Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2060 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 14/12/2009, dep. 29/01/2010), n.2060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28387/2004 proposto da:

CASA CURA S LUCIA SRL, (OMISSIS), in persona del Dott.

C.M., CA.BR., (OMISSIS),

C.M., (OMISSIS), C.R.,

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA

VENEZIA, 11, presso lo studio dell’avvocato ZANCHINI DI

CASTIGLIONCHIO GIAN PAOLO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ROMANO PIETRO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

EMMAUS SOCIETA’ COOP.A R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A

LOCATELLI 9, presso lo studio dell’avvocato PROSPERO MASSIMO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PICCIONE LUIGI giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

FALL MPM SRL, ASSENNATO COSTR EDIL SRL;

– intimati –

sul ricorso 2132/2005 proposto da:

FALLIMENTO M.P.M. S.R.L., N. (OMISSIS) Reg. Fall, del Tribunale di

Siracusa, in persona del curatore Avv. L.G.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 180, presso lo

studio dell’avvocato DI CESARE CATIA, rappresentato e difeso

dall’avvocato SALLICANO GIOVANNI con studio in SIRACUSA, Viale

Montedoro 54 giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrenti –

contro

CASA CURA S LUCIA SRL, CA.BR., C.M.,

C.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1011/2003 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

Sezione Prima Civile, emessa il 17/01/2003, depositata il 30/10/2003;

R.G.N. 1551/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2009 dal Consigliere Dott. LANZILLO Raffaella;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi del 12.4.1995 la Casa di cura S.Lucia, di Siracusa, e gli eredi di C.G. – Ca.Br., M. e C.R. – hanno chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Siracusa D.I. n. 578 del 1995 e D.I. n. 579 del 1995, recanti condanna della Soc. Coop. a r.l. Emmaus a pagare la somma di L. 250 milioni, in restituzione del valore di titoli che la Casa di cura e C.G. avevano dato in pegno al Banco di Sicilia, a garanzia di un’apertura di credito di pari importo, concessa dal Banco alla Emmaus. Non avendo quest’ultima restituito il finanziamento, il Banco di Sicilia aveva escusso la garanzia, incamerando l’importo dei titoli.

L’ingiunta ha proposto opposizione ad entrambi i decreti, con giudizi successivamente riuniti, deducendo che il pegno in suo favore era stato costituito non dai ricorrenti, bensì dalla s.r.l. MPM, di cui essi erano soci. Il finanziamento bancario era infatti destinato all’acquisto di un terreno sul quale la Emmaus doveva edificare una casa di riposo per anziani, ed MPM era interessata al buon esito dell’acquisto, in quanto le erano stati concessi in appalto da Emmaus i lavori di costruzione.

Emmaus assumeva pertanto di essere debitrice della sola MPM, alla quale aveva concesso ipoteca di primo grado sul terreno acquistato con il finanziamento, da annotarsi su 59 cambiali, per l’importo complessivo di L. 250 milioni.

Successivamente, necessitando di un ulteriore finanziamento di L. 400.000.000 per completare la costruzione, Emmaus non aveva potuto ottenerlo, non potendo offrire in garanzia il terreno, già gravato dall’ipoteca concessa ad MPM, che quest’ultima si era rifiutata di far cancellare. Per questa ragione non aveva potuto pagare il debito garantito dal pegno dei titoli.

Ha chiesto pertanto la revoca delle ingiunzioni e il rigetto di ogni domanda.

Gli opposti si sono costituiti, chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Il 16.4.1997 è intervenuta nel giudizio la s.r.l. Assennato Costruzioni Edilizie, che aveva eseguito in subappalto parte dei lavori affidati ad MPM. Essendo rimasta in credito verso questa società, ha chiesto che le somme di cui ai decreti ingiuntivi opposti venissero assegnate al curatore del Fallimento della soc. MPM, nel frattempo dichiarata insolvente.

A seguito dell’intervento, il giudice ha disposto che venisse chiamato in causa il curatore del Fallimento MPM, il quale si è costituito, aderendo alle domande della Assennato.

Con sentenza 23 novembre 1999 il Tribunale di Siracusa, in accoglimento delle opposizioni e delle domande proposte dall’intervenuto, ha revocato i decreti ingiuntivi opposti ed ha condannato Emmaus a pagare le somme di cui ai decreti medesimi non agli opposti, bensì al curatore del Fallimento MPM. Ha ritenuto il Tribunale che Emmaus avesse intrattenuto i propri rapporti commerciali solo con MPM e che avesse reperito i titoli dati in pegno presso i propri soci, nell’ambito di rapporti con gli stessi, aventi rilievo meramente interno.

Proposto appello dalla Clinica S. Lucia e dagli eredi C., a cui hanno resistito Emmaus ed il Fallimento MPM, restando contumace la s.r.l. Assennato, con sentenza 17 gennaio-30 ottobre 2003 n. 1011 la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale, ponendo a carico degli appellanti le spese del grado.

Con atto notificato il 10-11 dicembre 2004 la Casa di cura S. Lucia e gli eredi C. propongono tre motivi di ricorso per cassazione.

Resistono con separati controricorsi la s.r.l. Emmaus ed il Fallimento MPM, che propone un motivo di ricorso incidentale.

I ricorrenti principali ed Emmaus hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi, principale e incidentale (art. 335 c.p.c.).

2.- Deve essere anzitutto esaminata l’eccezione di improcedibilità ed inammissibilità del ricorso, sollevata dalla resistente s.r.l.

Emmaus.

Assume la resistente che, nella procura a margine dell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, essa ha nominato come suo difensore e domiciliatario solo l’avv. Luigi Piccione, eleggendo domicilio presso lo stesso, in Siracusa. L’elezione di domicilio in Catania presso gli avv.ti De Mauro, per il giudizio di appello, è stata effettuata non da essa, che non ha sottoscritto l’atto, ma dal suo difensore, avv. Piccione. Pertanto il ricorso avrebbe dovuto essere notificato nel domicilio eletto dalla parte presso l’avv. Piccione; non presso gli avv.ti De Mauro, come invece è avvenuto.

Questi ultimi hanno rifiutato di ricevere l’atto, che pertanto risulta non notificato.

2.1.- L’eccezione non è fondata.

Dalla comparsa di costituzione e di risposta depositata nel giudizio di appello risulta che Emmaus ha eletto domicilio presso l’avv. Mauro De Mauro, in Catania, via Clementi n. 5. La circostanza è confermata dalla sentenza della Corte di appello, impugnata in questa sede.

Correttamente, quindi, il ricorso per cassazione è stato notificato presso l’avv. De Mauro, che era il soggetto legittimato a ricevere la notificazione (art. 330 c.p.c., comma 1). Il fatto che questi abbia rifiutato di ricevere l’atto rimane irrilevante, ai sensi dell’art. 141 c.p.c., commi 1 e 3, e art. 138 c.p.c., u.c..

Va soggiunto che l’intimata si è costituita in giudizio, e che la notificazione del ricorso per cassazione eseguita in un luogo diverso da quello prescritto, ma non privo di un astratto collegamento con il destinatario, non determina la nullità dell’impugnazione, ma solo la nullità della notificazione, sanabile con effetto “ex tunc” per il raggiungimento dello scopo, ove l’intimato sì sia costituito in giudizio (Cass. civ. Sez. 3^, 19 luglio 2005 n. 15190).

Il suddetto collegamento con il destinatario è indubbiamente ravvisabile nei casi in cui il domiciliatario sia stato nominato dal difensore, anzichè dalla parte.

Sotto ogni profilo, pertanto, l’eccezione deve essere rigettata.

3.- Per quanto concerne il merito della vertenza, va premesso che la Corte di appello ha confermato la tesi del Tribunale secondo cui a garantire l’apertura di credito del Banco di Sicilia nei confronti di Emmaus fu la soc. MPM, la quale aveva reperito i titoli dati in pegno tramite un accordo con i suoi soci e attuali ricorrenti.

A sostegno di tale soluzione ha richiamato le argomentazioni e gli elementi di prova già indicati dal tribunale, cioè il fatto che:

a) in relazione ad una controversia arbitrale, con l’atto di nomina di arbitro notificato ad Emmaus il 18.5.1994; MPM ha chiesto che la controparte venisse condannata a compiere le attività necessarie per lo svincolo dei titoli costituiti in pegno;

b) con lettera 16.2.1994 ad Emmaus la stessa MPM ebbe a sollecitare “la liberazione della garanzia reale prestata in vostro favore”;

e) nel verbale del consiglio di amministrazione di Emmaus del 24.7.1990 sì fa riferimento sia alla necessità di ricorrere al finanziamento bancario per poter acquistare il terreno “dietro garanzia della MPM”; sia al fatto che il consiglio di amministrazione aveva poi deliberato di chiedere al Banco di Sicilia un finanziamento di L. 250.000.000 e di concedere ad MPM ipoteca sul terreno da acquistare con quel finanziamento “per la garanzia data al Banco”.

Ha soggiunto la Corte di appello che l’assunto degli appellanti, secondo cui essi personalmente fornirono la garanzia, poichè il Banco di Sicilia non aveva accettato la garanzia offerta da MPM, e solo per effetto del loro personale intervento furono concessi l’apertura di credito e la conseguente anticipazione bancaria, non ha trovato riscontro in alcun elemento di prova.

4.- Con il primo motivo, deducendo violazione degli art. 1203 c.c., n. 3, anche in relazione agli artt. 1272, 1949 e 1950 c.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, i ricorrenti assumono che dalla documentazione in atti risulta che i titoli costituiti in pegno in favore del Banco di Sicilia erano di loro proprietà; che pertanto, in applicazione delle norme che regolano gli effetti dei contratti, la surrogazione legale, l’espromissione e le garanzie, essi hanno comunque il diritto di agire contro il debitore per essere rimborsati, anche ammesso che vi sia una concorrente responsabilità di MPM. Affermano che la giurisprudenza della Corte di cassazione ammette la surrogazione legale ai sensi dell’art. 1203 c.c., n. 3 non solo in favore di chi sia obbligato, con altri o per altri, al pagamento del debito, ma anche in favore di coloro che a ciò siano tenuti propter rem, in forza di un vincolo che assoggetti un loro bene all’esecuzione forzata per un debito altrui). Richiamando in tal senso Cass. civ. n. 2828/1968.

5.- Con il secondo motivo denunciano violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e art. 116 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione quanto alla prova del fatto che il Banco di Sicilia ebbe a rifiutare la garanzia offerta da MPM: circostanza che dovrebbe ritenersi irrilevante a fronte del fatto che i titoli dati in pegno erano di loro proprietà.

6.- I due motivi, che vanno congiuntamente esaminati, perchè connessi, non sono fondati.

La ricostruzione dei rapporti intercorsi fra le parti che emerge dalle conformi sentenze di merito è nel senso che fra Emmaus ed MPM era intercorso un accordo secondo cui MPM si era impegnata a prestare le garanzie necessarie a far sì che il Banco di Sicilia fornisse ad Emmaus un’apertura di credito fino a L. 250 milioni, per consentirle di acquistare il terreno su cui intendeva edificare, ed Emmaus a sua volta aveva concesso ad MPM come corrispettivo della garanzia, oltre che l’appalto dei lavori di costruzione, la costituzione di ipoteca sul terreno da acquistare e cambiali ipotecarie per l’importo di L. 250 milioni: ipoteca che sarebbe stata cancellata, con la restituzione dei titoli, nel momento in cui Emmaus avesse ripianato il debito garantito.

A quanto assumono i ricorrenti – senza peraltro specificare nel ricorso da quali atti e documenti di causa risulti confermata la veridicità delle loro affermazioni – MPM ebbe a prestare la garanzia, offrendo in pegno titoli di proprietà dei suoi soci.

Anche a dare per ammessa la circostanza, le norme di cui i ricorrenti denunciano la violazione non sono in termini ed appaiono ininfluenti al fine di consentire l’accoglimento del ricorso.

Non giova il disposto dell’art. 1203 c.c., n. 3, in relazione all’art. 1272 c.c., norma che dispone la surrogazione legale nei diritti del creditore in favore di chi, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo.

Nella specie i soci di MPM nè erano tenuti personalmente al pagamento del debito di Emmaus, nè tale debito hanno spontaneamente assunto ai sensi dell’art. 1272 c.c.; essi hanno solo subito l’escussione dei titoli dati in pegno, asseritamente di loro proprietà, ed hanno chiesto ad Emmaus il rimborso del relativo valore.

Siamo quindi al di fuori della fattispecie della surrogazione legale, che si configura non per il solo fatto di avere pagato il debito altrui (anche ammesso che a ciò sia equiparabile il fatto di avere subito l’esproprio del bene dato in pegno), ma solo nel caso in cui colui che paga sia tenuto, con altri o per altri, al pagamento del debito (cfr. specificamente sul tema, Cass. civ. S.U. 29 aprile 2009 n. 9946) o sia comunque legato al debitore da un rapporto preesistente al pagamento, idoneo a giustificare l’esercizio nei suoi confronti dell’azione di regresso (Cass. civ., Sez. 3^, 15 marzo 2004 n. 5245. Cfr. anche Cass. civ., Sez. 3^, 4 aprile 1995 n. 3937; Idem 15 marzo 2004 n. 5245; Idem 30 ottobre 2007 n. 22860).

Quel vincolo obbligatorio o quel rapporto costituiscono infatti il presupposto per la disciplina sotto ogni profilo dell’azione di regresso, anche quanto alla natura delle eccezioni opponibili dal convenuto (cfr. in proposito Cass. civ. Sez. 3^, 28 marzo 2001 n. 4507).

Per le stesse ragioni sono inapplicabili gli art. 1949 e 1950 c.c., che dispongono la surroga e il regresso del fideiussore che abbia pagato il debito, presupponendo anche qui la preesistenza di un vincolo obbligatorio ad assolvere il debito.

Nel caso in esame, come si è detto, la Corte di merito ha accertato – con valutazione in fatto ampiamente e logicamente motivata, non suscettibile di riesame o di censura in questa sede – che il rapporto obbligatorio avente ad oggetto la prestazione della garanzia è intercorso esclusivamente fra Emmaus ed MPM, restando ad esso estranei i soci di MPM, la cui posizione è coinvolta nel rapporto esclusivamente quali (asseriti) proprietari dei titoli che MPM ebbe ad offrire in pegno al Banco di Sicilia.

In tale qualità, essi avrebbero potuto invocare, tutt’al più, i principi di cui all’art. 2871 c.c. – dettati per l’ipoteca, ma applicabili anche al pegno (Cass. civ. Sez. 3^, 3 settembre 2007 n. 18522) – circa il diritto del terzo datore della garanzia reale, che abbia sofferto l’espropriazione, di rivalersi contro il debitore.

La norma, tuttavia, non è stata in alcun modo richiamata nel ricorso, nè la questione ha costituito oggetto di esame nelle fasi di merito, con il relativo accertamento della sussistenza dei suoi presupposti in fatto.

Non può pertanto essere presa in esame per la prima volta in questa sede.

7.- Il terzo motivo del ricorso principale, che lamenta la condanna al pagamento delle spese processuali, risulta assorbito, essendo risultati i ricorrenti pienamente soccombenti. Nè è censurabile in questa sede il mancato accertamento da parte della Corte di merito della sussistenza dei presupposti per la compensazione delle spese – lamentato dai ricorrenti – trattandosi di valutazione rimessa alla discrezionale valutazione del giudicante.

4.- Parimenti assorbiti sono l’unico motivo del ricorso incidentale proposto dal Fallimento MPM, circa il mancato rilievo ad opera della Corte di appello del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, nel capo relativo al pagamento in suo favore, e le eccezioni di Emmaus circa l’inammissibilità del controricorso e del ricorso incidentale.

8.- Considerato l’esito della controversia, le spese del presente giudizio si compensano fra tutte le parti.

P.Q.M.

La Corte di cassazione riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa fra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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