Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20603 del 07/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/10/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 07/10/2011), n.20603

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – rel. Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

C.R., C.F., elettivamente domiciliati in ROMA

VIA ALESSANDRIA 119, presso lo studio dell’avvocato CICCHIELLO

FRANCO, rappresentati e difesi dall’avvocato RUBINO FRANCESCO, giusta

delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 393/2006 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 23/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2011 dal Presidente e Relatore Dott. MARCO PIVETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Come viene riferito nel ricorso dell’Agenzia delle entrate (iscritto al n. 32121 del 2007), con avviso di accertamento IRPEF 1996, l’Ufficio IVA di Latina contestò “alle controparti”, sulla base di un processo verbale di contestazione in data 29 settembre 2000, l’omessa contabilizzazione di ricavi per L. 76.645.000, e, sulla base di un processo verbale di contestazione del 18 dicembre 1993, l’indebita deduzione di costi per L. 10.455.000, accertando un maggior reddito di impresa per L. 105.011.000 e recuperando la relativa imposta con i dovuti interessi. Da quest’ultimo verbale della Guardia di finanza emergeva infatti che erano stati dedotti costi relativi a beni (un veicolo targato (OMISSIS), un condizionatore d’aria, altro automezzo) non iscritti nel registro dei beni ammortizzabili ovvero spese di rappresentanza dedotte per intero anzichè per un terzo. Dal verbale del settembre 2000, invece, risultava l’utilizzazione di quattro conti correnti bancari dai quali emergevano versamenti per L. 8.046.863.612 a fronte di ricavi dichiarati per L. 7.001.230.041 nonchè prelevamenti per L. 8.415.213.594 a fronte di acquisti dichiarati per L. 7.159.659.063.

L’inattendibilità delle scritture contabili era confermata dal fatto che nelle stesse tutti i movimenti erano annotati come eseguiti in contanti. I beneficiari dei versamenti suddetti e coloro che risultavano aver effettuato versamenti sui conti correnti bancari della ditta Cerreto avevano affermato che si era trattava o di prestiti, o rimborsi o di cambio assegni, senza fornire prove al riguardo. L’ispezione aveva portato al sequestro o all’acquisizione di scritture extracontabili relative alla fornitura senza fattura di prodotti petroliferi a determinati clienti.

I contribuenti proposero tre ricorsi in data 15 gennaio 2001 alla Commissione tributaria provinciale di Latina deducendo l’illegittimità dell’acquisizione delle prove sulle quali l’accertamento si basava, la violazione del diritto di difesa “in quanto l’accertamento citava anche un altro processo verbale notificato il 18 dicembre 1998 e non meglio identificato; difetto di motivazione; violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7;

infondatezza nel merito della pretesa erariale.

La Commissione tributaria provinciale di Latina, con sentenza n. 725/3/03 depositata il 7 marzo 2003, accoglieva parzialmente uno dei ricorsi, quello iscritto al n. RG …, respingendolo solo con riferimento alle spese di rappresentanza di lire e a ricavi per L. 3.714.285.

L’Ufficio proponeva appello nei confronti di C.F., C.R., D.M.T. e D.G. quale procuratore di Ce.Ro..

L’Agenzia delle entrate riferisce che costituendosi in giudizio i contribuenti deducevano, tra l’altro, il giudicato formatosi sui altri ricorsi riguardanti l’IVA decisi con le sentenze della Commissione tributaria provinciale n. 240, 241, 243 e 244/4/03 depositate il 23 ottobre 2003 e di tale giudicato chiedevano l’estensione.

Gli altri due ricorsi proposti alla Commissione tributaria provinciale di latina ed iscritti ai nn. 777 e 778 del 2001 vennero riuniti e decisi con sentenza n. 847/3/02 depositata il 29 dicembre 2003 che riconobbe la deducibilità di costi per L. 10.455.000 e riconobbe come giustificati ricavi per L. 11.132.176, ma respinse i ricorsi per quanto riguardava i maggiori ricavi non contabilizzati risultanti dagli accertamenti bancari per L. 64.912.000.

Contro quest’ultima sentenza hanno presentato ricorso solamente F. e C.R. (e non anche D.M.T.) chiedendo l’estensione del giudicato che si era formato – a loro dire – sulla sentenza della Commissione tributaria provinciale n. 725/3/02 depositata il 7 marzo 2003 e pronunziata a loro dire nei confronti di D.M.T..

L’ufficio si era costituito in giudizio negando la sussistenza di un giudicato esterno e limitandosi a chiedere che l’appello fosse dichiarato inammissibile per mancanza di motivi specifici di impugnazione.

La Commissione tributaria regionale con sentenza n. 393//39/06 depositata il 23 ottobre 2006 – riuniti gli appelli contro le sentenze n. 725 e n. 847 ha respinto l’appello dell’Agenzia delle entrate (contro la sentenza n. 325) ed ha dichiarato assorbito quello proposto dai contribuenti contro la sentenza n. 847.

La motivazione della decisione è del seguente tenore testuale: “La Commissione, esaminati gli atti e sentite le parti, rileva che alla presente controversia è stato riunito il Fascicolo recante il N. 5827/04 R.G.A. ove appellanti risultano i Contribuenti ed appellata l’Agenzia delle Entrate di Latina. La Commissione, stante quanto sopra, ritiene pertanto assorbito l’esame dell’Appello relativo al Fascicolo N. 5827/04 R.G.A. decidendo la vertenza principale recante il N. 3447/05 R.G.A. La Commissione, esaminate le argomentazioni esposte dall’Ufficio, ritiene le stesse infondate per cui l’Appello deve essere respinto. Il Collegio ritiene che il Contribuente ha fornito idonea documentazione a sostegno del suo assunto, mentre l’appellante fonda l’accertamento su generiche contestazioni e semplici presunzioni che non possono essere condivise. Tutti i rilievi operati, sia anche per quanto attiene ai costi non deducibili e ai presunti ricavi non contabilizzati, risultano allo stato infondati e comunque privi di validi elementi probatori, eccezion fatta per i rilievi determinati dai primi giudici. La decisione e la motivazione di primo grado non meritano alcuna censura”.

Contro tale pronunzia, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso esclusivamente nei confronti di F. e C.R..

L’impugnazione è basata su due motivi.

C.F. e C.R. si sono costituiti nel giudizio di legittimità depositando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. F. e C.R. hanno eccepito preliminarmente la tardività del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate, in quanto consegnato all’ufficio postale per la notifica il 10 dicembre 2007 e quindi un anno e 48 giorni dopo 23 ottobre 2006, data di deposito della sentenza impugnata.

L’eccezione è infondata in quanto l’8 e il 9 dicembre 2007 cadevano rispettivamente di sabato e di domenica (L. n. 263 del 2005, art. 2, comma 1, lett. f), e successive modificazioni).

2. C.F. e C.R. deducono anche che la sentenza impugnata è passata in giudicato nei confronti di D. M.T. in quanto il ricorso dell’Agenzia delle entrate non è stato proposto anche nei suoi confronti.

Per quanto possa rilevare, la deduzione è corretta e del resto non è stata contestata dall’Agenzia delle entrate.

Ne consegue il passaggio in giudicato della pronunzia di rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale n. 325 emessa nei confronti della sola D.M.T..

3. Con riferimento alla sentenza n. 847, che era stata appellata solo da F. e C.R., la Commissione tributaria regionale ha dichiarato assorbito il loro appello, come conseguenza del rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate. Appare da intendersi tale pronunzia come pronunzia di accoglimento dell’appello proposto dai due contribuenti, fondato sulle medesime ragioni esposte dalla pronunzia a fondamento del rigetto dell’impugnazione dell’ufficio.

4. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 per omessa esposizione dei motivi di diritto e carente esposizione del fatto, insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ. mancando – con riferimento alla denunziata violazione di legge, la formulazione del quesito di diritto, e mancando, per quanto riguarda la denunzia del vizio di motivazione la distinta specificazione del fatto il cui accertamento o non accertamento si deduce essere stato insufficientemente motivato.

5. Con il secondo motivo di censura, sintetizzato con idoneo quesito di diritto, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32, 38 -41.

5.1. I controricorrenti oppongono in via pregiudiziale il giudicato ed a tal fine espongono che contro lo stesso avviso di accertamento erano stati proposti tre ricorsi. Due di essi, presentati da F. e C.R., erano stati iscritti ai nn. 777/01 e 778, erano stati successivamente riuniti e decisi con sentenza della Commissione tributaria provinciale di Latina n. 847/03/02 in senso parzialmente favorevole al fisco, posto che aveva confermato la deducibilità di costi per L. 10.455.000, ma confermando anche il rilievo relativo a ricavi non contabilizzati per L. 64.912.000. Il terzo ricorso, presentato da D.M.M., era stato deciso in senso molto più favorevole ai contribuenti con sentenza della Commissione tributaria provinciale di Latina n. 725/3/02 che aveva confermato soltanto un rilievo di L. 608.534 per indeducibilità ed un rilievo di L. 3.714285 per ricavi non contabilizzati. L’Ufficio aveva appellato solo la sentenza emessa nei confronti di F. e R. C. e non aveva proposto ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale nella parte in cui essa si riferiva a D.M.t. e alla sentenza che la riguardava. Sicchè su tale pronunzia sostanzialmente “assolutoria”, il giudicato il quale – si legge nel controricorso – era estensibile anche agli altri controricorrenti ai sensi dell’art. 1306 cod. civ. L’eccezione è inammissibile e comunque infondata. In primo luogo risulta, dalla narrazione dello svolgimento del processo contenuta nel ricorso e nel controricorso (la sentenza impugnata non contiene invece tale narrazione e comunque è silente sul punto) che tale eccezione era stata già espressamente sollevata davanti alla Commissione tributaria regionale , la quale, avendo deciso sul merito, l’ha implicitamente respinta, seppure senza motivazione (la pronunzia è peraltro tutta connotata dal carattere meramente apparente della sua motivazione). Ne consegue che per riproporre l’eccezione di giudicato, gli attuali contro ricorrenti – che non hanno censurato la sentenza impugnata per omessa pronunzia ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ. – avrebbero dovuto proporre ricorso incidentale contro il rigetto implicito dell’eccezione di giudicato, non essendo sufficiente la mera riproposizione dell’eccezione stessa ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. peraltro non applicabile nel giudizio di cassazione.

Deve peraltro rilevarsi in primo luogo che non può parlarsi di giudicato trattandosi di pronunzie emesse nei confronti di soggetti diversi, anche se riferite ad uno stesso accertamento. In secondo luogo va osservato che i ricorrenti – i quali sono chiamati a rispondere della pretesa tributaria in esame quali eredi di V. C. – hanno in realtà richiesto l’estensione del giudicato favorevole intervenuto in favore di D.M.T. facenso implicito riferimento all’art. 1306 cod. civ.. Ma tale norma riguarda le obbligazioni solidali e gli eredi non rispondono solidalmente dell’imposta dovuta dal loro dante causa , ma solo pro quota ai sensi dell’art. 1295 cod. civ.. Deve quindi escludersi sia la preclusione da giudicato sia l’opponibilità di esso ex art. 1306 cod. civ. Nella parte finale del controricorso viene eccepito il giudicato anche con riferimento ad una sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma, sezione di Latina, n. 393/39/06 che si assume passata in giudicato per tardività del ricorso contro di essa proposta dall’Agenzia delle entrate. Con sentenza in pari data viene respinta l’eccezione di inammissibilità di detto ricorso con conseguente infondatezza – a priori – dell’eccezione di giudicato qui in esame.

5.2. Esaminando ora il merito del motivo di censura formulato dall’Agenzia delle entrate esso deve essere dichiarato manifestamente fondato. Come ripetutamente affermato da questa sezione (tra le tante Cass. n. 8041/2008 e n. 4589/2009), in presenza di accertamenti bancari, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 (per l’IVA) o del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 (per l’imposta sul reddito), si verifica una inversione dell’onere della prova, dato che è, appunto, il contribuente che deve dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione, o perchè egli ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni o perchè (Cass. n. 9573/2007, n. 1739/07, n. 28324/07) non sono fiscalmente rilevanti in quanto non si riferiscono ad operazioni imponibili: tale disciplina stabilisce una presunzione legislativa, pur se juris tantum, correlata ad una valutazione di rilevante probabilità, che il contribuente si avvalga di tutti i conti di cui possa disporre per le rimesse ed i prelevamenti inerenti all’esercizio dell’attività;

nei casi previsti dalle norme in esame (Cass. n. 16837/2008), l’onere dell’amministrazione di provare la sua pretesa è, dunque, soddisfatto, per volontà di legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari.

Nella specie, come emerge dalla precedente narrativa ed in particolare dalla lettura delle pur carenti sentenze di merito, è del tutto evidente che i dati relativi ai movimenti bancari accertati dalla Guardia di finanza non sono stati contestati e che i contribuenti non hanno dato in giudizio alcuna prova specifica della loro estraneità rispetto alle attività di impresa ovvero della loro presa in considerazione della contabilità aziendale. Le deduzioni che a quest’ultimo riguardo essi espongono nel controricorso sono sostanzialmente fuori tema e quindi non sono idonee a tal fine. Così è per quanto riguarda i registri di carico e scarico del carburante e per il “mancato scorporo dell’IVA”, mentre la deduzione relativa al “valore” delle risultanze dei conti correnti bancari è semplicemente in contrasto con la presunzione stabilita dalla disciplina legislativa.

E’ invece certamente passata in giudicato, in quanto non appellata dall’Agenzia delle entrate, la statuizione della Commissione tributaria provinciale nella parte in cui ha confermato la deducibilità di costi per L. 10.455.000 ed ha limitato a L. 64.912.000, confermando per il resto l’accertamento.

6. Il ricorso deve quindi essere accolto e, non essendo necessari altri accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con statuizione uniforme a quella a suo tempo pronunziata dalla Commissione tributaria provinciale con la sentenza n. 847/03/02.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza mentre possono essere compensate per giusti motivi quelle relative ai gradi di merito.

PQM

– accoglie il ricorso proposto nei confronti di F. e C. R. e di conseguenza cassa la sentenza impugnata:

– decidendo nel merito, conferma l’accertamento per quanto riguarda le quote relative a detti contribuenti e con le rettifiche enunciate in motivazione;

– condanna i controricorrenti al pagamento di metà delle spese del giudizio di legittimità liquidate per questa quota in complessivi Euro 2.000,00 oltre ad Euro 200,00 per esborsi, con compensazione dell’altra metà e delle spese relative ai gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2011

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