Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2061 del 05/02/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 2061 Anno 2015
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso 27375-2008 proposto da:
CACCETTA GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA BARNABA TORTOLINI,
dell’avvocato

13,

GIANGUIDO

presso

lo

PORCACCHIA,

studio
che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALDO
FERRARI giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2014
1387

contro

CHECCHI FRANCA CHCFNC44P49H507B,

GUERRI DORIANA

GRRDRN59P55H501X in qualità di erede di GUERRI
ALBERTO, GUERRI CLAUDIO GRRCLD62H08H501C in qualità

1

Data pubblicazione: 05/02/2015

di erede di GUERRI ALBERTO,

VOZZA FRANCESCA

VZZFNC30C49E958P, BERNASCONI ANNA MARIA
BRNNMR54L47H501R in qualità di erede di BERNASCONI
VELIO, BERNASCONI GIOVANNA BRNGNN64M81H501J in
qualità di erede di BERNASCONI VELIO, CIANNAMEA

ALBERTO, BRUNELLI MARCELLO BNRNCL36D15E256Y, VALIANTE
PIETRO VLNPTR46MD5E381W, CALVELLI IVANO
CLVVNI46R25H5010, FERRARA FRANCO FRRFNC42P17F104H,
BERNASCONI CECILIA BRCCL65T46H501Y in qualità di
erede di BERNASCONI VELIO, FRANCI VILMA
FRNVLM37P49G716M, SCARCELLO GIUSEPPE
SRCGPP41B04Z315H, GRILLO MAURIZIO GRLMRZ42D27H5011,
NARDINI GIULIANA NRDGLN46D63M501S, VALBOA ANNA MARIA
VLBNMR48R71N501R, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato
RITA GRAZIA DELLA LENA, che li rappresenta e difende
giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

ROSSI GIANCARLO quale erede di CACCETTA ANNA;
– intimato –

Nonché da:
ROSSI GIANCARLO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CLAUDIO MONTEVERDI 15, presso lo studio
dell’avvocato AGATI FRANCESCO, che lo rappresenta e

2

ANGELA CNNNGL34E45F284L in qualità di erede di GUERRI

difende unitamente all’avvocato FRANCESCO LEONARDI
giusta procura a margine del controricorso e ricorso
incidentale;
– ricorrente incidentale contro

GUERRI DORIANA

GRRDRN59P55H501X in qualità di erede di GUERRI
ALBERTO, GUERRI CLAUDIO GRRCLD62H08H501C in qualità
di erede di GUERRI ALBERTO,

VOZZA FRANCESCA

VZZFNC30C49E958P, BERNASCONI ANNA MARIA
BRNNMR54L47H501R in qualità di erede di BERNASCONI
VELIO, BERNASCONI GIOVANNA BRNGNN64M81H501J in
qualità di erede di BERNASCONI VELIO, CIANNAMEA
ANGELA CNNNGL34E45F284L in qualità di erede di GUERRI
ALBERTO, BRUNELLI MARCELLO BNRNCL36D15E256Y, VALIANTE
PIETRO VLNPTR46MD5E381W, CALVELLI IVANO
CLVVNI46R25H5010, FERRARA FRANCO FRRFNC42P17F104H,
BERNASCONI CECILIA BRCCL65T46H501Y in qualità di
erede di BERNASCONI VELIO, FRANCI VILMA
FRNVLM37P49G716M, SCARCELLO GIUSEPPE
SRCGPP41B04Z315H, GRILLO MAURIZIO GRLMRZ42D27H5011,
NARDINI GIULIANA NRDGLN46D63M501S, VALBOA ANNA MARIA
VLBNMR48R71N501R, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato
RITA GRAZIA DELLA LENA, che li rappresenta e difende
giusta procura speciale a margine del controricorso;

3

CHECCHI FRANCA CHCFNC44P49H507B,

- controricorrenti all’incidentale nonchè contro

CACCETTA GIUSEPPE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1457/2008 della CORTE

4306/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/05/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato GUIDO PORCACCHIA;
udito l’Avvocato RITA GRAZIA DELLA LENA;
udito l’Avvocato FRANCESCO LEONARDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, assorbito
l’incidentale condizionato;

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D’APPELLO di ROMA, depositata il 07/04/2008, R.G.N.

I FATTI

Il Tribunale di Roma, con sentenza passata in giudicato, accolse
la domanda proposta da 13 condomini dello stabile sito in Roma
alla via Quintilio Varo nei confronti della società Sevar e dei
suoi liquidatori, Anna e Giuseppe Caccetta, dichiarandone il

diritto di utilizzare come parcheggio l’area vincolata con atto
d’obbligo del gennaio 1968 e condannando i convenuti al
risarcimento dei danni per il mancato uso di scopo del bene, da
liquidarsi in separato giudizio.
Il giudice di primo grado respinse la domanda risarcitoria
introdotta all’esito del primo giudizio dagli attori per carenza
di una prova rigorosa del danno, escludendone la possibilità di
una valutazione in via equitativa.
La Corte di appello di Roma rigettò il gravame proposto dai
condomini soccombenti.
Questa Corte, accogliendone il ricorso, cassò la sentenza del
giudice di appello per vizio di motivazione, indicando al giudice
del rinvio, quale necessario

thema decidendum,

la nuova e più

approfondita valutazione della documentazione prodotta dai
ricorrenti e, se non ritenuta esauriente, l’ammissione della
prova per testi richiesta dagli attori in prime cure.
Il giudice di rinvio, dopo aver provveduto all’incombente,
all’esito di una disposta CTU ha accolto la domanda risarcitoria.
La sentenza è stata impugnata da Giuseppe Caccetta con ricorso
per cassazione sorretto da 2 motivi di censura illustrati da
memoria, e da Giancarlo Rossi in qualità di esecutore

5

/

.

testamentario

di

Anna

Caccetta

con

ricorso

incidentale

condizionato anch’esso illustrato da memoria.
Resistono i condomini dello stabile con controricorso parimenti
illustrato da memoria, resistendo poi con controricorso al detto
ricorso incidentale condizionato.

Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo,

si denuncia

omessa,

insufficiente e

contraddittoria motivazione su di un fatto controverso e decisivo
per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c..
Si lamenta una contraddittoria e insufficiente argomentazione
della sentenza impugnata in ordine alla controversa e decisiva
questione della determinazione del danno patito singolarmente dai
vari attori per la mancata utilizzazione dell’area condominiale.
La censura è priva di pregio.
Essa si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale
adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che
il riesame e la rivalutazione della documentazione prodotta dagli
attori, l’indagine testimoniale e la conseguente determinazione
del danno patito singolarmente da ciascuno di essi all’esito di
una disposta CTU rientrassero nei compiti demandatigli dal
giudice di legittimità in sede di annullamento della prima
decisione di appello, che aveva immotivatamente rigettato la
richiesta risarcitoria degli odierni resistenti.
Alla luce di tale premessa, la stessa CTU disposta in sede di
rinvio appare del tutto legittima, così come del tutto

6

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

legittimamente i criteri adottati dal perito al fine di pervenire
ad una dettagliata analisi delle singole posizioni dei condomini
sono stati esaminati e fatti propri dalla Corte territoriale che,
con motivazione scevra da qualsivoglia vizio logico-giuridico, ha
poi proceduto alla relativa liquidazione.

veste di denuncia di un decisivo difetto di motivazione si
risolve, nella sostanza, in una richiesta (ormai doppiamente
inammissibile, alla luce del

dictum

di annullamento reso da

questa Corte di legittimità) di rivisitazione di fatti e
circostanze come definitivamente accertati in sede di merito. Il
ricorrente, difatti, lungi dal prospettare a questa Corte un
vizio della sentenza rilevante sotto il profilo di cui all’art.
360 n. 5 c.p.c., si volge piuttosto ad invocare una diversa
lettura delle risultanze procedimentali così come accertare e
ricostruite dalla corte territoriale, muovendo all’impugnata
sentenza censure del tutto inaccoglibili perché la valutazione
delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra
esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula
un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice
di merito il quale, nel porre a fondamento del proprio
convincimento e della propria decisione una fonte di prova con
esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione
circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e
logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che
quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza

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Nel suo complesso, la censura, pur formalmente abbigliata in

essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola
risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione
difensiva. E’ principio di diritto ormai consolidato quello per
cui l’art. 360 n. 5 del codice di rito non conferisce in alcun
modo e sotto nessun aspetto alla corte di Cassazione il potere di

converso, il solo controllo – sotto il profilo logico-formale e
della conformità a diritto – delle valutazioni compiute dal
giudice d’appello, al quale soltanto, va ripetuto, spetta
l’individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando
le prove (e la relativa significazione), controllandone la logica
attendibilità e la giuridica concludenza, scegliendo, fra esse,
quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione
(salvo i casi di prove cd. legali, tassativamente previste dal
sottosistema ordinamentale civile). Il ricorrente, nella specie,
pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della
sentenza di secondo grado, inammissibilmente (perché in contrasto
con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di
legittimità) sollecita a questa Corte una nuova valutazione di
risultanze di fatto (ormai cristallizzate

quoad effectum)

sì come

emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così
mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del
giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado
di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il
contenuto, ormai cristallizzato, di fatti storici e vicende
processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o

8

riesaminare il merito della causa, consentendo ad essa, di

di quella ricostruzione procedimentale, quanto ancora le opzioni
espresse dal giudice di appello – non condivise e per ciò solo
censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più
consone ai

propri

desiderata -,

quasi che nuove istanze di

fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora

Con il secondo motivo,

si denuncia

violazione e falsa

applicazione delle norme e dei principi in tema di risarcimento
del danno e del relativo onere della prova, nonché in tema di
consulenza tecnica di ufficio e di valutazione equitativa del
danno, in particolare in relazione agli artt. 2043, 1223, 1226,
2697 c.c., nonché 61, 191 e ss. c.p.c. in relazione all’art. 360
n. 3 c.p.c..
La censura è corredata dai seguenti quesiti di diritto, con i
quali si chiede alla Corte di affermare:
a) Se il danno la cui risarcibilità è stata definitivamente

pronunciata in relazione all’impedimento frapposto all’esercizio
della servitù di parcheggio su area comune non attrezzata può
essere liquidato integrando le carenze istruttorie e probatorie
degli atti facendo ricorso ad una consulenza tecnica che a sua
volta si basa su criteri presuntivi ed equitativi (tariffa FADANI)
e in relazione a generici tariffari riferiti a parcheggi
organizzati e custoditi, a fronte dell’accertato difetto di
elementi di prova (quali ad esempio il tipo di vettura posseduto
dagli attori e la documentazione attestante i costi dagli stessi
effettivamente e concretamente sostenuto) essenziali ai fini

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legittimamente proponibili dinanzi al giudice di legittimità.

della determinazione delle singole prestazioni risarcitorie
dovute;
b) Se integra violazione dell’art. 2697 c.c. che il danno sia stato
liquidato, in difetto del rigoroso assolvimento dell’onere della
prova, in base al riferimento ad un maggior deprezzamento

mancanza di prova da parte degli attori di quale tipo di
automobile possedessero – nonché in relazione ad un maggior
rischio di danneggiamento,

rischio mai divenuto attuale

riferendosi ad un periodo antecedente al 1992;
c) Se è risarcibile un potenziale rischio di danneggiamento riferito
agli anni precedenti al giudizio che non sia sfociato in un danno
effettivo;
d) Se il danno possa essere liquidato secondo criteri presuntiviequitativi laddove – come nella specie – non sia impossibile o
particolarmente difficile per la parte attrice provare il danno
nel suo preciso ammontare.
Il motivo è – prima ancora che totalmente infondato nel merito
per le medesime considerazioni svolte con riguardo alla censura
che precede – inammissibile in rito.
Sul al tema del cd. “quesito multiplo”, quale quello di specie,
questa Corte ha più volte evidenziato come debba ritenersi
inammissibile il quesito formulato in termini tali da richiedere
una previa attività interpretativa della Corte, come accade
nell’ipotesi in cui sia proposto un quesito multiplo, la cui
formulazione imponga alla Corte di sostituirsi al ricorrent

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dell’autoveicolo non parametrato ad un concreto veicolo – in

mediante una preventiva opera di semplificazione, per poi
procedere alle singole risposte che potrebbero essere tra loro
diversificate

(Cass. 29 gennaio 2008, n. 1906; 29 febbraio 2008,

n. 5471; 23 giugno 2008, n. 17064).
Ebbene, i quesiti formulati dalla difesa ricorrente appartengono,
species facti

(in senso

ulteriormente specificativo, Cass. 14 giugno 2011, n. 12950,
stabilisce che va qualificato come quesito multiplo

quello che

sia formulato in modo tale da rendere necessaria una molteplicità
di risposte da parte della Corte, e tale altresì che le relative
risposte risultino tra loro differenziate).
Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente assorbimento di
quello incidentale condizionato.
La disciplina delle spese segue il principio della soccombenza.
Liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale,
assorbito quello incidentale condizionato,

e condanna il

ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
che si liquidano in complessivi euro 5200, di cui 200 per spese.
Così deciso in Roma, li 28.5.2014

incontrovertibilmente, a tale

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