Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20598 del 19/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 19/07/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 19/07/2021), n.20598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25921/2014 R.G. proposto da

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

O.R.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale del Veneto,

n. 95/30/2013, depositata il 12 settembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 maggio

2021 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1.L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamenti nei confronti della Roma Oriental Carpets s.a.s., con sede in Roma, e due avvisi nei confronti dei due soci O.R. (socio accomandante, con quota del 50 %) e Ortenzi Giorgio, avendo accertato maggiori redditi della società (portati da lire 36.041.000 a lire 1.225.577.000), per l’anno 1991, imputabili ai soci per il principio di trasparenza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, con maggiori imposte dirette dovute per lire 570.837,00, con applicazione di sanzione nei confronti dei soci per dichiarazione infedele, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 46, all’epoca vigente, avendo riportato nelle rispettive dichiarazioni dei redditi importi inferiori a quelli effettivamente dovuti.

2.11 socio O.R. impugnava l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti per l’anno 1991.

3.1 soci O.G. e O.R. impugnavano anche l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società. La Commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso (sentenza del 26-1-1999), mentre la Commissione tributaria regionale del Lazio (sentenza 68/25/2001, depositata il 21-11-2001) accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3042/2008, depositata l’8 febbraio 2008, accoglieva il ricorso proposto dai soci O.R. e O.G. limitatamente alla omessa pronuncia del giudice di merito, ex art. 112 c.p.c., che non aveva adeguatamente considerato le ragioni contenute nell’atto di appello in relazione al merito della causa (motivi terzo, quarto e quinto). Rigettava i motivi primo e secondo per il vizio processuale relativo alla notifica dell’atto di appello da parte dell’Ufficio inviato in un’unica busta indirizzata al procuratore costituito di due parti.

4.La Commissione tributaria del Lazio, con sentenza n. 192/38/2009, depositata il 22 luglio 2009, in sede di giudizio di rinvio, dichiarava la legittimità degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della Roma Oriental Carpets s.a.s. per Ilor ed Irpef relative agli anni 1991, 1992 e 1993. Da un lato, rilevava che le questioni di rito erano inammissibili perché già decise dalla Corte di Cassazione e, dall’altro, nel merito, riteneva legittima la ripresa a tassazione.

5.1 tre motivi del ricorso per cassazione dei soci erano dichiarati inammissibili dalla Cassazione, con sentenza n. 7331/2012, depositata l’11 maggio 2012.

6.11 ricorso del socio O.R. veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia, con sentenza n. 39/2/2002, in quanto la decisione della Commissione provinciale di Roma n. 327/04/1999, che aveva accolto il ricorso della società, era stata riformata dalla Commissione tributaria regionale di Roma con sentenza n. 68/25/2001, che aveva accertato la regolarità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società.

7.11 contribuente proponeva appello evidenziando l’illegittima applicazione delle sanzioni per infedele dichiarazione, in quanto i soci dichiarano in base a quanto attesta la società, sicché l’unica conseguenza era la rettifica del reddito, ma non poteva essere applicata la pena pecuniaria di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 46. Chiedeva anche la riunione con il ricorso presentato da O.G..

8. La Commissione tributaria regionale del Veneto, con sentenza n. 95/30/2013, depositata il 12-9-2013, accoglieva l’appello del contribuente solo con riferimento alla applicazione della sanzione al socio ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 46, per infedele dichiarazione, rilevava che “l’avviso di accertamento non risulta suffragato e motivato da idonea documentazione in quanto emesso su osservazioni ricevute dall’Ufficio di Roma, ma che riguardavano solo l’Ilor, imposta di competenza della società”. Pertanto, il giudice di appello dichiarava “non dovute le sanzioni per infedele dichiarazione”. Aggiungeva che, con riferimento all’anno di imposta 1992, estraneo al presente giudizio (anno 1991), era intervenuta “la cessata materia del contendere”, essendo stato annullato in via di autotutela l’avviso di accertamento emesso nei confronti di O.R..

8. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate. 9.Resta intimato il contribuente O.R..

10.Con ordinanza interlocutoria questa Corte ha disposto il rinvio dell’udienza a nuovo ruolo per consentire la trattazione congiunta del presente procedimento con i procedimenti nn. 25624/2014 e 26040/2014, relativi al socio accomandatario O.G..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.Anzitutto, si rileva che non sussiste il litisconsorzio necessario, in quanto nei confronti della società è stata emessa sentenza, passata in giudicato, che ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della stessa, con la partecipazione a quel giudizio di entrambi i soci, sicché restano da decidere solo le controversie relative agli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci O.R. e O.G.. Per entrambi i soci le contestazioni attengono alla imputazione diretta dei redditi della società, per il principio di trasparenza D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5, ed alla irrogazione di sanzioni per infedele dichiarazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 46, all’epoca vigente.

Invero, per questa Corte il giudicato formatosi a carico di uno dei litisconsorti impedisce la concreta attuazione del litisconsorzio processuale (Cass., 6 giugno 2014, n. 12793; in modo conforme Cass., 30 luglio 2014, n. 17360, in relazione ad avviso di accertamento di società di persone divenuto “irretrattabile per mancanza di impugnazione” da parte della società).

Va, peraltro, ribadito che entrambi i soci hanno partecipato al giudizio relativo alla impugnazione degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società per gli anni 1991, 1992 e 1993, definito con sentenza passata in giudicato, che ha accertato la legittimità degli avvisi.

1.1..Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia lamenta la “violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 46 ratione temporis applicabile”, in quanto il giudice di appello ha ritenuto infondato il ricorso del contribuente in quanto il socio di società di persone, che nella propria dichiarazione dei redditi, omette di indicare i maggiori redditi accertati in capo alla società, incorre nella violazione di infedele dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 46, nella versione all’epoca vigente.

1.2.11 motivo è fondato.

Infatti, per questa Corte (Cass., sez. 5, 25 febbraio 2002, n. 2699), il reddito di partecipazione agli utili del socio di società di persone costituisce, ai fini dell’IRPEF, reddito proprio del contribuente, al quale è imputato sulla base di presunzione di effettiva percezione; e ove il socio non abbia dichiarato, per la parte di sua spettanza, il reddito societario risultante dalla rettifica operata dall’Amministrazione finanziaria a carico della società ai fini dell’ILOR, è tenuto, oltre al pagamento del supplemento di imposta, alla pena pecuniaria per infedele dichiarazione, a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 46. Tale pena si applica anche nei confronti del socio accomandante di società in accomandita semplice, atteso che la sanzione si riconnette alla dichiarazione di reddito inferiore (nella specie, ricorrente nella dichiarazione IRPEF del socio, come accertato dall’Amministrazione in conseguenza della rettifica del reddito societario), e che è irrilevante l’estraneità dei soci accomandanti all’amministrazione della società, perché ciò non impedisce loro di verificare l’effettivo ammontare degli utili conseguiti, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, ex art. 5, ad essi imputabili in proporzione alle rispettive quote di partecipazione.

2. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, ma non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario del contribuente.

3. Le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti anche per le alterne decisioni che li hanno caratterizzati. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico del contribuente, per il principio della soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

1.Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente.

Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Condanna il contribuente a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021

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