Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20620 del 13/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 13/10/2016, (ud. 20/04/2016, dep. 13/10/2016), n.20620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6194/2013 proposto da:

IMMOBILCONSULT 87 SRL, (OMISSIS) in persona dell’amministratore unico

e legale rappresentante p.t. R.S., elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE, 2, presso lo studio

dell’avvocato UGO PRIMICERJ, che lo rappresenta e difende giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI ROMA, (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

PROVINCIA DI ROMA (OMISSIS) (ora CITTA’ METROPOLITANA DI ROMA

CAPITALE) in persona del Commissario Straordinario Dott.

P.U. legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 119-A, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMILIANO SIENI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

IMMOBILCONSULT 87 SRL (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 5124/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 11/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato UGO PRIMICERJ;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

incidentale condizionato, assorbito il principale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Nel 1993, Immobilconsult 87 s.r.l. convenne in giudizio la Provincia di Roma. Espose l’attrice che aveva locato alla convenuta un fabbricato in (OMISSIS) per uso scolastico e che ritenuta l’inefficacia del recesso anticipato inviatole dalla provincia (in quanto non prevista dal contratto) la convenne in giudizio per sentirla condannare, previo accertamento dell’illegittimità di tale atto di recesso, al pagamento dei canoni maturati fino alla scadenza naturale della locazione, ovvero sino al (OMISSIS), pur essendo stato rilasciato l’immobile nel (OMISSIS) (data di consegna dell’immobile al sequestratario nominato dal Tribunale).

Il Tribunale di (OMISSIS) accolse parzialmente la domanda dell’attrice e ritenuto illegittimo il recesso della Provincia la condannò al versamento dei canoni sino al (OMISSIS), data in cui l’immobile rientrava nella disponibilità della locatrice, per l’ammontare di Euro 476.663,96.

2. La decisione è stata riformata dalla Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 5124 dell’11 gennaio 2012. La Corte ha ritenuto, a differenza del giudice di prime cure, la legittimità del recesso esercitato dalla Provincia sulla base di quanto previsto dal contratto ed interpretato secondo la clausole di buona fede.

3. Avverso tale decisione, la Immobilconsult 87 s.r.l. propone ricorso in Cassazione sulla base di 5 motivi.

3.1. Resiste con controricorso e ricorso incidentale, illustrato da memoria, la Città Metropolitana di Roma Capitale (già Provincia di Roma).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce ” ex art. 360 c.p.c., n. 3: la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1362 e 1366 c.c.”.

Lamenta che la Corte di Appello ha erroneamente interpretato il contratto di locazione stipulato in data (OMISSIS) rilevando come di tale negozio fosse “parte integrante la precedente Delib. Giunta provincia Roma 28 ottobre 1991, nella quale si specificava che il contratto di locazione veniva concluso per il tempo necessario per la realizzazione di un nuovo edificio destinato ad ospitare definitivamente i due istituti tecnici ai quali il fabbricato preso in affitto sarebbe stato adibito”. Mentre secondo la Immobikonsult, esaminando il contratto di locazione si ricaverebbe invece che la delibera anzidetta viene unicamente richiamata nelle premesse quale provvedimento autorizzativo all’assunzione della locazione dello stabile per la destinazione a sede scolastica, al fine di specificare quali fossero i lavori di sistemazione ed adattamento necessari per le caratteristiche dei locali e le certificazioni e, infine, per dare atto della verifica del completamento di tutti lavori della parte conduttrice.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia “ex art. 360 c.p.c., n. 3: la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento agli artt. 1362 e 1366 c.c., in combinato con la della L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 7”.

Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello ha argomentato nella sentenza impugnata, richiamando i canoni della buona fede nell’interpretazione del contratto, facendo riferimento ad una clausola risolutiva espressa. Ma al contrario di quanto sostiene la corte d’appello, nel contratto che ci occupa non esiste alcuna clausola risolutiva e non vi è alcun richiamo alle pretese esigenze dell’amministrazione provinciale relativi alla necessità di recedere dal contratto anticipatamente.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta “ex art. 360 c.p.c.: la violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, commi 7 e 8”.

Si duole la società ricorrente che la corte territoriale ha dichiarato la legittimità del recesso esercitato dalla provincia basandosi sulla clausola risolutiva del contratto che si fondava sulla disposizione di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 7, che prevede come sia in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore almeno 6 mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione. Ma, in realtà, nel contratto non esiste alcuna clausola risolutiva e non v’è alcun richiamo alle pretese esigenze dell’amministrazione di recedere anticipatamente.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta “ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in combinato disposto con la L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 7”.

La sentenza della corte d’appello è contraddittoria in quanto, da un lato, ha dichiarato legittimo il recesso; dall’altro supportava la propria decisione sostenendo che il contratto di locazione dovesse considerarsi a tempo determinato; un’altra volta ritenendolo invece caratterizzato dalla presenza di una clausola risolutiva. Ma nessun criterio interpretativo del contratto può giustificare la coesistenza delle due qualità di determinatezza del periodo di efficacia da una parte e di risolubilità del contratto dall’altra.

I motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè strettamente connessi e sono tutti infondati.

Nel caso di specie, la Corte con ampia, esauriente e logicamente coerente disamina di tutta la documentazione prodotta in atti, ha fatto buon governo dei criteri ermeneutici del contratto, giungendo correttamente a qualificare giuridicamente i rapporti intercorsi tra le parti e la volontà negoziale versata in atti. Ed infatti con motivazione ampia e scena di vizi logico-giuridici, ha dichiarato che il recesso era legittimo trattandosi di contratto a tempo determinato come previsto dalle parti ed interpretato secondo buona fede. Ha ritenuto che la perduranza del contratto di locazione fosse implicitamente condizionata alla mancata ultimazione della costruzione del nuovo edificio, la quale costituiva una presupposizione della avvenuta stipula.

Ed infatti è principio di questa Corte che in materia contrattuale, affinchè sia configurabile la fattispecie della c.d. “presupposizione” (o condizione inespressa), è necessario che dal contenuto del contratto si evinca l’esistenza di una situazione di fatto, considerata, ma non espressamente enunciata dalle parti in sede di stipulazione del medesimo, quale presupposto imprescindibile della volontà negoziale, il cui successivo verificarsi o venire meno dipenda da circostanze non imputabili alle parti stesse; il relativo accertamento, esaurendosi sul piano propriamente interpretativo del contratto, costituisce una valutazione di fatto, riservata, come tale, al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici (Cass. 20245/2009). Nel caso l’evento certo era individuato appunto dalla conclusione della costruzione della scuola destinata ad accogliere gli istituti utilizzatori del bene della Immobilconsult..

5. Il ricorso incidentale condizionato, con cui Roma Capitale denunciava la Violazione e falsa applicazione del T.U. n. 267 del 2000, artt. 191, 192, 193 e 194, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è assorbito dal rigetto del ricorso principale.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito quello incidentale condizionato; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in complessivi Euro 10.400,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2016

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