Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20599 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/07/2021, (ud. 13/05/2021, dep. 19/07/2021), n.20599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8612/2015 R.G., proposto da:

D.F.A., rappresentato e difeso dall’avv. Nussi Mario, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.to Sinopoli

Vincenzo, in Roma, Viale Angelico n. 38, giusta procura rilasciata

in margine al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 385/10/14 della Commissione tributaria

regionale del Friuli Venezia Giulia (di seguito, CTR), depositata in

data 24/09/2014 e non notificata;

udita la relazione svolta dal Consigliere D’Angiolella Rosita nella

camera di consiglio del 13 maggio 2021.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. Con la sentenza in epigrafe, la CTR del Friuli Venezia Giulia accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Udine, che a sua volta aveva accolto il ricorso del contribuente, D.F.A., avverso l’avviso di accertamento, per gli anni 2005, 2006 e 2007, con il quale l’Ufficio aveva rideterminato, con metodo sintetico, ai fini IRPEF e relative addizionali, un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato dal Del Fabbro.

2. Nella narrazione dei fatti di cui alla sentenza impugnata, risulta che la verifica ed il conseguente atto di accertamento nei confronti del contribuente erano basati sulla disponibilità di due autoveicoli, una Volvo S60 ed una Porsche 996; che, impugnato l’avviso, la Commissione tributaria provinciale di Udine aveva accolto il ricorso ritenendo che la disponibilità di tali autoveicoli fosse compatibile con il reddito dichiarato dal contribuente per il limitato chilometraggio percorso e per l’entità dei costi circoscritti al limitato utilizzo.

3. Avverso la sentenza della CTR di cui in epigrafe, D.F.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

4. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Col primo mezzo, la difesa del ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del procedimento e/o della sentenza per non aver la CTR rilevato l’inammissibilità dell’appello proposto dalla Direzione provinciale di Udine con atto sottoscritto da funzionario delegato da soggetto privo di qualifica dirigenziale. Nella specie, il sottoscrittore, capo dell’Ufficio legale, aveva ricevuto la delega dal direttore generale, K.E., privo della qualifica dirigenziale e quindi carente di potere secondo quanto statuito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015.

1.1. Il mezzo è infondato.

1.2. In primo luogo, va evidenziato che la questione posta col primo motivo di ricorso (mancanza di qualifica dirigenziale del sottoscrittore dell’atto impositivo), non risulta ritualmente dedotta con l’atto di appello non avendo il ricorrente localizzato la proposizione della relativa eccezione in sede di gravame (cfr. Cass., 23/06/2017, n. 15769 che, in tema di contenzioso tributario, ha affermato che il giudice d’appello, attesa la particolare natura del giudizio, non può decidere la controversia sulla base di un’eccezione (nella specie, relativa alla mancanza di qualifica dirigenziale del sottoscrittore dell’atto impositivo) non ritualmente dedotta con l’originario ricorso introduttivo).

1.3. In ogni caso la questione non ha pregio considerati i principi affermati da questa Corte in tema di rilevanza della qualifica dirigenziale per la sottoscrizione degli atti del procedimento tributario.

1.4. Ed invero, in tema di accertamento tributario – ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, -gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva e, cioè, da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 24, convertito nella L. n. 44 del 2012 (Cass., 26/02/2020, n. 5177; Cass., 09/11/2015, n. 22810). In tema di legittimazione processuale dell’Amministrazione finanziaria e di sottoscrizione dell’atto di appello, è stato chiarito che la relativa sottoscrizione, pur non competendo ad un qualsiasi funzionario sprovvisto di specifica delega da parte del titolare dell’Ufficio, deve ritenersi validamente apposta quando proviene dal funzionario preposto al reparto competente, poiché la delega da parte del titolare dell’Ufficio può essere legittimamente conferita in via generale mediante la preposizione del funzionario ad un settore dell’Ufficio con competenze specifiche (Cass., 28/05/2008, n. 13908), così come nella specie è stata conferita al capo dell’Ufficio legale.

2. Col secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce la violazione di legge (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, nella formulazione previgente alla novella introdotta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22 conv. mod., L. 30 luglio 2010, n. 122, artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, L. n. 241 del 1990, art. 7,L. n. 212 del 2000, artt. 7-10-12) per aver la CTR escluso la necessità di contraddittorio precontenzioso.

2.1. Anche tale mezzo è infondato.

2.2. In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi “armonizzati” di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, mentre, per quelli “non armonizzati”, non essendo rinvenibile, nella legislazione nazionale, una prescrizione generale, analoga a quella comunitaria, solo ove risulti specificamente sancito, come avviene per l’accertamento sintetico in virtù del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 7, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010, applicabile, però, solo dal periodo d’imposta 2009, per cui gli accertamenti relativi alle precedenti annualità sono legittimi anche senza l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale (Sez. 5, 31/05/2016, n. 11283; Sez. U. 9/12/2015, n. 24823; in senso conforme, ex multis, Sez. 5, 4/10/2017, n. 23140; 16/02/2018, n. 3900).

2.3. Nel caso in esame, trattandosi di accertamento relativo all’anno d’imposta 2005-2006-2007, ai fini della validità dell’atto impositivo non era necessario che l’Amministrazione finanziaria instaurasse un contraddittorio preventivo con il contribuente.

3. Col terzo motivo, si deduce l’incostituzionalità del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010 nella parte in cui dispone l'”ultra-efficacia” del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5, 6 e 7.

3.1. Col quarto mezzo, la violazione di legge (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, nella formulazione previgente alla novella introdotta dal D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 22 de conv. mod., L. 30 luglio 2010, n. 122, artt. 2697, 2727,2728 e 2729 c.c. , nonché art. 116 c.p.c.) per aver la CTR considerato come “legale” e non come “semplice” la presunzione di capacità contributiva desumibile dalla disponibilità di due autoveicoli.

3.2. Col quinto motivo di ricorso il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge nella parte in cui la CTR ha applicato gli indici di capacità contributiva di cui al D.M. 10 settembre 1992, contrario al principio di effettività della capacità contributiva.

3.3. Col sesto ed ultimo motivo il ricorrente nuovamente pone la questione di incostituzionalità del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010 nella parte in cui ha disposto l'”ultra-efficacia” del 38 D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5, 6 e 7.

4. I motivi, 4 e 5, sono raggruppabili per connessione delle censure; essi devono essere rigettati per le ragioni di seguito esposte.

4.1. Occorre premettere che la giurisprudenza di questa Corte, con orientamento costante e che qui si condivide e si fa proprio, ha chiarito che la disciplina del “redditometro” introduce una presunzione legale relativa imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni “l’esistenza di una “capacità contributiva”, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni” (cfr. Cass., 01/09/2016, n. 17487; Cass., 21/10/2015, n. 21335; Cass., 20/01/2016, n. 930). In tal senso è stato soggiunto che, benché l’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, resta individuata nei decreti, sicché l’Amministrazione è esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, ciò non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta e, più in generale, che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (cfr. Cass., 19/10/2016, n. 21142; n. 16912 del 2016). Sono stati chiariti, altresì, i confini della prova contraria offerta dal contribuente per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che la prova documentale contraria ammessa per il contribuente non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (Cass., 26/11/2014, n. 25104; Cass., 20/03/2009, n. 6813).

4.2. Tali ultimi principi riguardanti la prova documentale contraria ammessa per il contribuente, rappresentano diritto vivente e da essi non pare discostarsi la CTR soprattutto in relazione alla ritenuta carenza di prova ulteriore rispetto ai cd. “indici”, di cui ai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992, a carico dell’amministrazione finanziaria. In particolare, La CTR ha ritenuto la carenza di efficacia dimostrativa della controprova offerta dal contribuente sui costi sopportati per il possesso dei beni affermando che “(…) le dedotte limitazioni dei costi concreti da un lato non sono considerate dalla legge come fattore incidente sugli indici di capacità contributiva presunta. Dall’altro risultano comunque attinenti solo ad uno dei profili presuntivi di reddito (costo di esercizio) collegati al possesso dei beni”, così facendo retta applicazione dei principi in materia, là dove ha applicato la presunzione legale relativa in favore dell’amministrazione finanziaria – in base alla quale ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni “l’esistenza di una “capacità contributiva” – e là dove, accertata l’esistenza di fattori-indice della capacità contributiva, individuata nei decreti, ha ritenuto l’Amministrazione esonerata da qualunque ulteriore prova rispetto ad essi, ponendo sul contribuente l’onere di dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente fosse costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.

4.3. Da tanto ne consegue il rigetto dei motivi quarto e quinto.

5. I motivi terzo e sesto, esaminabili congiuntamente perché entrambi afferenti alla questione di costituzionalità del D.L. n. 78 del 2010, art. 22, comma 1, conv. in L. n. 122 del 2010, sono inammissibili. Con essi il ricorrente deduce l’irragionevolezza della norma in questione nella parte in cui ha disposto l'”ultra-efficacia” del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5, 6 e 7, nel senso che “ha previsto che la nuova disciplina dell’accertamento sintetico, pur disciplina procedimentale, in deroga al principio del tempus regit actum, fosse efficace con riguardo agli accertamenti relativi ai redditi per il quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto”. (v. pag. 11 e 18 del ricorso).

5.1. In primo luogo, si osserva che la questione di costituzionalità, nei termini indicati, è mal posta.

5.2. Le deduzioni che il ricorrente ha articolato con tali mezzi sfuggono del tutto alla possibilità di una verifica di “non manifesta infondatezza” della questione di costituzionalità e, quindi, di “rilevanza” rispetto al presente giudizio; in particolare, non giustificano una sospetta violazione di principi costituzionali, non sussistendo alcun ragionevole dubbio che la scelta fatta dal legislatore vada oltre i confini delle garanzie costituzionali.

5.3. In ogni caso, là dove il contribuente avesse voluto sollevare il dubbio di costituzionalità nel senso di un’irragionevole limitata retroattività del contraddittorio endoprocedimentale al solo anno 2009 (v. pag. 12 del ricorso) e non anche ai periodi precedenti in questione (20052007), si evidenzia che la norma in parola non sfugge affatto ad una valutazione in termini di ragionevolezza, in mancanza di espressi vincoli unionalì o costituzionali circa l’applicabilità di tale obbligo procedìmentale agli accertamenti precedenti all’anno di imposta 2009 (v., supra, par. 2 2).

6. In conclusione, il ricorso va integralmente rigettato.

7. Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi Euro 2.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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