Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20615 del 07/08/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 20615 Anno 2018
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: BELLE’ ROBERTO

ORDINANZA

sul ricorso 5671-2013 proposto da:
MARTINELLI

GIANCARLO

C.F.

MRTGCR49A04H501V,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 2,
presso lo studio dell’avvocato EZIO BONANNI, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in
2018
1411

persona

del

legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA
29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,
rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN,
LUIGI CALIULO, LIDIA CARCAVALLO e ANTONELLA PATTERI,

Data pubblicazione: 07/08/2018

giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 211/2012 della CORTE D’APPELLO

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i
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di ROMA, depositata il 10/03/2012, R. G. N. 637/2011.

R. G. n. 5671/2013

RILEVATO CHE

Martinelli Giancarlo ha proposto ricorso per cassazione, con cinque motivi,
avverso la sentenza n. 211/2012 della Corte d’Appello di Roma che, nel
confermare la pronuncia del Tribunale della stessa sede, ha respinto la sua
domanda di rivalutazione contributiva amianto ai sensi dell’art. 13 L. 257/1992;
il ricorso è stato resistito dall’I.N.P.S. con controricorso ed il Martinelli ha poi

CONSIDERATO CHE

con il primo motivo di ricorso il Martinelli adduce, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c,
la violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di
pronunciare sul motivo di appello con cui egli aveva rappresentato come
l’I.N.P.S. non avesse contestato le sue specifiche deduzioni di primo grado sui
fatti costitutivi della domanda, così come prive di contestazioni erano rimaste le
deposizioni testimoniali e la c.t.u., a suo dire a lui favorevoli;
con il secondo motivo, il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello avrebbe
violato l’art. 13, comma 8, L. 257/1992, gli artt. 3 e 7 del d.m. 17.10.2004,
nonché gli artt. 115 e 116 c.p.c., 2697 c.c. e 191 c.p.c. per avere tenuto conto
solo di alcuni stralci della c.t.u., attribuendo loro un significato opposto a quello
voluto dal consulente e per avere sorvolato su quanto dichiarato dai testimoni, in
ordine all’esistenza di altre fonti di esposizione oltre ai guanti in amianto;
con il medesimo motivo si sostiene altresì che sarebbe stato trascurato quanto
risultante dagli atti di altro processo, riguardante il medesimo sito produttivo e
che non sarebbe stato considerato come fosse sufficiente il raggiungimento di un
rilevante grado di probabilità circa il superamento della soglia di esposizione,
senza contare che la Corte aveva anche omesso di fare uso dei poteri istruttori
utili eventualmente a colmare lacune rispetto all’accertamento della verità
materiale;
con il terzo motivo, rubricato ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., il Martinelli afferma
che la Corte distrettuale avrebbe violato l’art. 416 c.p.c. per non avere
considerato che l’I.N.P.S., nel costituirsi in appello, non avrebbe contestato
specificamente i motivi di gravame da lui addotti;
con il quarto motivo il ricorrente denuncia, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3
c.p.c., la violazione dell’art. 13, comma 8, L. 257/1992, nonché degli artt. 156,
157, 416 e 164 c.p.c. sul presupposto che erroneamente la Corte d’Appello

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depositato memoria illustrativa;

R. G. n. 5671/2013

avrebbe rimarcato l’assenza di deduzioni rispetto alla tipologia di guanti in
amianto utilizzati;
infine il quinto motivo assume la ricorrenza di vizi di motivazione, ai sensi
dell’art. 360 n. 5, con violazione anche dell’art. 132 n. 4 c.p.c., sostenendo che
la sentenza avrebbe concentrato l’attenzione solo sui guanti in amianto, mentre
in causa si era fatto riferimento e risultavano anche varie altre fonti di
esposizione, senza contare che l’utilizzo di guanti in amianto era del tutto certo e

risultava neppure dalle tabelle e consulenze I.N.A.I.L.;
i motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione e
non possono trovare accoglimento;
il ragionamento della Corte distrettuale è nel senso che, secondo quanto valutato
dal c.t.u., l’esposizione del Martinelli per effetto dell’uso di guanti in amianto e
per l’esecuzione di fasciature con materiali in amianto supererebbe la soglia utile
al riconoscimento del beneficio contributivo, ma solo, in esplicitazione di una
riserva manifestata sempre dal c.t.u., se i guanti in amianto utilizzati fossero
stati di un certo tipo (“cartonosi”), che era quello considerato dalle tabelle
I.N.A.I.L. come idoneo a disperdere amianto, in quanto tale da comportare un
effettivo rilascio di fibre nella misura necessaria ad integrare la soglia limite e
cioè fossero

«a forma di manopola ovvero senza la sede per le cinque dita»,

«spesso lunghi fino al gomito» ed in materiale «alquanto grezzo, descritto come
semirigido o cartonoso», tipicamente in uso presso «fonderie o nell’industria
metalmeccanica o nell’industria delle fibre artificiali»;
su tale premessa la Corte conclude quindi che la prova dell’uso di quella specifica
tipologia di guanti in amianto non era stata raggiunta, richiamando sia il fatto
che quella tipologia di guanti (come detto, senza dita e più grossolani) erano
«certamente poco indicati per lo svolgimento di lavori fini quali quelli che si
svolgevano in laboratori di ricerca», sia il fatto che neppure il ricorso introduttivo
conteneva l’indicazione dell’uso di tali specifici guanti;
è intanto chiaro che non ha alcun rilievo l’asserita mancata contestazione
dell’I.N.P.S. rispetto al generico uso di guanti in amianto, in quanto quella che è
mancata è l’affermazione e prova che tali guanti fossero di tipologia tale da
determinare dispersione di fibre, secondo i puntuale rilievi sviluppati sul punto
dal c.t.u. e sopra brevemente riepilogati;
tanto meno ha rilievo il fatto che l’I.N.P.S. in appello si fosse limitato, secondo
quanto asserisce il ricorrente, a difese generiche, in quanto a fronte di una

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che la distinzione, tra essi, di guanti “cartonosi”, quale operata dal c.t.u., non

R. G. n. 5671/2013

sentenza favorevole l’appellato non ha oneri di migliore o specifica contestazione
dei singoli motivi di gravame;
quanto poi al fatto, sostenuto dal ricorrente, che l’I.N.A.I.L. non facesse, nelle
proprie tabelle, quella distinzione tra tipologie di guanti su cui si basa la
decisione impugnata, si osserva che il rilievo non scalfisce la valutazione di
assoluta chiarezza svolta dal giudice del merito, sulla scorta della c.t.u., secondo
cui, per aversi esposizione per rilascio di fibre nella misura di cui alle tabelle

e tipico di aree ad alta temperatura di stabilimenti industriali (non a caso, si
osserva, nella tabelle I.N.A.I.L. riportata a pag. 25 e 30 del ricorso per
cassazione, nelle conclusioni, si parla di «lavoratori addetti a lavorazioni in aree
a caldo»), viceversa non compatibile con lo svolgimento di «lavori fini» (così la
sentenza impugnata), come quelle proprie dei laboratori ove ha lavorato il
Martinelli;
del tutto generico è inoltre il richiamo al mancato esercizio dei poteri istruttori
officiosi, non essendo emerso alcun elemento, anche solo sommario, che potesse
orientare verso l’avvenuta utilizzazione di guanti del tipo di quelli necessari per
individuare un’esposizione oltre soglia;
non è poi vero che il c.t.u. e, con esso, la sentenza che ha acquisito gli esiti, non
abbia esaminato le altre fonti di possibile esposizione ad amianto, in quanto nel
testo dell’elaborato peritale riportato nel ricorso per cassazione sono contenute
specifiche disamine su vari aspetti;
ininfluente è poi il fatto che, in giudizi riguardanti altri addetti della medesima
azienda, possano essere state raggiunte conclusioni peritali e giudiziali diverse,
in quanto ogni processo si basa su una propria ricostruzione fattuale e su
autonomi sviluppi istruttori, che non possono essere tout court inficiati da quanto
avvenuto o concluso in altre cause;
le critiche sviluppate hanno quindi, in gran parte, la sostanza della proposizione
di soluzioni alternative, risolvendosi in inammissibili richieste di revisione delle
valutazioni e del convincimento raggiunti dal giudice di secondo grado, al fine di
ottenere una nuova e diversa pronuncia di merito, il che è certamente estraneo
alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n.
24148);
le altre critiche di natura più strettamente giuridica (mancata valutazione
dell’assenza di contestazione dei fatti da parte dell’I.N.P.S.; mancato esercizio
poteri istruttori etc.) sono a loro volta, sulla base di quanto sopra detto,
infondate;

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I.N.A.I.L., gli indumenti avrebbero dovuto essere di un certo tipo, più grossolano

R. G. n. 5671/2013

in definitiva il ricorso va respinto, con regolazione secondo soccombenza delle
spese del giudizio di legittimità;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente
le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi ed

accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1-quater del d.P.R. n.115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 29.3.2018.

in euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % ed

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