 66 L.C. nell’esercizio dell’azione causale proposta nei confronti di Maia, ha condannato l’istituto di credito ad offrire in restituzione alla stessa Maia tutti i titoli cambiari scontati presso Capital e fatti oggetto della lettera di precisazione del credito ed ha rigettato ogni altra domanda.

Il giudice di secondo grado ha ritenuto che Capital, con la lettera di precisazione del credito del 6 novembre 2009 presentata al Commissario Liquidatore al fine di insinuarsi al passivo di Maia, avesse inteso far valere un’azione causale, essendo stato fatto espressamente riferimento ai crediti nascenti dai finanziamenti e dalle operazioni di sconto ex art. 1329/1965, e D.P.R. n. 601 del 1973, di cui le cambiali rappresentavano un solo mezzo – e non all’azione cartolare direttamente nascente dalle cambiali. Ne conseguiva che il fatto costitutivo della domanda di Capital non era stato dato dai titoli cambiari in sé considerati bensì dal contratto di sconto materialmente realizzatosi per effetto della girata sulle cambiali.

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Banca Ifis s.p.a. affidandolo ad un unico articolato motivo.

Maia ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, affidandolo a due motivi, nonché ricorso incidentale condizionato in caso di accoglimento del ricorso principale (affidandolo a cinque motivi). Entrambe le parti hanno, altresì, depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente principale ha dedotto la violazione dell’art. 1859 c.c., e R.D. n. 1669 del 1933, art. 66, (legge cambiaria), per avere la Corte d’Appello ritenuto che l’istituto di credito, con l’istanza di ammissione al passivo, avrebbe proposto un’azione causale ex art. 66 L.C., con conseguente obbligo di restituire i titoli cambiari scontati.

In primo luogo, l’istituto di credito contesta di aver proposto, in sede concorsuale, un’azione causale, neppure sotto forma di “domanda di ammissione al passivo”, dato che nella procedura di concordato preventivo manca totalmente un accertamento giudiziale dello stato passivo ed ogni eventuale contestazione sollevata dai creditori viene decisa esclusivamente ai fini dell’ammissione al voto.

In ogni caso, G.E. Capital non ha comunque proposto un’azione causale nei termini cui fa riferimento l’art. 66 L.C., tale essendo l’azione volta a realizzare il rapporto di debito – credito preesistente alla trasmissione della cambiale fra chi dà e chi riceve la cambiale medesima. Nel caso di specie, la trasmissione delle cambiali è stata solo la modalità con cui sono state realizzate le operazioni di sconto.

2. Il motivo è infondato.

Va, preliminarmente, osservato che deve condividersi l’impostazione della Corte di Appello secondo cui la Banca, nel momento in cui, all’atto di precisazione del proprio credito formulata al Commissario liquidatore del Concordato Preventivo, ha fatto espressamente riferimento ai crediti nascenti dai finanziamenti e dalle operazioni di sconto ex art. 1329/1965 e D.P.R. n. 601 del 1973 – e non all’azione cartolare direttamente nascente dalle cambiali – avesse inteso far valere i crediti derivanti dal rapporto causale, essendo stato concluso tra Maia e l’istituto di credito un contratto di sconto bancario, seppur perfezionato con la girata di cambiali. E’ quindi proprio il contratto di sconto bancario il rapporto di debito-credito di natura causale preesistente alla trasmissione delle cambiali.

E’, invece, erronea l’impostazione della ricorrente, secondo cui, nel caso di specie, il rapporto di credito-credito avrebbe esclusivamente ad oggetto la vendita con riserva di proprietà dei macchinari sottostante all’emissione delle cambiali da parte degli acquirenti di tali macchinari. La prospettazione della banca ricorrente considera soltanto il rapporto causale esistente tra Maia e i propri acquirenti (emittenti le cambiali), ma ignora il diverso rapporto causale che è quello che è stato fatto valere dalla stessa ricorrente principale nella presente causa – avente ad oggetto lo sconto bancario, intercorrente tra Capital e Maia.

Effettuata tale doverosa premessa, la ricorrente ha osservato che, in ogni caso, la stessa, nel far valere il proprio credito, non sarebbe stata tenuta alla restituzione dei titoli – adempimento prescritto dalla L. Fall., art. 66, – sul rilievo che nella procedura di concordato preventivo manca totalmente un accertamento giudiziale dello stato passivo. In sostanza, l’istituto ricorrente ritiene che non fosse tenuto all’adempimento di cui all’art. 66 legge cambiaria dal momento, che difettando nella procedura di concordato preventivo la fase dell’accertamento giudiziale dello stato passivo, lo stesso, nel precisare il proprio credito al Commissario liquidatore, non aveva esercitato un’azione causale, al cui solo esperimento è legato l’adempimento dell’offerta di restituzione dei titoli cambiari.

Sul punto, ritiene questo Collegio opportuno effettuare un’altra premessa.

Non vi è dubbio che, come affermato espressamente anche da questa Corte (vedi Cass. n. 1022/1998), gli oneri previsti a carico del portatore dei titoli cambiari (proposizione dell’azione causale entro i termini di prescrizione delle azioni cambiarie che competono al debitore e conseguente restituzione del titolo impregiudicato) per l’esercizio dell’azione causale di cui all’art. 66, della legge cambiaria rispondano alla duplice esigenza di tutelare il debitore convenuto (condannato a pagare in base all’azione causale) contro il rischio di pagare una seconda volta in forza dell’azione cambiaria, e, al tempo stesso, di consentirgli di ottenere la restituzione del titolo per esercitare le azioni eventualmente spettantigli.

Proprio allo scopo di tutelare il debitore cambiario nei cui confronti sia stata esercitata l’azione causale mediante l’insinuazione allo stato passivo nell’ambito della procedura fallimentare (in ordine al carattere giurisdizionale e decisorio del procedimento di verificazione del passivo vedi Cass. n. 4506/2020), questa Corte ha enunciato più volte il principio di diritto secondo cui, in sede di domanda di ammissione al passivo fallimentare, anche il portatore di un titolo di credito che eserciti l’azione causale ha l’onere di produrre il titolo in originale ai sensi del R.D. n. 1669 del 1933, art. 66, e del R.D. n. 1736 del 1933, art. 58, essendo la produzione del titolo intesa ad evitare la possibilità di insinuazione da parte di altri creditori in via cambiaria, ovvero ad assicurare al debitore l’esercizio di eventuali azioni cambiarie di regresso (vedi Cass. n. 16109/2019 e Cass. n. 22847/2016).

Non vi è dubbio che l’esigenza di tutela del debitore cambiario sussista (negli stessi termini in cui tale necessità è stata affermata nella procedura fallimentare) anche in caso di procedura di concordato preventivo, allorquando il creditore, portatore di titoli cambiari, intenda far valere i diritti derivanti dal rapporto causale. In tale eventualità, non imporre al portatore del titolo l’onere di offrire la restituzione dei titoli cambiari solo perché, difettando nella procedura di concordato una fase appositamente deputata all’accertamento giudiziale dei crediti, il creditore non esercita formalmente un’azione causale nei termini di cui alla L. Fall., art. 66, vorrebbe dire esporre irragionevolmente il debitore proponente al rischio di dover pagare una seconda volta in forza dell’azione cambiaria, e di non poter esercitare le azioni cambiarie eventualmente spettantigli.

Si rende necessaria, pertanto, un’interpretazione estensiva della L. Fall., art. 66, nel senso che deve imporsi al portatore del titolo l’offerta di restituzione del medesimo ed il conseguente deposito nella cancelleria del giudice, non solo se il creditore eserciti formalmente un’azione causale, ma quando ricorra la situazione, del tutto omogenea, in cui lo stesso intenda esercitare i diritti derivanti dal rapporto causale (mediante la richiesta di precisazione del credito al Commissario liquidatore dopo l’omologa del concordato) nell’ambito di una procedura avente comunque una rilevanza pubblicistica, quale quella (concorsuale) di concordato preventivo.

Deve pertanto enunciarsi il seguente principio di diritto:” Il portatore del titolo di credito è tenuto ad offrire al debitore la restituzione della cambiale e a provvedere al conseguente deposito del titolo nella cancelleria del giudice, come prescritto dalla L. Fall., art. 66, non solo se eserciti l’azione causale, ma anche quando intenda far valere nei confronti del proprio debitore i diritti derivanti dal rapporto causale nell’ambito di una procedura avente comunque una rilevanza pubblicistica, quale quella (concorsuale) di concordato preventivo”.

3. Con il primo motivo del ricorso incidentale Maia ha dedotto la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere il giudice d’appello compensato la metà delle spese di lite nonostante la piena soccombenza della banca ricorrente.

4. Il motivo presenta profili di infondatezza ed inammissibilità.

In primo luogo, va osservato che la soccombenza dell’istituto bancario non è stata affatto piena, essendo stata rigettata dalla Corte d’Appello la domanda di Maia diretta ad accertare in capo allo stesso istituto l’obbligo di rendicontazione nonché la domanda di risarcimento del danno.

Inoltre, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti (n. 19613 del 04/08/2017).

5. Con il secondo motivo del ricorso incidentale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c., L. n. 247 del 2012, art. 13 bis, e successive modifiche e delle tabelle di cui al D.M. n. 55 del 2014, maggiorate ai sensi dell’art. 6 dello stesso D.M..

Lamenta la ricorrente incidentale che l’importo liquidato dal giudice d’appello a titolo di spese di lite sarebbe irrisorio rispetto al valore della controversia ed alla complessità delle questioni trattate, anche al cospetto di quanto è stato liquidato a favore della banca dal giudice di primo grado, con conseguente violazione dei parametri tabellari fissati dal D.M. n. 55 del 2014, art. 6.

6. Il motivo presenta profili di infondatezza ed inammissibilità.

Va osservato che, come ha dato atto il giudice d’appello nella sentenza impugnata, Maia, nell’atto di appello, ha limitato le domande che aveva proposto in primo grado (che sono state riportate nel dettaglio nella parte narrativa della presente sentenza). In particolare, rispetto al giudizio di primo grado in cui erano state spiegate ben sei domande nei confronti dell’istituto di credito, in sede di gravame, la ricorrente incidentale ha dimezzato le proprie domande, limitandole all’accertamento del mancato rispetto dell’art. 66 legge cambiaria, alla rendicontazione delle azioni già intraprese dall’istituto nei confronti dei debitori di Maia ed alla richiesta di risarcimento del danno. Ne consegue che corretta è stata la decisione della Corte di Appello di non applicare i medesimi parametri considerati dal giudice di primo grado nella liquidazione delle spese di lite.

Va, inoltre, osservato che le censure della ricorrente incidentale sono comunque inammissibili, essendo state dedotta genericamente la violazione dei parametri tabellari, ma senza indicare – anche in relazione alle domande svolte da Maia in grado di appello – quali sarebbero stati quantomeno i minimi tabellari che la Corte d’Appello avrebbe allora dovuto liquidare.

7. I motivi del ricorso incidentale condizionato (all’eventuale accoglimento del ricorso principale) – con cui è stata dedotta l’omesso esame di fatto decisivo e la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (primo motivo), la violazione la violazione degli artt. 1175,1176,1374,1832 e 2741 c.c., art. 119, comma 1, T.U.B., L. Fall., art. 111, (secondo motivo), la violazione dell’art. 119, comma 4, T.U.B. e dell’art. 210 c.p.c. (terzo motivo), la violazione dell’art. 119, comma 4 ,T.U.B. e dell’art. 1218 c.c. (quarto motivo), la violazione dell’art. 112 c.p.c. (quinto motivo) – sono assorbiti.

In ragione della reciproca soccombenza sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale.

Rigetta il ricorso incidentale.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte di entrambe le parti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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