Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20601 del 31/08/2017


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Cassazione civile, sez. II, 31/08/2017, (ud. 05/04/2017, dep.31/08/2017),  n. 20601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13976-2013 proposto da:

Z.L., (OMISSIS), ZA.LO. (OMISSIS),

Z.V., (OMISSIS), Z.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA CHIUSI 31 INT 11, presso lo studio dell’avvocato FABIO

SEVERINI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati

JACOPO TOGNON, SERGIO TOGNON;

– ricorrenti –

contro

B.B.M., HOTEL B. SRL, elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 289, presso lo studio

dell’avvocato MARIA GLORIA DI LORETO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANDOMENICO ASSIRELLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 850/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/04/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Tribunale di Belluno, con sentenza del 31/10/2005, in accoglimento della domanda avanzata dai coniugi Z.V. e Za.Lo., condannò B.B.M. e l’Hotel B. s.r.l. ad abbattere il poggiolo posto a servizio della loro abitazione collocata al primo piano dell’edificio, nella parte da loro prolungata, nonchè il muro di recinzione, eliminando le piante in esso infisse e con obbligo di ricostruirlo, nonchè il piccolo manufatto eretto a confine, nella particella (OMISSIS), dell’edificio condominiale;

che la Corte d’appello di Venezia, con sentenza depositata il 10/4/2012, accolse l’appello proposto dai convenuti e disattese quello incidentale;

che avverso quest’ultima sentenza propongono ricorso per cassazione Z.V., Z.L. e Z.A. illustrando tre motivi di censura, a corredo del quale hanno depositato memoria;

considerato che il primo motivo, con il quale i ricorrenti denunziano l’omessa pronuncia su un capo della domanda, costituito dalla declaratoria di comune proprietà del tratto del poggiolo allungato (capo rimasto in primo grado assorbito dall’epilogo), a ben vedere, è infondato, in quanto una tale conclusione discende dall’inquadramento giuridico esplicitato dalla Corte di Venezia (il B. fa un uso più inteso della res costruita, appunto perchè trattasi di bene condominiale, il prolungamento del poggiolo è posto sopra la colonna d’aria del condominio), senza che occorra ulteriore declaratoria;

considerato che il secondo motivo, con il quale viene allegata violazione dell’art. 1117 e segg., artt. 1102 e 2043 c.c., art. 112 c.p.c., art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, è destituito di giuridico fondamento, stante che, a dispetto della enunciazione normativa sopra ripresa, il ricorso non individua il precetto legale posto a divieto dell’attività alberghiera, che i ricorrenti vorrebbero fosse inibita, essendo, peraltro, pacifica la insussistenza di un divieto convenzionale;

considerato che il terzo motivo, con il quale viene dedotta violazione degli artt. 112 e 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non essere stata sciolta pronunzia sulla domanda di risarcimento del danno cagionato dal mutamento di destinazione d’uso della parte dell’edificio in proprietà della controparte, è infondato, in quanto non può derivare obbligo risarcitorio da attività lecita;

considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate;

considerato che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), ricorrono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato da parte del ricorrente, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2017

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