Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2062 del 30/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 2062 Anno 2014
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 17370-2008 proposto da:
DANIELI DANIELE nella qualità di titolare della ditta
“Danieli Incisoria di Danieli Daniele” P.I. N.
01853930236, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE
DI VILLA PAMPHILI 59, presso lo studio dell’avvocato
SALAFIA ANTONIO, che lo rappresenta e difende
2013
3485

unitamente all’avvocato DEL GIUDICE UMBERTO, giusta
delega in atti;

ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

Data pubblicazione: 30/01/2014

SOCIALE

C.F.

80078750587

in

persona

del

suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.

Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.,
C.F. 05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA,

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli
avvocati MARITATO LELIO, CALIULO LUIGI, CORETTI
ANTONIETTA, giusta delega in atti;

controri correnti

avverso la sentenza n. 60/2008 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 20/05/2008 R.G.N. 554/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato MARITATO LELIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

R.G. n. 17370/08
Ud. 4 dic. 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

debitore nei confronti dell’INPS di una residua somma a titolo di
contributi previdenziali a seguito della presentazione delle
denunce mensili, ha chiesto di pagare ratealmente il relativo
importo e le conseguenti sanzioni civili.
Accolta la domanda ed estinto il debito, il Danieli, nel
verificare i pagamenti, constatava che l’Istituto, con riguardo alle
sanzioni civili, aveva applicato l’aliquota del 60% prevista dalla
legge n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, lett. b), per l’ipotesi di
evasione contributiva, anziché l’aliquota del 40% prevista dalla
lettera a) dello stesso comma in caso di omissione contributiva.
Ha quindi chiesto all’INPS la restituzione del maggiore importo
pagato, ma tale istanza è stata rigettata dall’Istituto sul rilievo
che, nel presentare l’istanza di dilazione, il Danieli aveva
dichiarato di rinunciare a tutte le eccezioni che potessero influire
sull’esistenza ed azionabilità del credito dell’Istituto.
Il ricorso proposto dal Danieli al Tribunale di Verona per
ottenere la condanna dell’INPS alla restituzione di detto maggiore
importo veniva rigettato e tale decisione è stata confermata dalla
Cotte d’Appello di Venezia con sentenza in data 5 febbraio 2008,
pubblicata il 20 maggio 2008, sulla base delle seguenti
argomentazioni :
– la previsione della rinuncia ad avvalersi dell’azione giudiziaria
non costituiva una clausola vessatoria (art. 1341 cod. civ.),
poiché la caratteristica di tale clausola è quella di favorire il
contraente più forte, che predispone il contratto, mentre nella
specie si trattava di un accordo che prevedeva vantaggi per
entrambe le parti: al debitore era concessa la dilazione del

Il sig. Daniele Danieli, titolare della ditta “Danieli Incisoria”,

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pagamento, al creditore la sicurezza che il recupero dello stesso
non richiedesse iniziative giudiziarie;
– il rigetto della censura relativa alla clausola vessatoria
comportava l’assorbimento della questione concernente l’importo
delle sanzioni civili dovute.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso il

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è articolato in tre motivi, cui fanno seguito i
relativi quesiti di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in
vigore, ma applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.
2. Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa
applicazione dell’art. 1341 cod. civ., il ricorrente deduce che la
domanda di dilazione era contenuta in un modulo a stampa,
predisposto in via generale ed unilaterale dall’INPS, destinato a
regolare una serie indefinita di rapporti, contenente
espressamente la “rinuncia ad ogni eccezione sull’esistenza e

l’azionabilità del credito, nonché ad eventuali giudizi di
opposizione in sede civile”.
Tale clausola era vessatoria e, quindi, priva di effetto, posto
che sanciva a carico del ricorrente decadenze e limitazioni alla
facoltà di opporre eccezioni. Essa avrebbe dovuto essere
approvata dal debitore con doppia firma, una per il contratto e
l’altra per la clausola, con l’indicazione specifica della clausola
approvata, mentre nella specie la seconda firma era stata
apposta in calce ad una dichiarazione (“Il sottoscritto dichiara

altresì di accettare le clausole di cui agli artt. 1284 e 1341 del
Cod. Civ. 1 che non precisava quale fosse la clausola accettata.
3. Con il secondo motivo, denunziando violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., il ricorrente deduce che
la sentenza impugnata ha escluso che si trattasse di una
clausola vessatoria, sul rilievo che le parti avevano stipulato un
accordo che prevedeva vantaggi per entrambe, e cioè la dilazione

sig. Danieli. L’INPS ha resistito con controricorso.

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di pagamento per il debitore e l’inopponibilità di eccezioni per il
creditore.
Ma, così statuendo – aggiunge il ricorrente – la Corte di
merito è incorsa in ultrapetizione, perché l’esistenza di un
accordo del genere, frutto di trattative bilaterali, non era stata
tempestivamente eccepita dall’INPS.

applicazione dell’art. 116, comma 8, lettera a), della legge n. 388
del 2000, il ricorrente sostiene che nella specie non ricorreva
un’ipotesi di evasione contributiva, bensì di omissione
contributiva. Non vi era infatti una intenzione specifica di non
versare contributi o premi o di occultare il rapporto di lavoro in
essere ovvero le retribuzioni erogate, ma si trattava di una
trasmissione tardiva di denunce mensili, alla quale era
applicabile la disciplina sanzionatoria di cui alla lettera a) sopra
citata. Di conseguenza le sanzioni civili dovevano essere calcolate
nella misura meno onerosa prevista da tale ultima disciplina.
5. I primi due motivi, i quali vanno trattati congiuntamente
perché connessi, non sono fondati.
Questa Corte ha più volte affermato che possono
qualificarsi come contratti “per adesione”, rispetto ai quali
sussiste l’esigenza della specifica approvazione scritta delle
clausole vessatorie, soltanto quelle strutture negoziali destinate
a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di
vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che
esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità
indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale
(ove, cioè, predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o
formulari utilizzabili in serie), mentre non possono ritenersi tali i
contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e
con riferimento ad una singola, specifica vicenda negoziale, ed a
cui l’altro contraente possa, del tutto legittimamente richiedere
ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente
apprezzato il contenuto, né, a maggior ragione, quelli in cui il

4. Con il terzo motivo, denunziando violazione e falsa

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negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative
svoltesi tra le parti (Cass. 16 febbraio 2001 n. 2294; Cass. 6
dicembre 2001 n. 15488; Cass. 15 febbraio 2002 n. 2208; Cass.
19 maggio 2006 n. 11757; Cass. 23 maggio 2006 n. 12153).
Nella specie il ricorrente, dopo aver chiesto all’INPS la
determinazione delle sanzioni civili relative ai contributi ancora

sottoscrivendola, senza nulla obiettare circa l’importo delle
sanzioni ed anzi dichiarando di “riconoscere in modo esplicito ed

incondizionato” il debito contributivo.
Non si trattava di un accordo le cui clausole il ricorrente
avrebbe dovuto accettare integralmente o rifiutare, come avviene
nei contratti per adesione. Egli avrebbe potuto contestare
l’ammontare delle sanzioni, procedere ad eventuali trattative o
rilievi prima di presentare l’istanza, richiedere le opportune
modifiche al fine di ottenere condizioni più vantaggiose.
Non era quindi necessaria, ancorchè l’istanza di dilazione
fosse contenuta in un modulo a stampa predisposto dall’INPS, la
specifica approvazione della clausola di rinuncia ad eventuali,
future eccezioni, atteso che si trattava di una vicenda negoziale
che, come osservato dalla Corte di merito, presentava vantaggi
per entrambi le parti: al debitore era concessa la dilazione del
pagamento, al creditore la sicurezza che il recupero dello stesso
non fosse ostacolato da iniziative giudiziarie.
Quanto alla censura contenuta nel secondo motivo, è da
escludere che la Corte di merito, nell’affermare che si trattava di
un “accordo che prevede(va) vantaggi per entrambe le parti”,
abbia reso una pronuncia ultra petitum per non essere stata tale
questione “tempestivamente allegata ed eccepita dall ‘INPS”.
In realtà la sentenza impugnata ha spiegato che non era
necessaria la specifica approvazione scritta della clausola per cui
è controversia, trattandosi di una vicenda negoziale (“accordo”)
che non presentava condizioni vessatorie per il contraente più

dovuti ai fini dell’istanza di dilazione, ha presentato tale istanza,

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debole, avendo il ricorrente prestato liberamente adesione al
contenuto dell’istanza di dilazione predisposta dall’INPS.
A tutto ciò è da aggiungere che la asserita natura vessatoria
della clausola non è tuttora pacifica, avendo l’Istituto affermato
che non ricorreva un’ipotesi di omissione contributiva, bensì di
evasione contributiva, e quindi soggetta alle maggiori sanzioni
6. Il terzo motivo è assorbito dal rigetto dei primi due.
7. Il ricorso in conclusione deve essere rigettato, previa
compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio,
avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie.
P. Q . M .
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del
presente giudizio.
Così deciso in Roma in data 4 dicembre 2013.

determinate dall’Istituto.

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