Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20598 del 07/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/10/2011, (ud. 15/06/2011, dep. 07/10/2011), n.20598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21003-2006 proposto da:

O.D., elettivamente domiciliata in ROMA VIA A. GRAMSCI

34, presso lo studio dell’avvocato LOMBARDI EMMA, rappresentata e

difesa dagli avvocati BOSTICCO PAOLO, MANFREDINI ALESSANDRO, con

procura speciale notarile del Not. Dr. FOLCO SCHIAVO in MILANO, rep.

n. 177352 del 20/05/2011;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 60/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 27/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2011 dal Consigliere Dott. SERGIO BERNARDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il reddito dichiarato da O.D. per l’anno 1994 fu rettificato in quello di L. 282.139.544 in applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 4 avendo l’Ufficio rilevato che la contribuente disponeva di una automobile e di una casa di abitazione e che, in un controllo compiuto al valico di frontiera di (OMISSIS), era stata trovata in possesso di documentazione contabile attestante disponibilità finanziarie su banca svizzera per L. 1.549.459.000. Il ricorso proposto avverso l’accertamento è stato accolto in primo grado ma respinto in appello. La contribuente ricorre per la cassazione della sentenza della CTR di Milano con sei motivi, illustrati da memoria. L’agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso spiega che, sulla scorta degli stessi elementi posti a base dell’accertamento oggetto di causa, furono rettificati anche i redditi dichiarati dalla contribuente per gli anni 1993, 1995 e 1996 (avendo l’ufficio ritenuto che l’incremento patrimoniale dimostrato dalla documentazione bancaria rinvenuta nel controllo doganale fosse stato realizzato a fronte di redditi conseguiti, in quote costanti, nei cinque anni anteriori alla verifica).

I primi due motivi di ricorso si fondano sull’assunto che gli accertamenti 1993, 1995 e 1996 sarebbero stati annullati con sentenze passate in giudicato. Poichè i presupposti delle contestazioni sarebbero gli stessi, non potrebbe non decidersi nello stesso senso anche la presente causa.

Senonchè, le sentenze 13.11.2001 n. 323 e 7.03.2002 n. 123 -con le quali la CTP di Milano ha accolto i ricorsi della contribuente concernenti rispettivamente il 1995 ed il 1996 – sono passate in giudicato (in quanto non impugnate) prima della data (8 marzo 2005) in cui la presente causa fu discussa in appello. Ma non è allegato e non risulta dalla sentenza impugnata che il giudicato fu invocato davanti a quel giudice. Le copie in atti recano invero la attestazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c. resa in data (giugno 2006) successiva a quella della sentenza qui impugnata.

L’asserito contrasto col giudicato esterno non costituisce dunque vizio denunciabile col ricorso per cassazione, ma avrebbe dovuto farsi valere col rimedio della revocazione (Cass. 2143/2010).

La sentenza della CTR Lombardia n. 53 del 17 marzo 2005, che ha annullato l’accertamento concernente il 1993, non risulta passata in giudicato, perchè la copia in questa sede prodotta manca della attestazione del cancelliere che ne costituisce unica prova idonea.

Vanno del pari respinti gli altri motivi.

Il terzo denuncia violazione di legge (per falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., artt. 115 e 116 c.p.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38. Sostiene che sia “palesemente erronea” la premessa dalla quale muove la decisione impugnata, “che l’Amministrazione finanziaria avesse provato la disponibilità di beni in capo alla contribuente”, giacchè gli elementi segnalati dalla Guardia di Finanza, posti a base dell’accertamento, non costituirebbero presunzioni “gravi, precise e concordanti”.

Censura inammissibile perchè non sostiene l’erroneità del canone normativo applicato ma il giudizio di fatto espresso alla sua stregua dal giudice di merito.

Il quarto motivo denuncia violazione degli stessi articoli di legge e vizio di motivazione deducendo che “la pronunzia impugnata ha omesso di indicare, con motivazione adeguata ed esaustiva, le circostanze idonee a sorreggere la determinazione induttiva e/o sintetica del reddito, nonchè la correlazione configurabile fra le circostanze “certe” ed il fatto ignoto”.

Censura inconsistente, giacchè il possesso di casa ed automobile sono contemplati come indizi idonei dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 e dai D.M. 25 luglio 1990 e D.M. 10 settembre 1992, richiamati dall’ufficio e dai giudici, e la disponibilità di capitali all’estero è stata desunta dal possesso della corrispondente documentazione giustificativa, che la ricorrente non ha nè contestato nè altrimenti spiegato.

Il quinto motivo critica la sentenza impugnata di omesso esame od omessa motivazione su punto decisivo, lamentando che “il giudice d’appello ha omesso di pronunciarsi sulle domande e/o sulle eccezioni proposte dalla parte appellata”.

Ma non riporta il preciso tenore nè dei motivi del ricorso introduttivo nè delle “controdeduzioni” con le quali li avrebbe riproposti al giudice d’appello: è quindi inammissibile per difetto di autosufficienza.

Per la stessa ragione va disatteso il sesto motivo, col quale si denuncia violazione di legge (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, L. n. 212 del 2000, art. 7) senza riprodurre il tenore dell’avviso di accertamento e dei motivi coi quali ne sarebbe stato lamentata nei due gradi di giudizio la inidonea motivazione. Con doglianza che si palesa del resto anche infondata, giacchè l’obbligo di allegazione degli atti cui l’avviso faccia riferimento, di cui è lamentata la violazione, concerne gli atti non conosciuti dal contribuente destinatario (mentre nella specie si trattava di un p.v.c. stilato in contraddittorio del contribuente).

Va dunque respinto il ricorso e condannata la ricorrente al rimborso delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5000 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2011

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