Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20614 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 31/07/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 31/07/2019), n.20614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8735-2016 proposto da:

GHIAIE PONTE ROSSO SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE LIEGI

32, presso lo studio dell’avvocato CLARICH MARCELLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato LONGO FRANCESCO;

– ricorrenti –

contro

PROVINCIA PORDENONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI ANDREA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE COL ANDREA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 389/2015 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 09/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2019 dal Consigliere Dott. CROLLA COSMO.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. La soc. Ghiaie Ponte Rosso srl impugnava, davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone, l’avviso di accertamento /liquidazione Tributo Speciale Deposito in Discarica L. n. 549 del 1995 e L.R. n. 5 del 1997, emesso dall’Amministrazione Provinciale di Pordenone e notificato in data 14/9/2014, per la somma di Euro 25.812,95 di cui Euro 6.249,65 per tributo speciale per deposito in discarica e Euro 18.748,95 per sanzione.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia rigettava l’appello osservando: a) che il potere di definire, con legge regionale, l’ammontare del tributo da versare nelle ipotesi sanzionatorie previste dalla L. n. 549 del 199, art. 3, comma 32, è stato esercitato previa espressa delega alle regioni a statuto speciale prevista dalla stessa L. n. 549 del 1995; b) che il fatto contestato al contribuente andava inquadrato nel deposito incontrollato di rifiuti in zona sottoposta a vincolo paesaggistico sanzionata dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32; c) che poteva ritenersi accertata la natura di rifiuto e non di sottoprodotto del materiale (sfridi di asfalto e terre da scavo) giacente all’interno del terreno di proprietà della soc. Ghiaie Ponte Rosso srl anche alla luce del comportamento serbato dalla contribuente che aveva dato esecuzione all’ordinanza comunale del ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione e smaltimento del quantitativo del materiale per cui è causa.

4. Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente articolando tre motivi. La Provincia di Pordenone si è costituita depositando controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente solleva la questione di costituzionalità della L.R. n. 12 del 2006, art. 4, comma 15, per violazione dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. s) e art. 2 Cost., comma 6, che, a partire dalla riforma del titolo V della Costituzione intervenuta nel 2003, ha assegnato alla competenza esclusiva dello Stato la materia ambientale Si sostiene che la delega alla regione concerne solamente le modalità di versamento del tributo e non la sua quantificazione.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32, e del D.Lgs. n. 36 del 2001, art. 2 per avere la CTR affermato che l’abbandono del materiale si riferiva ad una ipotesi di deposito incontrollato situazione incompatibile con la successiva attività di recupero. E del resto, a dire del ricorrente, non poteva neppure configurarsi l’ipotesi della discarica in quanto la sentenza non faceva riferimento all’abbandono reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi.

1.2 Con il terzo motivo lamenta il ricorrente la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, lett. a), art. 184-bis, nonchè dell’art. 5 della direttiva CEE 1991/156 e 2008/98 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la CTR classificato il materiale, interamente riutilizzato, come “sottoprodotto”, nozione che per espressa previsione di legge non costituisce rifiuto.

2 Va dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L.R n. 12 del 2006, art. 4, comma 15, in relazione all’art. 117 Cost., comma 2, lett. s) e art. 117 Cost., comma 6, sollevata con il primo motivo di impugnaizone.

2.1 La L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32, stabilisce che ” chiunque esercita, ancorchè in via non esclusiva, l’attività di discarica abusiva e chiunque abbandona, scarica o effettua deposito incontrollato di rifiuti è soggetto al pagamento del tributo determinato ai sensi della presente legge e di una sanzione amministrativa pari a tre volte l’ammontare del tributo medesimo. Si applicano a carico di chi esercita l’attività le sanzioni di cui al comma 31. L’utilizzatore a qualsiasi titolo o, in mancanza, il proprietario dei terreni sui quali insiste la discarica abusiva, è tenuto in solido agli oneri di bonifica, al risarcimento del danno ambientale al pagamento del tributo e delle sanzioni pecuniarie ai sensi della presente legge, ove non dimostri di aver presentato denuncia di discarica abusiva ai competenti organi della regione, prima della costatazione delle violazioni di legge. Le discariche abusive non possono essere oggetto di autorizzazione regionale, ai sensi del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, art. 6 “. A sua volta l’art. 3, comma 35, della legge statale precisa che “Le disposizioni dei commi da 24 a 41 del presente articolo costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’art. 119 Cost.. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono con propria legge secondo le disposizioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione” mentre il comma 29 della medesima disposizione legislativa prevede che “L’ammontare dell’imposta è fissato, con legge della regione entro il 31 luglio di ogni anno per l’anno successivo, per chilogrammo di rifiuti conferiti”. La stessa norma determina i limiti minimi e massimi a seconda della natura del tributo e disciplina le modalità di calcolo del tributo. La L.R del Friuli Venezia Giulia, art. 4, comma 15, in esecuzione di quanto previsto dall’art. 3, comma 29, 1.549/1995, fissa la misura dell’imposta in relazione al quantitativo (per chilogrammi) e alla natura dei rifiuti (inerti, non pericolosi) conferiti.

2.2 Alla stregua del complesso normativo sopra passato in rassegna non sussiste la lamentata compromissione della competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale in quanto il tributo speciale è stato istituito e disciplinato dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi da 24 a 40, che ne hanno fissato i presupposti e delimitato le modalità di calcolo rimettendo alla potestà legislativa delle regioni la sola quantificazione in concreto del tributo.

2.3 Secondo il costante orientamento del Giudice delle Leggi “la disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi rientra nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. e), e, di conseguenza, l’esercizio della potestà legislativa delle regioni riguardo a tale tributo è ammesso solo nei limiti consentiti dalla legge statale. Si tratta, infatti, di un tributo che va considerato statale e non già “proprio” della Regione, nel senso di cui al vigente art. 119 Cost., senza che in contrario rilevino nè l’attribuzione del gettito alle regioni ed alle province, nè le determinazioni espressamente attribuite alla legge regionale dalla citata norma statale ” (cfr. sentenza Corte Costituzionale n. 85/ 2017 335/2005)

2.4 Ne consegue che nel ristretto ambito riconosciuto dalla legge statale (fissazione dell’imposta per chilogrammo) alla Regione Friuli Venezia Giulia è consentito legiferare in materia di tutela dell’ambiente riservata ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. s), alla potestà esclusiva dello Stato.

3. Il secondo motivo è infondato.

3.1 La CTR ha qualificato la presenza del quantitativo di materiale rinvenuto dal personale della Guardia Forestale all’interno del terreno di proprietà della ricorrente come deposito incontrollato non assentito da nessuna autorizzazione ed effettuato in zona soggetta a vincolo paesaggistico. Il fatto contestato è espressamente sanzionato dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 32 e pertanto contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente tale disposizione è stata correttamente applicata. La circostanza che i rifiuti siano stati avviati al recupero non è idonea a configurare un deposito temporaneo, in quanto, in tema di gestione dei rifiuti, questa Corte ha più volte ribadito che, per deposito controllato o temporaneo si intende ogni raggruppamento di rifiuti, effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui sono stati prodotti, e nel rispetto delle condizioni dettate dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, con la conseguenza che, in difetto anche di uno dei requisiti normativi, il deposito non può ritenersi temporaneo, ma deve essere qualificato diversamente, a seconda dei casi, (Cass. V Sez. n. 8268/2018 Cass. Sez. 3 Pen. 38676/2014). Il deposito temporaneo, infatti, è soggetto a particolari condizioni, dettagliatamente indicate nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, che riguardano, tra l’altro, anche la qualità e quantità dei rifiuti, nonchè la durata del deposito, rispettate le quali può ritenersi legittimo, altrimenti l’attività rientra in quella di gestione dei rifiuti non autorizzata, penalmente sanzionabile (Cass. Sez. 3 Pen. 49911/2009). Si tratta di figura di carattere “eccezionale” nel panorama della gestione dei rifiuti, sicchè “il giudice deve verificare col massimo scrupolo la sussistenza delle condizioni di legge” (Cass. Sez. 3 Pen. 13808/2001), e si distingue dalle forme di stoccaggio rappresentate dal deposito preliminare (per i rifiuti destinati allo smaltimento) e dalla messa in riserva (per i rifiuti destinati al recupero), rispetto alle quali si pone il problema concernente la necessità delle autorizzazioni, nel caso di specie assenti, come pure evidenziato nella impugnata sentenza

4 Il terzo motivo è inammissibile.

In punto di qualificazione giuridica di rifiuto si legge nell’impugnata sentenza: “quanto all’altro aspetto sollevato dalla ricorrente e, cioè, che il materiale rinvenuto, in quanto sottoprodotto, non apparterebbe alla categoria di rifiuto giuridicamente inteso, anche perchè la stessa non aveva nessuna intenzione di disfarsene, è sufficiente rilevare quanto segue. Invero, come sottolinea la difesa della resistente, in tema di sottoprodotti, per escluderli dal campo di applicazione della parte quarta del D.Lgs. n. 152 del 2006, è necessario che i materiali da scavo siano ricavati sul posto e che il gestore sia in possesso dei titoli edilizi previsti dal D.Lgs., art. 186, comma 5 del sitato per il loro riutilizzo. Su entrambe queste ultime condizioni l’appellante non ha mai preso posizione salvo affermare genericamente a pag. 11 dell’atto di appello che “il materiale ricavato dalla demolizione è stato direttamente riutilizzato senza trattamento- la pennellatura, in particolare, è stata impiegata nel cantiere in questione per la cui esecuzione non necessari titoli edilizi. Tale assunto, non solo, non è suffragato da alcun riscontro probatorio, ma è contraddetto dalla stessa società che con la nota del 20.11.2009 (doc. 5 fasc 1 grado..) ha comunicato – di aver dato esecuzione all’Ord. Comunale 22 ottobre 2009, n. 82 … di ripristino dello stato dei luoghi, mediante rimozione e smaltimento dei rifiuti non pericolosi per cui è causa. -di aver completamente rimosso e condotto all’interno dell’impianto di recupero di rifiuti speciali non pericolosi, situato in (OMISSIS), il quantitativo per cui è causa. Orbene se-come sostiene la società ricorrente- si fosse in presenza di sottoprodotti o di materia prima secondaria, non si comprende la ragione per cui tale materiale sia stato dalla stessa società trasferito presso un impianto di recupero di rifiuti speciali, tanto più per la considerazione che le rimessione in pristino delle aree soggette a vincolo paesaggistico estingue il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1-quinquies, di cui all’evidenza – la società quindi era ben consapevole. Infine, deve essere sottolineato che, come emerge dalla nota della provincia …. l’attività di recupero i cui al D.M. 5 febbraio 1998, punto 7.6 del e s.m.i. per la realizzazione rilevati e sottofondi stradali, si completa con l’impiego dei rifiuti in tali interventi con la conseguenza che i depositi di rifiuti realizzati al di fuori delle aree individuate nella comunicazione, ovvero in aree in aree ove non sono impiegate direttamente per la formazione di rilevati e sottofondi stradali, devono considerarsi in contrasto con la normativa di settore in materia di recupero di rifiuti””

4.1 Il motivo del ricorso formulato come violazione o falsa applicazione di legge afferma la qualità di sottoprodotto del materiale abbandonato con giudizi e valutazioni che si contrappongono all’accertamento di fatto compito dalla CTR insindacabile in sede di legittimità se non per vizio motivazionale nei ristretti limiti consentiti dall’attuale 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

5. Ne consegue il rigetto del ricorso.

6 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 2.500 oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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