Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20621 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/09/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 29/09/2020), n.20621

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10690/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Falegnameria B. di B.G. & C. snc;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Toscana n. 28/17/13 in data 14 febbraio 2013, depositata il 7 marzo

2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2020 dal Consigliere Dott. Manzon Enrico.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 28/17/13 in data 14 febbraio 2013, depositata il 7 marzo 2013 la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, Ufficio locale, avverso la sentenza n. 97/2/10 della Commissione provinciale tributaria di Pisa che aveva accolto il ricorso della Falegnameria B. di B.G. & C. snc contro l’atto di contestazione di sanzioni IVA 2002.

La CTR osservava in particolare che non poteva considerarsi illecita la compensazione per eccedenza trimestrale IVA contestata, trattandosi di scelta facultizzata dalla previsione normativa di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 3, lett. a), e perciò non assimilabile ad un omesso versamento di imposta.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo un unico motivo.

La società contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con unico motivo -ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3-l’agenzia fiscale ricorrente si duole della violazione del D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1, poichè la CTR ha affermato la non sanzionabilità -per omesso versamento trimestrale IVA- della condotta ascritta alla società contribuente (presentazione tardiva dell’istanza di compensazione trimestrale) affermandone la liceità.

La censura è fondata.

Va premesso in fatto che nel caso di specie è pacifico che, in relazione al primo trimestre 2002 ed al primo trimestre 2004, la società contribuente ha presentato tardivamente (rispettivamente il primo agosto 2002 ed il 19 maggio 2004, dunque ben oltre il termine del 30 aprile fissato dal D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, commi 2-3) l’istanza di compensazione del debito IVA trimestrale.

Ciò constatato, va ribadito in diritto che “In tema di IVA, la dichiarazione di cui al D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, comma 3, contenente i dati richiesti per l’istanza di rimborso, fin dal momento della sua introduzione e prima ancora della previsione di uno specifico termine per il suo espletamento, integra un presupposto

della compensazione, sicchè, pur non escludendo, in presenza delle altre condizioni, l’esistenza di un credito d’IVA suscettibile comunque di rimborso e non determinando conseguentemente il suo recupero da parte dell’amministrazione finanziaria, la sua omissione giustifica l’applicazione della sanzione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, commi 1 e 2, in quanto strumentale a controlli di tipo sostanziale” (Cass., n. 33102 del 16/12/2019, Rv. 656373 – 01) e, ancor più specificamente, che “In tema d’IVA, l’errata utilizzazione della compensazione in sede di liquidazione periodica, in assenza dei relativi presupposti, non integra una violazione meramente formale, neppure ove il credito d’imposta risulti dovuto in sede di dichiarazione annuale e liquidazione finale, poichè comporta il mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste e determina il ritardato incasso erariale, con conseguente deficit di cassa, sia pure transitorio, nel periodo infrannuale, per cui è sanzionabile ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito di rigetto del ricorso del contribuente, che, non avendo presentato tempestivamente istanza di rimborso, aveva operato illegittimamente la compensazione)” (Cass., n. 16504 del 05/08/2016, Rv. 640780 – 01).

La sentenza impugnata è palesemente difforme dai principi di diritto derivanti da tali arresti giurisprudenziali e va dunque cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della lite.

Stante l’alterno esito del giudizio, le spese dei gradi di merito possono essere compensate, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo della lite; compensa le spese processuali dei gradi di merito; condanna l’intimata società contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 2.300 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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