Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20618 del 13/10/2016


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Cassazione civile sez. III, 13/10/2016, (ud. 26/02/2016, dep. 13/10/2016), n.20618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22412/2014 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, in persona del Direttore Generale Dott.

S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI

13, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PAOLO PARISI,

rappresentata e difesa dall’avvocato LAURA FIRINU giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M., PREFETTURA PALERMO, MINISTERO DELL’INTERNO

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1771/2014 del TRIBUNALE di PALERMO, depositata

11 26/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/02/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato LAURA FIRINU;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

I FATTI

S.M. assumeva di aver appreso nel (OMISSIS) della avvenuta iscrizione a ruolo di una cartella esattoriale del (OMISSIS) (notificata al debitore in data (OMISSIS), a quanto risulta documentalmente accertato dalla sentenza impugnata) relativa all’omesso pagamento di una sanzione amministrativa, chiedeva ed otteneva di essere ammesso al pagamento rateale provvedendo al pagamento di alcune rate, quindi proponeva azione di accertamento negativo del credito, deducendo l’estinzione per prescrizione del debito dell’Amministrazione risultante dal ruolo.

Il giudice di prime cure accoglieva la domanda.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza n. 1771 del 26 marzo 2014 qui impugnata, non notificata, rigettava l’appello della società di riscossione, dichiarando ammissibile l’impugnazione del ruolo pur in mancanza dell’inizio di una procedura esecutiva a carico dello S. e prescritto il credito.

Riscossione Sicilia s.p.a. propone un motivo di ricorso nei confronti di S.M., della Prefettura di Palermo e del Ministero dell’Interno.

Lo S., regolarmente intimato, non ha svolto attività difensiva.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e degli artt. 2 e 111 Cost..

Il quesito che la ricorrente sottopone alla Corte è se sia ammissibile l’azione di accertamento negativo di un credito dell’amministrazione, il cui titolo esecutivo sia costituito dal ruolo, a prescindere dall’inizio di un procedimento esecutivo da parte dell’amministrazione.

La ricorrente puntualizza che nessun procedimento esecutivo era in corso a carico del privato e che lo S., avendo consultato il ruolo e riscontrato l’iscrizione di una cartella esattoriale risalente ad alcuni anni prima, non aveva contestato l’omessa notificazione della cartella, e aveva invece promosso un’azione di mero accertamento laddove l’impugnazione dell’estratto di ruolo (atto interno dell’amministrazione) è ammissibile solo a mezzo di una opposizione all’esecuzione, ovvero soltanto allorchè l’azione esecutiva sia effettivamente stata intrapresa.

Sostiene la società di riscossione che l’estratto di ruolo, come atto interno all’amministrazione, non può essere impugnato autonomamente e che il debitore, senza aver prima chiesto all’amministrazione l’eliminazione del credito in via di autotutela sgravio), ha trascinato in giudizio la società di riscossione per un credito che questa non aveva neppure tentato di riscuotere.

La società di riscossione rileva che l’azione proposta avrebbe dovuto essere dichiarata carente di interesse ad agire e aggiunge che non si possa azionare la prescrizione in via di azione, al di fuori di una richiesta di pagamento.

Il ricorso è fondato, nei termini di cui in motivazione.

L’interesse ad agire, in termini generali, costituisce una condizione per far valere il diritto sotteso mediante l’azione e si identifica nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non altrimenti conseguibile senza l’intervento chiarificatore del giudice.

Nel caso in esame, al risultato di eliminare il provvedimento afflittivo (la cartella esattoriale ancora iscritta a molo, costituente titolo esecutivo nei suoi confronti) la cui esecuzione a suo avviso non era più esigibile per intervenuta prescrizione del credito dell’amministrazione, il debitore sarebbe potuto giungere attivandosi in via amministrativa, ovvero limitandosi a richiedere lo sgravio, in via di autotutela del credito dell’amministrazione ormai prescritto. Non era necessario percorrere, in difetto di alcuna attività esecutiva da parte dell’amministrazione, la strada dell’azione di accertamento negativo del credito. Avrebbe potuto legittimamente essere oggetto di impugnazione soltanto il provvedimento dell’amministrazione che avesse negato lo sgravio.

Questa affermazione non si pone in contrasto con quanto recentemente affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 19704 del 2015 resa in materia tributaria. Secondo tale pronuncia, il contribuente (non può autonomamente impugnare, per difetto di interesse, il mero estratto di ruolo, mentre può impugnare il titolo esecutivo, cioè il ruolo e) può impugnare la cartella di pagamento della quale – a causa dell’invalidità della relativa notifica – sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario della riscossione senza dover necessariamente attendere la notifica di un atto successivo.

La Corte ha in quella sede precisato che a ciò non osta l’ultima parte del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, in quanto una lettura costituzionalmente orientata impone di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato – impugnabilità prevista da tale norma – non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque venuto legittimamente a conoscenza e quindi non escluda la possibilità di far valere l’invalidità stessa anche prima, giacchè l’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale non può essere compresso, ritardato, reso più difficile o gravoso, ove non ricorra la stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo, rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione.

Nel caso preso in esame dalle Sezioni Unite si affermava la possibilità per il privato contribuente di far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella esattoriale non notificata o invalidamente notificata, della cui esistenza fosse venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di molo rilasciato su sua richiesta.

E’ una tutela anticipatoria, rispetto alla possibilità da sempre riconosciuta di recuperare la possibilità di impugnare l’atto precedente allorchè sia notificato l’atto successivo (che ha fatto esprimere in dottrina il dubbio circa l’introduzione – e la sua eventuale opportunità – di azione di accertamento negativo nel processo tributario).

Essa si giustifica allorchè, prendendo conoscenza del ruolo, il contribuente apprenda per la prima volta dell’esistenza di una cartella esattoriale a suo carico e quindi dell’avvenuta formazione di un titolo esecutivo nei suoi confronti, e gli consente di recuperare gli strumenti di impugnazione avverso la cartella esattoriale che non ha potuto in precedenza utilizzare a causa della invalidità della notifica di essa.

Nulla di tutto ciò si è verificato nel caso in esame.

La corte d’appello ha accertato che la cartella esattoriale era stata a suo tempo regolarmente notificata allo S.. Egli era quindi (o avrebbe potuto essere, il che equivalente) ben a conoscenza della esistenza del credito vantato dall’amministrazione nei suoi confronti, che non aveva tempestivamente opposto (tanto che lo stesso, implicitamente riconoscendo l’esistenza del credito aveva chiesto in un primo momento di essere ammesso ed era stato effettivamente ammesso al pagamento rateale, procedendo al pagamento di alcune rate per poi, in sede di azione di accertamento, eccepire la prescrizione).

L’impugnazione della cartella esattoriale, la cui esistenza risulti da un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione su richiesta del debitore è ammissibile a prescindere dalla notificazione di essa congiuntamente all’estratto di ruolo soltanto se il contribuente alleghi di non aver mai avuto conoscenza in precedenza della cartella per un vizio di notifica, e quindi solo in funzione recuperatoria.

Diversamente opinando, e cioè ammettendo l’azione di mero accertamento del credito risultante dalla cartella o dal ruolo tutte le volte in cui il contribuente si procuri un estratto di ruolo in cui essa sia riportata comporterebbe l’effetto distorto di rimettere in termini il debitore rispetto alla possibilità di impugnare la cartella anche in tutti i casi in cui (come il presente) egli fosse già stato ben a conoscenza, in precedenza, della sua esistenza.

Nel caso sottoposto al nostro esame, il debitore intendeva poi far valere fatti estintivi del credito successivi alla formazione del titolo (in particolare, la prescrizione). Lo strumento a sua disposizione sarebbe stato, a fonte dell’iniziativa esecutiva dell’amministrazione in forza di un credito prescritto, l’opposizione all’esecuzione.

Nel caso di specie, però, nessuna iniziativa esecutiva è stata intrapresa dall’amministrazione. L’impugnazione diretta del ruolo esattoriale da parte del debitore che chieda procedersi ad un accertamento negativo del credito dell’amministrazione ivi risultante deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse non prospettandosi tale accertamento come l’unico strumento volto ad eliminare la pretesa impositiva dell’amministrazione: ben avrebbe potuto infatti il debitore, rivolgersi direttamente all’amministrazione, in via amministrativa, chiedendo l’eliminazione del credito in via di autotutela (il c.d. sgravio). Avendo egli uno strumento per eliminare la pretesa dell’amministrazione a cui far ricorso, ciò rende non percorribile, per difetto di interesse, la proposizione di un’azione di mero accertamento.

Il ricorso proposto va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata e, non essendo necessario alcun accertamento in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto della domanda dello S. per difetto di interesse per i motivi sopra esposti.

La relativa novità della questione induce a dichiarare non ripetibili le spese sostenute dalla ricorrente ed a disporre la compensazione delle spese dei gradi di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel mento, rigetta la domanda di S.M. per difetto di interesse. Dichiara irripetibili le spese del giudizio di cassazione e compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, il 26 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2016

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