Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20591 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/09/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 29/09/2020), n.20591

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sui ricorsi iscritto al n. 3869 del ruolo generale dell’anno 2013,

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

gli uffici della quale in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, si

domicilia;

– ricorrente-

contro

s.p.a. Unicredit, nella qualità d’incorporante di Unicredit Banca

s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del

controricorso, dagli avvocati Escalar Gabriele e Salvini Livia,

presso lo studio dei quali in Roma, alla via Mazzini, n. 11,

elettivamente si domicilia;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Emilia Romagna, depositata in data 13 giugno 2012, n.

40;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 17 gennaio 2020

dal consigliere Perrino Angelina-Maria;

sentita la Procura generale, in persona del sostituto procuratore

generale Sanlorenzo Rita, che ha concluso per il rigetto del

ricorso; uditi l’avvocato dello Stato Galluzzo Gianna per l’Agenzia

e l’avv. Escalar Gabriele per la società.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla narrativa della sentenza impugnata che la s.p.a. Unicredit Banca ha organizzato il sistema premiante del collocamento, tramite la propria rete, di prodotti finanziari confezionati dalle cc.dd. società prodotto del proprio gruppo.

Il sistema premiante riguardava i dipendenti di Unicredit Banca che avevano collocato i prodotti finanziari in questione, i quali erano selezionati mediante l’attribuzione di punteggi in base a criteri definiti dalla stessa Unicredit Banca. In particolare, nella ricostruzione dell’Agenzia, l’Unicredit Banca ha organizzato le convention di premiazione dei propri dipendenti, e le società prodotto, che avevano beneficiato dell’impegno profuso da costoro nella collocazione dei prodotti da esse elaborati, si sono impegnate a sostenerne ciascuna pro quota i costi.

L’Unicredit Banca ha quindi incaricato terze società di fornire i servizi costituenti i premi ai dipendenti che aveva individuato, laddove le fornitrici hanno fatturato le prestazioni pro quota a ciascuna società prodotto.

Ne è scaturito un avviso di accertamento, col quale l’Agenzia delle entrate ha contestato all’Unicredit l’omessa fatturazione dei costi addebitati a ciascuna società prodotto e ha recuperato l’iva relativa, oltre a interessi e sanzioni giacchè, ha argomentato a fondamento della pretesa, l’Unicredit Banca ha agito nella qualità di mandataria senza rappresentanza delle società prodotto, come committente di tutte le prestazioni eseguite nei confronti dei dipendenti selezionati.

La contribuente ha impugnato l’avviso, senza successo in primo grado.

Di contro, la Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto dalla contribuente. Il giudice d’appello ha rimarcato che l’Unicredit Banca, nell’incaricare le società fornitrici delle prestazioni, non ha agito nel proprio esclusivo interesse, ma anche nell’interesse delle diverse società del gruppo; ha aggiunto che la contribuente non ha reso alcun servizio di gestione di eventi nei confronti delle società del gruppo, poichè si è limitata a indicare i beneficiari ai quali assegnare i premi, consistenti in prestazioni eseguite da altre società; ha sottolineato che nessun trasferimento di danaro v’è stato tra società prodotto e capogruppo e ha puntualizzato che comunque l’insorgenza dell’obbligo di fatturazione della prestazione di servizi in capo all’Unicredit Banca era inibita dalla mancanza di qualsivoglia addebito da parte delle società fornitrici dei servizi.

Contro questa sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenerne la cassazione, che affida a sei motivi, cui l’Unicredit replica con controricorso, che illustra con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Va preliminarmente respinta la richiesta di riunione, proposta dalla ricorrente, con altro giudizio concernente analoga questione, in relazione a diverso anno d’imposta, per ragioni di opportunità, al fine di evitare rallentamenti nell’iter processuale dell’odierno giudizio.

2. – Col primo, col terzo, col quarto e col sesto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, perchè connessi, l’Agenzia lamenta:

– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, comma 3, e art. 21, commi 1 e 2, là dove, pure al cospetto della sussistenza, pacifica tra le parti, di un mandato senza rappresentanza, in virtù del quale l’Unicredit Banca, su incarico delle società prodotto, ha commissionato l’esecuzione delle prestazioni di servizi da erogare ai dipendenti, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto legittimo il frazionamento della fatturazione in relazione alle diverse società prodotto (primo motivo);

– la violazione a falsa applicazione della combinazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 1, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 6, perchè il giudice d’appello ha ritenuto dirimente l’ostacolo pratico costituito dalla mancanza di fattura di addebito alla contribuente dei servizi resi da parte delle società fornitrici (terzo motivo);

– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, commi 1 e 3, e dell’art. 1180 c.c., perchè l’Unicredit Banca ha comunque provveduto ad attivarsi (scegliendo i contraenti e partecipando a tutte le attività contrattuali) e a organizzare le convention per la premiazione dei dipendenti, a fronte dell’impegno delle società prodotto a sostenere pro quota l’onere economico assunto dall’Unicredit Banca (quarto motivo);

– la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 3, perchè il giudice d’appello erroneamente identifica il corrispettivo col trasferimento di danaro, ignorando che anche un minor esborso, realizzatosi attraverso il pagamento da parte della società prodotto del debito proprio della Unicredit Banca nei confronti delle fornitrici dei servizi, rappresenta un corrispettivo, perchè integra un risparmio di spesa (sesto motivo).

3. – Va respinta l’eccezione d’inammissibilità proposta in controricorso, basata sulla considerazione che la prospettazione, contenuta in ricorso, di rapporti giuridici diretti tra le pretese mandanti (ossia le società prodotto) e le società fornitrici dei servizi lascerebbe comunque fermo il fondamento logico che regge la sentenza impugnata, ossia che l’Unicredit Banca ha agito in nome e per conto delle società prodotto, alle quali, dunque, correttamente sono state fatturate per la rispettiva quota di pertinenza le prestazioni di servizi delle quali si discute.

3.1. – E’ l’eccezione in realtà che non riesce a minare l’impianto del ricorso.

In sentenza si legge che Unicredit Banca “…si è limitata a indicare i beneficiari ai quali assegnare i premi per una prestazione eseguita da altre società e da queste correttamente fatturato”.

Aggiunge la controricorrente che Unicredit Banca ha indicato altresì alle fornitrici i nominativi delle società prodotto a ciascuna delle quali si doveva intestare pro quota le fatture di acquisto dei servizi premianti, e punta (soprattutto in memoria) sull’art. 1188 c.c. per sostenere che l’espressa indicazione di quei nominativi sostanzierebbe la contemplatio domini idonea a imputare alle società prodotto gli effetti dei contratti stipulati dalla mandataria.

4. – In realtà, è proprio il riferimento all’indicazione prevista dall’art. 1188 c.c. che contribuisce a sorreggere la prospettazione del ricorso.

L’indicazione in questione, a proposito del destinatario dell’adempimento, consente al creditore d’indicare al debitore la persona nei confronti della quale l’adempimento dev’essere eseguito, ossia, come ha accertato il giudice d’appello, i dipendenti beneficiari dei premi.

Ma l’incarico di ricevere l’adempimento prescinde dal potere rappresentativo, in quanto con esso ci si limita a conferire a un terzo appunto il potere di ricevere l’adempimento, al solo fine di produrre l’effetto solutorio (Cass. 23 giugno 1997, n. 5579).

4.1. – Anzi, richiamare l’art. 1188 c.c. significa nel caso in questione riconoscere giustappunto all’Unicredit Banca la qualità di creditore.

E assumere che l’indicazione proviene dal creditore è coerente non già col mandato con rappresentanza, ma con quello senza rappresentanza.

E’ in seno al mandato senza rappresentanza, in base all’art. 1705 c.c., comma 1, difatti, che il mandatario acquista i diritti, ossia diventa creditore, e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato (Cass., sez. un., 8 ottobre 2008, n. 24772; conforme, tra varie, Cass. 9 maggio 2019, n. 12250).

4.2. – D’altronde, a seguire la prospettazione del controricorso non ci si spiega perchè mai, inquadrati i rapporti tra Unicredit Banca e le società prodotto nell’ambito del mandato con rappresentanza, occorressero istruzioni del mandatario, ossia vi fosse necessità d’indicare i nominativi delle società prodotto, successivamente alla stipulazione dei contratti di fornitura, ai fini dell’esecuzione di essi.

Una tale indicazione, che la contribuente inquadra come contemplatio domini, sarebbe del tutto ultronea se rapportata al mandato con rappresentanza, che assume la contemplatio come elemento identificativo sin dall’origine. Del resto, anche la giurisprudenza citata in ricorso, che esclude la necessità di formule sacramentali per l’esternazione da parte del mandatario del potere rappresentativo, si riferisce pur sempre alle modalità di stipulazione del negozio e all’oggetto e alla struttura di esso (si veda, da ultimo, Cass. 10 settembre 2019, n. 26616).

4.3. – Il riferimento all’indicazione prevista dall’art. 1188 c.c., si diceva, è coerente con la prospettazione del ricorso in termini di mandato senza rappresentanza.

Anzitutto, si è visto, l’art. 1705 c.c., comma 1, contempla il caso che i terzi, ossia coloro con i quali sono stati compiuti gli atti, siano a conoscenza del mandato.

Inoltre, non v’è, infatti, nel mandato senza rappresentanza, un’assoluta impermeabilità di piani tra mandante e mandatario da un lato e mandante e terzo dall’altro, come vorrebbe la società: basti considerare che, a norma dell’art. 1705 c.c., comma 2, il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato (ossia quelli sostanziali: Cass., nn. 24772/08 e 12250/19, cit.), e quindi, nel caso in esame, appunto esigere l’esecuzione delle prestazioni pattuite dal mandatario in favore dei terzi, cioè dei dipendenti selezionati per fruire dei premi.

Del tutto irrilevante ai fini della qualificazione del contratto è per conseguenza la circostanza, sulla quale s’insiste in memoria, relativa alle numerose fatture che i terzi fornitori di servizi hanno emesso nei confronti delle società prodotto, su indicazione dell’Unicredit Banca, in un caso contenuta, sostiene la società, nel documento di accettazione della proposta contrattuale della fornitrice: giustappunto l’emissione di quelle fatture ha determinato la materia del contendere.

5. – Oltre che ammissibile, la censura complessivamente proposta è fondata.

Le circostanze di fatto accertate dal giudice d’appello e sopra riportate sono idonee a evidenziare che l’Unicredit Banca ha agito nella qualità di mandataria senza rappresentanza delle società prodotto per la realizzazione del sistema premiante dei dipendenti.

5.1. – V’è l’elemento dell’incarico conferito dalle mandanti, desumibile dall’insistito riferimento alrinteresse di tutte le società del gruppo”, all’attuazione del sistema premiante del collocamento dei prodotti finanziari del gruppo.

D’altronde l’Unicredit non dubita, anzi afferma che tale incarico vi sia stato, sebbene aggiunga che prevedesse la contemplatio domini delle mandanti.

V’è pure l’accertamento dell’espletamento di tale incarico, giacchè si riferisce che l’Unicredit Banca ha definito i criteri di attribuzione dei punteggi per la selezione dei dipendenti, ha attribuito i punteggi e ha incaricato le società fornitrici di eseguire le prestazioni nei confronti dei dipendenti selezionati.

5.2. – Quel che rileva, dunque, ai fini del rapporto di mandato, non è la fornitura dei servizi ai dipendenti, sulla quale fa invece leva il giudice d’appello (“Unicredit non ha reso alcun servizio di gestione eventi nei confronti delle società del gruppo”): ciò che sostanzia il mandato conferito all’Unicredit Banca è l’incarico affidato alle società fornitrici di eseguire quei servizi.

5.3. – E l’indicazione dei beneficiari ai quali assegnare i premi, anch’essa accertata in sentenza, si ribadisce, è idonea a configurare un mandato senza rappresentanza, per le considerazioni già svolte sopra.

5.4. – Nè riescono a minare questa ricostruzione le considerazioni che hanno condotto in sede penale ad archiviare la notizia di reato basata, a dire della contribuente, sui medesimi fatti, che non spiegano rilevanza in questa sede.

6. – Ciò posto, in base all’art. 6, paragrafo 4, della sesta direttiva (corrispondente al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, comma 3), qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio, ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale.

Si crea difatti la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche fornite consecutivamente, in quanto si ritiene che l’operatore che partecipa alla prestazione di servizi, cioè il commissionario, abbia in un primo tempo ricevuto i servizi in questione da prestatori specializzati prima di fornire, in un secondo tempo, tali servizi all’operatore per conto del quale agisce (tra varie, Corte giust. 4 maggio 2017, causa C-274/15, Commissione/Lussemburgo, punto 86, e, nella giurisprudenza interna, sempre tra molte, Cass. 23 novembre 2018, n. 30360).

7. – Sicchè se la prestazione di servizi a cui un operatore partecipa è soggetta all’iva, anche il rapporto giuridico tra tale operatore e l’operatore per conto del quale egli agisce deve essere soggetto all’iva (v., in tal senso, Corte giust. in causa C-274/15, cit., punto 87).

8. – Irrilevante è poi la circostanza, sulla quale punta il giudice d’appello, che “… nessun trasferimento di denaro vi è stato tra società prodotto e capogruppo, atteso che le società hanno pagato il servizio loro reso direttamente alle società fornitrici”, ripresa in controricorso, in cui si sottolinea che l’Unicredit Banca non ha compiuto nei confronti delle società prodotto un’autonoma prestazione dietro corrispettivo per realizzare un margine di utile.

La giurisprudenza unionale ha difatti chiarito che, ai fini dell’applicazione della disciplina iva del mandato senza rappresentanza, la norma unionale non contiene riferimento alcuno al carattere oneroso della partecipazione alla prestazione di servizi (Corte giust. 19 dicembre 2019, causa C-707/18, Amà’rà5ti Land Investment, punto 38).

8.1. – Inoltre, l’irregolare fatturazione compiuta dalle società fornitrici non rappresenta affatto l’insormontabile ostacolo addotto in sentenza alla fatturazione da parte dell’Unicredit Banca.

Non è anzitutto d’ostacolo il limite che questa Corte ravvisa all’obbligo, posto al cessionario/committente dal D.Lgs. 18 dicembre 1972, n. 471, art. 6, comma 8, di regolarizzare l’operazione imponibile compiuta dal cedente o dal prestatore senza emissione di fattura o con fattura irregolare; limite, in base il quale il controllo del cessionario/committente è esteso alla sola regolarità formale della fattura, con riferimento al dato cronologico della ricezione di essa “nei termini di legge” e alla sussistenza dei suoi requisiti essenziali, individuati dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, e non concerne la corretta qualificazione fiscale dell’operazione (Cass. 12 dicembre 2014, n. 26183 e, da ultimo, Cass. 4 febbraio 2020, n. 2475).

Ciò appunto perchè il mandatario senza rappresentanza è soggetto passivo nel rapporto col mandante, al quale fornisce la prestazione; in tale qualità è tenuto al vaglio critico dell’operazione, al fine di verificarne il regime fiscale e, quindi, di fatturazione (coerenti, con riguardo alle fatture relative al regime del margine, Cass. 12 marzo 2014, n. 5679 e 21 luglio 2015 n. 15503).

8.2. – Sicchè, nei rapporti con le mandanti, ravvisata la sussistenza di un mandato senza rappresentanza, la mandataria avrebbe dovuto provvedere alla fatturazione delle operazioni.

8.3. – D’altronde, è da escludere anche il legittimo affidamento del mandatario, se insorto sulla sola base delle fatture trasmesse dall’operatore che abbia conferito alla propria operazione un’erronea qualificazione (per analogia, Corte giust. 21 febbraio 2018, causa C-628/16, Kreuzmayr GmbH, punto 49).

9. – La complessiva censura va in conseguenza accolta e comporta l’assorbimento dei restanti motivi, proposti in via subordinata, nonchè la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

“In tema di iva, la società che organizzi un sistema premiante dell’impegno dei propri dipendenti su incarico ricevuto da altre società del gruppo che ne abbiano tratto vantaggio e che si siano impegnate pro quota a sostenere almeno in parte i costi relativi, e indichi ai terzi chiamati a erogare le prestazioni costituenti i premi i beneficiari di questi, agisce come mandataria senza rappresentanza delle altre società; sicchè i terzi fornitori sono tenuti a fatturare le prestazioni nei confronti della mandataria, che agisce nei loro confronti come committente, e questa seconda è tenuta a rifatturare le prestazioni alle mandanti nei limiti dell’incarico ricevuto”.

PQM

la Corte accoglie il primo, il terzo, il quarto e il sesto motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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