Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20619 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. I, 19/07/2021, (ud. 02/07/2021, dep. 19/07/2021), n.20619

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25385/2020 proposto da:

B.C., difeso e rappresentato dagli avv. Tiziana Aresi, e

Massimo Carlo Seregni, giusta procura in atti, domiciliato presso la

Cancelleria della I Sezione Civile;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1166/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/07/2021 da Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Milano, con sentenza n. 1166/2020, depositata il 18.05.2020, ha rigettato l’appello proposto da B.C., cittadino della Nigeria, avverso l’ordinanza del 28.12.2018 con cui il Tribunale di Milano ha rigettato la sua domanda finalizzata ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, negato al ricorrente lo status di rifugiato sul rilievo che le sue dichiarazioni non sono state ritenute credibili (il richiedente aveva riferito di essere scappato dal paese d’origine per il timore di essere ucciso dalla setta dei cultisti (OMISSIS), la quale, nel far irruzione nel negozio in cui lavoravano lo stesso e la propria madre, aveva assassinato quest’ultima, mentre il richiedente era riuscito a scappare dalla finestra).

E’ stata rigettata, altresì, la domanda di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), essendo stata ritenuta l’insussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato nella regione dell’Edo State della Nigeria.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non sussistendo una specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione B.C., affidandolo a due motivi.

Il Ministero dell’Interno si è tardivamente costituito in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8.

Lamenta il ricorrente che il provvedimento impugnato non ha valutato il periodo di permanenza dello stesso nel paese di transito (Libia) e le ragioni che lo hanno indotto a fuggire dallo stesso.

2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità ed autosufficienza.

Posto che nella sentenza impugnata non vi è alcun riferimento ad un eventuale soggiorno del richiedente in Libia, né risulta in alcun modo che sia stata sottoposta al giudice d’appello la questione del riconoscimento di una qualunque forma di protezione (internazionale o umanitaria) collegata alla sua esperienza in terra libica, è principio consolidato di questa Corte che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel thema decidendum del precedente grado del giudizio, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass., 17/01/2018, n. 907; Cass., 09/07/2013, n. 17041). Ne consegue che, ove nel ricorso per cassazione siano prospettate questioni non esaminate dal giudice di merito, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, nonché il luogo e modo di deduzione, onde consentire alla S.C. di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass., 13/06/2018, n. 15430).

Nel caso di specie, il ricorrente non ha adempiuto a tale onere di allegazione, non avendo nemmeno allegato di aver sottoposto il tema d’indagine riguardante il suo soggiorno nel paese di transito al giudice d’appello.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e art. 14, lett. c).

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha formulato il giudizio non credibilità dello stesso senza osservare i criteri di cui all’art. 3 Legge cit. e senza tener conto di informazioni precise ed aggiornate riguardanti le condizioni socio-politiche del paese di provenienza.

4. Il motivo è inammissibile.

Va, in primo luogo, osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie, il ricorrente, nel censurare la valutazione di non credibilità effettuata dalla Corte d’Appello, ha apoditticamente dedotto la violazione dei criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, senza una minima illustrazione delle sue ragioni, non confrontandosi minimamente con i precisi rilievi del giudice di merito, che ha evidenziato in modo coerente le incongruenze del suo racconto (non era stato indicato che prima dell’aggressione da parte dei cultisti il ricorrente avesse subito una qualunque forma di pressione per entrare a far parte di tale setta; modalità di fuga dalla finestra alquanto inverosimile).

Non si liquidano le spese di lite in conseguenza dell’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 2 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

 

 

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