Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20615 del 30/09/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 20615 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
PALERMO Rosa (PLR RSO 66H24 H224J), rappresentata

e

difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dagli
Avvocati Domenico Polimeni e Attilio Cotroneo,
elettivamente domiciliato in Roma, via Ludovisi n. 36,
presso lo studio legale del primo;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro

tempore;
– intimato –

Data pubblicazione: 30/09/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro
depositato in data 15 marzo 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10 luglio 2014 dal Consigliere relatore Dott.

sentito l’Avvocato Attilio Cotroneo.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 3 luglio

2012 presso la Corte d’appello di Catanzaro, Palermo Rosa
chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al
pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla
irragionevole durata del processo civile avente ad oggetto
impugnazione di testamento e riduzione per lesione di
legittima, instaurato nel 2002 dinnanzi al Tribunale di
Reggio Calabria, e non ancora definito al momento di
presentazione della domanda;
che l’adita Corte d’appello, considerata ragionevole
una durata di tre anni, essendo il giudizio presupposto
ancora pendente in primo grado, e detratti ulteriori due
anni e sei mesi attribuibili al comportamento dilatorio
delle parti, riteneva che fosse indennizzabile un ritardo
di quattro anni e sei mesi; ritardo in relazione al quale
liquidava un indennizzo di euro 3.750,00, adottando il
criterio di 750,00 euro per i primi tre anni di ritardo e
di 1000,00 per ognuno di quelli successivi;

2

Stefano Petitti;

che per la cassazione di questo decreto, Palermo Rosa
ha proposto ricorso affidato a tre motivi, illustrati da
memoria;
che l’intimato Ministero non ha svolto difese.

della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso la ricorrente
denuncia violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del
2001, dell’art. 6 della CEDU, e dell’art. 81 delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile
e disposizioni transitorie, in relazione all’art. 24
Cost., per avere, l’adita Corte d’appello, scomputato dal
periodo di durata ritenuta irragionevole, due anni e sei
mesi per rinvii invero riconducibili a legittime esigenze
difensive delle parti;
che con il secondo motivo la ricorrente denuncia
violazione degli artt. 91, primo comma, e 92, secondo
comma, cod. proc. civ., per avere l’adita Corte d’appello
compensato parzialmente le spese di lite ravvisandone
“giusti motivi”, e quindi facendo riferimento ad un dato
normativo non più applicabile, in quanto ormai superato
dal nuovo dettato dell’art. 92 cod. proc. civ., il quale
richiede, a fondamento della compensazione, la sussistenza
di “gravi ed eccezionali ragioni”;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione

che con il terzo ed ultimo motivo, la ricorrente si
duole della violazione degli artt. 3 e 24 della
Costituzione, dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, e
dell’art. 6 della CEDU, per avere la Corte d’appello leso

pagamento di parte delle spese pur avendo riconosciuto la
fondatezza della sua pretesa;
che il primo motivo è fondato;
che, infatti, si deve rilevare che, secondo l’ormai
consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, «in
tema di equa riparazione ex lege 24 marzo 2001, n. 89, ai
fini della eventuale ascrivibilità, nell’area della
irragionevole durata del processo, dei tempi
corrispondenti a rinvii eccedenti il termine ordinatorio
di cui all’art. 81 disp. att. cod. proc. civ., la
violazione della durata ragionevole non discende, come
conseguenza automatica, dall’essere stati disposti rinvii
della causa di durata eccedente i quindici giorni ivi
previsti, ma dal superamento della durata ragionevole in
termini complessivi, in rapporto ai parametri, di ordine
generale, fissati dall’art. 2 della legge suddetta. Da
tale durata sono detraibili i rinvii richiesti dalle parti
solo nei limiti in cui siano imputabili ad intento
dilatorio o a negligente inerzia delle stesse, e, in
generale, all’abuso del diritto di difesa, restando

4

il suo diritto alla difesa condannandola, di fatto, al

addebitabili

gli

rinvii

altri

alle

disfunzioni

dell’apparato giudiziario, salvo che ricorrano particolari
circostanze, che spetta alla P.A. evidenziare,
riconducibili alla fisiologia del processo» (Cass. n.

che, nel caso di specie, nell’ambito della motivazione
del decreto impugnato non è ravvisabile alcun riferimento
alla possibile riconducibilità dei rinvii richiesti dalle
parti ad intenti dilatori o a negligente inerzia delle
stesse;
che il primo motivo di ricorso va quindi accolto, con
conseguente assorbimento dei restanti motivi, concernenti
la regolamentazione delle spese di lite;
che, dunque, accolto il primo motivo di ricorso,
assorbiti gli altri, il decreto impugnato deve essere
cassato, con rinvio della causa alla Corte d’appello di
Catanzaro, perché, in diversa composizione, proceda a
nuova valutazione della durata irragionevole del giudizio
presupposto;
che al giudice di rinvio è demandata, altresì, la
regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie primo motivo di ricorso,
il secondo e il terzo;

assorbiti

cassa il decreto impugnato e rinvia

la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione,

5

11307 del 2010; Cass. n. 6868 del 2011);

alla Corte d’Appello

di

Catanzaro,

in diversa

composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

VI – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione,

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