Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20614 del 07/08/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 20614 Anno 2018
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA

sul ricorso 2818-2013 proposto da:
TOPPARELLI

GIUSEPPINA

C.F.

TPPGPP44A65M149W,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI
36, presso lo studio dell’avvocato MARIA ELENA LORETI,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FRANCO VAMPA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2018
1397

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587, in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Data pubblicazione: 07/08/2018

Avvocati ELISABETTA LANZETTA, CHERUBINA CIRIELLO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 213/2012 della CORTE D’APPELLO

di TRIESTE, depositata il 08/08/2012 R.G.N. 30/2010.

R.G. 2818/2013

RILEVATO CHE
1. con sentenza in data 8 agosto 2012, la Corte di Appello di Trieste
ha riformato la sentenza di primo grado e, per l’effetto, ha rigettato la

quale ex dipendente INPS e di pensione di reversibilità quale vedova di
magistrato ordinario, per l’erogazione dell’indennità integrativa speciale
anche sulla pensione diretta goduta;
2. riteneva la Corte di merito che lo stesso soggetto, titolare di più pensioni,
comprese quelle nelle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive,
integrative, esclusive o esonerative dell’assicurazione generale, non
poteva fruire su più di una pensione di quote aggiuntive o
dell’incremento dell’indennità integrativa speciale o di ogni altro analogo
trattamento collegato al costo della vita;
3. avverso tale sentenza Topparelli Giuseppina ha proposto ricorso,
ulteriormente illustrato con memoria, affidato a tre motivi, al quale ha
opposto difese l’INPS con controricorso;

CONSIDERATO CHE
4.

con i motivi di ricorso la sentenza impugnata è censurata per avere
negato il riconoscimento dell’indennità integrativa speciale o comunque
del trattamento collegato al costo della vita anche sulla pensione diretta
goduta, pensione, peraltro, asseritamente non soggetta alle regole
dell’ago in quanto erogata dal Fondo INPS;

5.

ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

6.

quanto al denunciato error in procedendo per violazione degli artt.
412,434, 112 cod.proc.civ., nel vigore della formulazione dell’art. 342
c.p.c. precedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 83 del 2012, art.
54 (conv. con L. n. 134 del 2012), applicabile ratione temporis, questa
Corte ha adottato un orientamento restrittivo, secondo il quale, in
considerazione della qualificazione del giudizio di appello in termini di
revisio prioris instantiae, piuttosto che come novum iudicium dotato di
effetto devolutivo generale e illimitato, il canone della specificità del

1

domanda svolta da Topparelli Giuseppina, titolare di pensione diretta

motivi richiede non solo l’individuazione delle statuizioni concretamente
impugnate e dei limiti dell’impugnazione, ma altresì l’esposizione delle
ragioni dirette a confutare in fatto e in diritto le motivazioni che
sorreggono la decisione di primo grado, per modo che il richiamo alle
argomentazioni addotte a sostegno della domanda o dell’eccezione
disattesa dal primo giudice, va correlato all’eventualità che esse

logico-giuridico della decisione concretamente adottata, dovendo invece
concludersi per l’inammissibilità dell’appello che, senza neppure
menzionare per sintesi il contenuto della prima decisione, risulti
totalmente avulso dalla censura di quanto affermato dal primo giudice e
si limiti ad illustrare la tesi giuridica già esposta in primo grado (v., per
tutte, Cass. 30 giugno 2016, n. 13463 ed i precedenti ivi richiamati);
7.

tenuto conto dei predetti principi non si ravvisa la denunciata
inammissibilità del gravame svolto dall’INPS,

incentrato sul

superamento del trattamento minimo di entrambe le pensioni godute e
il diritto a godere di una sola indennità integrativa speciale sulla
pensione di reversibilità;
8.

tanto premesso, come già ritenuto in numerosi precedenti di questa
Corte (v., fra le altre, Cass. 8 ottobre 2015, n. 20169), deve ribadirsi il
principio di diritto affermato dalle Sezioni unite di questa Corte, a
componimento di un contrasto di giurisprudenza: «La L. n. 843 del
1978, art. 19, comma 1, in relazione alla disciplina di adeguamento al
costo della vita delle pensioni dell’assicurazione generale obbligatoria
fondata sulla corresponsione di quote aggiuntive (cosiddette quote fisse)
di importo uguale per tutte le pensioni, di cui alla L. n. 160 del 1975,
art. 10, ha escluso, a decorrere dal primo gennaio 1979, che lo stesso
soggetto, se titolare di più pensioni, comprese quelle delle gestioni
obbligatorie di previdenza sostitutive, integrative, esclusive o
esonerative dell’assicurazione generale, possa fruire su più di una
pensione di tali quote aggiuntive, o dell’incremento dell’indennità
integrativa speciale, o di ogni altro analogo trattamento collegato con il
costo della vita. Ne consegue l’applicazione di tale regola anche nel caso

2

contengano già l’esposizione di ragioni idonee a incrinare il fondamento

di titolarità di una pensione dell’assicurazione generale obbligatoria e di
una pensione dello Stato e, in tal caso, al pensionato, come precisa il
secondo comma del citato art. 19, continua a corrispondersi l’indennità
integrativa speciale inerente alla pensione statale e non spettano,
invece, le quote aggiuntive sulla pensione dell’assicurazione generale
obbligatoria corrisposta dall’Inps (v. Cass., Sez. U, 23 ottobre 2008,

9.

sulla portata generale del divieto di cumulo, estesa – pur con i correttivi
apportati dal Corte cost. nn. 494 del 1993 e 197 del 2010, che qui però
non rilevano – anche ai trattamenti pensionistici erogati dall’INPS ai
propri ex dipendenti questa Corte già si è pronunciata in altre occasioni
(v., fra le altre, Cass. 27 settembre 2006, n. 18966 ed i precedenti ivi
richiamati);

10. infine, la richiamata decisione di questa Corte, n.18966 del 2016, ha
ribadito che in presenza di una pluralità di trattamenti pensionistici, l’art.
15, comma 3, della I. n. 724 del 1994 – come già rilevato dalla Corte
Cost. nella sentenza n. 197 del 2010 – ha confermato il carattere
accessorio delle indennità integrative speciali sulle pensioni liquidate in
epoca anteriore al 10 gennaio 1995 ed il conseguente assoggettamento
dei titolari di più pensioni, tutte anteriori a tale data, ai limiti relativi al
cumulo delle indennità stesse, posti dall’art. 99, comma 2, del d.P.R. n.
1092 del 1973; nè può ritenersi che l’abrogazione del comma 5 dello
stesso articolo 15, da parte dell’art. 1, comma 776, della I. n. 296 del
2006, consenta l’integrazione al trattamento minimo su due prestazioni,
in quanto il carattere accessorio dell’indennità integrativa speciale
corrisposta sulle pensioni liquidate prima del 1995 non è ascrivile alla
disposizione suddetta, abrogata solo in quanto divenuta incompatibile
con la regola posta dall’art. 1, comma 41, della I. n. 335 del 1995, come
autenticamente interpretata dall’art. 1, comma 774, della I. n. 296 del
2006;
11. la sentenza impugnata è risultata, pertanto, immune da censure;
12. le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza

3

n.25616);

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.500,00
per compensi professionali, oltre quindici per cento spese generali e altri
accessori di legge.

Così deciso nella Adunanza camerale del 29 marzo 2018

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