Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20606 del 30/09/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 20606 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 4693-2012 proposto da:
LEPORATTI SANDRA C.F. LPRSDR68C47G702Q, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
LALLI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
2488

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio

Data pubblicazione: 30/09/2014

dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 362/2011 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 11/08/2011 R.G.N. 1146/2006;

udienza del 10/07/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
PESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per:
in via principale inammissibilità, in subordine
rigetto.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. 4693/2012

IP

FATTO E DIRITTO
Con sentenza in data 6-12-2000 il Giudice del lavoro del Tribunale di Pisa
rigettava la domanda proposta da Sandra Leporatti nei confronti della s.p.a.

apposto al contratto di lavoro intercorso tra le parti per il periodo 30-81997/30-9-1997 per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
assenze per ferie”, con le pronunce conseguenziali.
La Leporatti proponeva appello e la società resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 557 depositata il 3-102002, in accoglimento dell’appello, dichiarava la nullità del termine apposto al
contratto de quo, con la conseguente sussistenza di un rapporto a tempo
indeterminato, e condannava la società al pagamento delle retribuzioni
maturate dal 30-9-1997 oltre accessori di legge nonché “alla relativa copertura
contributiva”.
Avverso tale sentenza la società proponeva ricorso per cassazione e la
Leporatti resisteva con controricorso.
Con sentenza n. 26679 del 6-12-2005, la Corte di Cassazione accoglieva il
ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Corte di Bologna.
Con ricorso del 5-12-2006 la Leporatti riassumeva il giudizio instando, in
accoglimento dell’appello proposto, per la riforma della sentenza di primo
grado.
La società si costituiva chiedendo il rigetto del gravame e la condanna
della controparte a restituire le somme percepite in forza della sentenza di
secondo grado.
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Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine finale

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza depositata 1’11-8-2011,
respingeva l’appello proposto avverso la pronuncia di primo grado e
compensava le spese dell’intero giudizio.
Per la cassazione di tale sentenza la Leporatti ha proposto ricorso con due

La società ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Ciò posto, va rilevato che con il primo motivo, denunciando vizio di
motivazione sul fatto costituito dall’osservanza dell’onere di allegazione sul
mancato rispetto della clausola di contingentamento, la ricorrente deduce di
aver fornito al riguardo una “allegazione sufficientemente specifica” e lamenta
che la sua domanda sarebbe stata di fatto “appesantita da oneri di deduzione
impossibili da attuare”. Peraltro la ricorrente evidenzia che una volta eccepita
la violazione della clausola di contingentamento con riferimento al contratto a
termine per cui è causa, era comunque onere di controparte provare il contrario.
Con il secondo motivo, sempre con riferimento al difetto di allegazione
ritenuto dalla Corte di rinvio, denunciando violazione degli artt. 414 e 112
c.p.c., la ricorrente lamenta che la detta Corte avrebbe “ampliato a dismisura” il
contenuto dell’onere di allegazione, “imponendo una specificazione di
“eccedenza” ulteriore rispetto a quella che emergeva dal ricorso introduttivo”.
Entrambi i motivi, che in quanto strettamente connessi possono essere
trattati congiuntamente, non meritano accoglimento.
Come è stato più volte affermato da questa Corte (v. Cass. 14-6-2006 n.
13719, Cass. 3-2-2009 n. 2606), “in caso di ricorso per cassazione avverso la
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motivi.

sentenza del giudice di rinvio fondato sulla deduzione della infedele esecuzione
dei compiti affidatigli con la precedente pronuncia di annullamento, il
sindacato della S.C. si risolve nel controllo dei poteri propri del suddetto
giudice di rinvio, per effetto di tale affidamento e dell’osservanza dei relativi

per violazione di norme di diritto ovvero per vizi della motivazione in ordine a
punti decisivi della controversia, in quanto, nella prima ipotesi, egli è tenuto
soltanto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato nella sentenza di
cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei
fatti, già acquisiti al processo, mentre, nel secondo caso, la sentenza
rescindente – indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà della
motivazione – non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti
indicati, da considerarsi come isolati dal restante materiale probatorio, ma
conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente
quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della
prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento”.
Orbene, nella fattispecie questa Corte, con la sentenza n. 26679 del 2005,
nel cassare la sentenza della Corte d’Appello di Firenze n. 557 del 2002, in
accoglimento dell’unico motivo, proposto dalla società ricorrente, di violazione
delle norme di diritto indicate, sul punto che qui interessa ha così disposto:
“Quanto al mancato superamento della percentuale massima del 10%, è la
stessa sentenza impugnata a riferire che il giudice di primo grado aveva
escluso che le Poste dovessero comprovarla, in difetto di specifiche allegazioni
della lavoratrice. È quindi erronea anche su questo punto la decisione,
confondendo l’onere di allegazione, che è funzionale alla delimitazione del
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limiti, la cui estensione varia a seconda che l’annullamento stesso sia avvenuto

tema controverso, con l’onere della prova; onere di allegazione
particolarmente incisivo nella fattispecie, trattandosi non soltanto di dedurre il
superamento complessivo della percentuale delle assunzioni a termine, ma
anche che “eccedente” fosse proprio il contratto controverso, così imponendo

limite, e le conseguenze previste per il suo inadempimento. Nessuna indagine
sulla specificità delle allegazioni, nel senso precisato, è stata svolta dalla
sentenza.”
La Corte di Bologna, preso atto di tale dictum caratterizzato da un onere di
allegazione “particolarmente incisivo nella fattispecie”, ha accertato che la
Leporatti ha dedotto soltanto genericamente “il superamento complessivo della
percentuale delle assunzioni a termine”, “ma non anche, come sarebbe stato
necessario (v. la decisione rescindente), che ad essere “eccedente” era proprio
il contratto de quo.”
Tale decisione, del tutto conforme al principio di diritto e al dictum della
sentenza rescindente ed altresì congruamente motivata (vedi pag. 11 della
sentenza con i richiami alle testuali allegazioni), resiste alle censure della
ricorrente, le quali, a ben vedere, sono, in sostanza, in gran parte, rivolte contro
la sentenza rescindente (che non può essere messa in discussione in questa
sede) piuttosto che contro la sentenza di rinvio.
Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della
soccombenza, va condannata al pagamento, in favore della società
controricorrente, delle spese come liquidate in dispositivo, con le spese
generali al 15% e gli accessori di legge.
P.Q.M.
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l’indagine in ordine alla consistenza negoziale dell’obbligo di rispettare il

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla
controricorrente le spese, liquidate in euro 100,00 per esborsi e euro 3.000,00
per compensi professionali, oltre spese generali e accessori di legge.

Roma 10 luglio 2014

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