Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20590 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/09/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 29/09/2020), n.20590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CATALOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16619 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Centro B.M.B. a r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lovisolo Antonio e

D’Ayala Valva Francesco per procura speciale in calce al ricorso,

elettivamente domiciliato in Roma, viale Parioli, n. 43, presso lo

studio di quest’ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore generale pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Liguria, n. 11/6/202, depositata in data 13 febbraio

2012;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16 gennaio 2020

dal Consigliere Triscari Giancarlo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore

generale Dott. Visonà Stefano, che ha concluso chiedendo il rigetto

del ricorso;

udito per la società l’Avv. Lovisolo Antonio e per l’Agenzia delle

entrate l’Avvocato dello Stato Caselli Giancarlo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Dalla narrazione in fatto della pronuncia del giudice di appello e dagli atti delle parti si evince che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti del Centro B.M.B. a r.I., nella sua qualità di rappresentante fiscale della società Fornoportugal Montagem de Refractarios Llda, esercente lavori di costruzione, un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2001, aveva rettificato la dichiarazione Iva, recuperando a tassazione un debito Iva su operazioni attive, realizzate in Italia in favore di un committente francese, non fatturate dalla società portoghese in Italia mediante il proprio rappresentante fiscale, nonostante il fatto che le stesse erano state svolte in Italia, ma direttamente alla committente francese; avverso il suddetto atto impositivo il Centro B.M.B. a r.l. aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova che lo aveva rigettato; avverso la pronuncia del giudice di primo grado il Centro B.M.B. a r.l. aveva proposto appello.

La Commissione tributaria regionale della Liguria ha parzialmente accolto l’appello, in particolare, ha ritenuto che: il Centro B.M.B. a r.l., in quanto rappresentante fiscale della società portoghese, era legittimato a ricevere la notifica dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del soggetto rappresentato ed era da considerarsi, attesa la suddetta qualità, solidalmente responsabile; non trovava riscontro documentale la tesi difensiva secondo cui la società portoghese disponeva di una stabile organizzazione nel territorio italiano, tenuto conto dei requisiti necessari per l’individuazione di una stabile organizzazione e della circostanza che la società portoghese non aveva posto in essere tutti gli adempimenti fiscali previsti a suo carico, in particolare aveva evidenziato il fatto che la dichiarazione annuale e la richiesta di rimborso erano state presentate dal Centro B.M.B. a r.I.; era fondato il motivo di appello relativo alla illegittimità della pretesa per operazioni poste in essere anteriormente alla nomina quale rappresentante fiscale.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso il Centro B.M.B. a r.l. affidato a dieci motivi di censura, illustrato con successiva memoria, cui resiste l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 145 c.p.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, in quanto l’avviso di accertamento, diretto alla società portoghese Fornoportugal Montagem de Refractarios Lda, era stato notificato erroneamente al sig. M.M., nonostante la mancanza della qualità di rappresentante legale della suddetta società.

In particolare, si evidenzia che il M. non era il rappresentante legale della società portoghese, ma della società B.M.B. a r.l., la quale, a propria volta, non era più rappresentante fiscale della medesima società portoghese al momento della notifica dell’avviso di accertamento, sicchè tale atto impositivo avrebbe dovuto essere notificato a quest’ultima società secondo le previsioni di cui all’art. 145 c.p.c., richiamato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, quindi alla sua sede, mediante consegna al rappresentante legale, la cui qualità deve esistere al momento della notifica.

1.1. Il motivo è infondato.

La tesi difensiva prospettata si fonda sulla considerazione di fondo che l’avviso di accertamento era diretto alla società portoghese Fornoportugal Montagem de Refractarios Lda, sicchè, da tale considerazione, se ne fa discendere la ritenuta violazione della previsione di cui all’art. 145 c.p.c., richiamato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60.

La suddetta linea argomentativa, tuttavia, non può assumere rilevanza, in quanto la pronuncia gravata ha ritenuto che l’avviso di accertamento è stato notificato alla società ricorrente al fine di far valere nei suoi confronti, quale rappresentante fiscale, la responsabilità solidale nel pagamento di quanto contenuto nella pretesa.

Orientando, quindi, la prospettiva verso la linea di valutazione compiuta dal giudice del gravame, deve ritenersi che non sussiste alcuna violazione di legge nel senso prospettato, posto che l’atto impositivo è stato ritenuto legittimamente notificato al suo destinatario, cioè alla società ricorrente nella sua qualità di rappresentante fiscale e in considerazione della condotta dalla stessa posta in essere e da cui è stata fatta discendere la responsabilità solidale della medesima.

In questo contesto, non può valere la considerazione espressa circa la cessazione del potere rappresentativo al momento in cui era avvenuta la notifica dell’avviso di accertamento: la configurazione compiuta dal giudice del gravame in ordine alla responsabilità solidale della società ricorrente, per comportamenti alla stessa riconducibili, quali la presentazione della dichiarazione annuale e la richiesta di rimborso, implica una individuazione di quelle condotte quali presupposti della responsabilità e, quindi, della pretesa impositiva, sicchè è irrilevante l’eventuale, successivo, venir meno della qualità di rappresentante fiscale.

2. Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 142 c.p.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e-bis e art.60-bis, nonchè dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973, art. 4, comma 2, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 2.

In particolare, si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la ricorrente era legittimata a ricevere l’avviso di accertamento emesso nei confronti del soggetto rappresentato in relazione ad un periodo di imposta per il quale la rappresentanza fiscale era operativa ed in considerazione del fatto che la notifica di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. e-bis, era utilizzabile solo ove la società non avesse nominato un proprio rappresentante fiscale.

Parte ricorrente evidenzia, a tal proposito, che nell’avviso di accertamento non vi era alcun riferimento alla eventuale responsabilità solidale della medesima, sicchè: non poteva attribuirsi rilevanza ad una pregressa e non più attuale nomina della stessa quale rappresentante fiscale, in quanto revocata al momento della notifica dell’atto impositivo; la notifica avrebbe dovuto essere compiuta presso l’indirizzo estero, peraltro conoscibile; non poteva trovare applicazione la previsione di cui alla prima parte del D.P.R. n. 600 del 1973, lett. e-bis, in quanto relativa alla rappresentanza fiscale ai fini delle imposte sui redditi e non, quindi, ai fini Iva e, comunque, in quanto presuppone la perduranza del rapporto di rappresentanza fiscale.

2.2. Il motivo è infondato.

Come già evidenziato in sede di esame del primo motivo di ricorso, anche il presente motivo non tiene conto della ratio della pronunciata censurata.

Il giudice del gravame, in realtà, ha fondato il ragionamento della legittimità della notifica alla ricorrente facendo leva sul profilo di fondo della sua responsabilità solidale, avendo personalmente provveduto a presentare la dichiarazione annuale e la richiesta di rimborso, ed ha, altresì, precisato che la responsabilità era riconducibile a fatti relativi al periodo in cui il rapporto di rappresentanza fiscale era pienamente operativo.

Sotto tale profilo, la questione relativa alla corretta notifica in favore della società non residente risulta inconferente, poichè si basa sul presupposto, non in linea con la ragione di fondo della pronuncia in esame, che l’avviso di accertamento era diretto nei confronti della società non residente.

Invero, una volta argomentato in ordine al fatto che l’atto era stato notificato alla società ricorrente per far valere nei suoi confronti una responsabilità solidale, le ritenute violazioni di legge, prospettate dalla ricorrente, recedono dinanzi alla considerazione che l’atto è stato notificato nei confronti di quel soggetto (la ricorrente) nei cui confronti si è inteso far valere una responsabilità solidale in relazione ad una propria condotta posta in violazione delle norme tributarie.

3. Con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente motivazione.

In particolare, parte ricorrente evidenzia che il giudice del gravame non ha tenuto conto di diversi profili da cui avrebbe dovuto evincere che la notifica non era stata compiuta al soggetto legittimato, in quanto: nell’accertamento era stato indicato, quale rappresentante legale della società portoghese, il sig. M.M., che, in realtà, non era il rappresentante legale della società, nè lo era mai stato, essendo invece il rappresentante legale della ricorrente; la società portoghese era rappresentata da altro soggetto; l’accertamento era stato notificato non già presso la sede della società non residente, destinataria della notifica, ma presso la ricorrente, nei confronti della quale non era stata rivolta nessuna pretesa impositiva, neppure a titolo di responsabilità solidale; la società ricorrente non era più rappresentante fiscale al momento della notifica dell’avviso di accertamento.

Evidenzia, quindi, parte ricorrente, che la pronuncia censurata si è limitata a dare rilevanza al solo dato formale della nomina del rappresentante fiscale.

3.3. Il motivo è infondato.

Si è già osservato, in sede di esame dei primi due motivi di ricorso, che la ragione di fondo su cui si è basata la sentenza censurata è relativa alla ritenuta responsabilità solidale della ricorrente in relazione ad attività dalla stessa compiute durante il periodo in cui era operativa la rappresentanza fiscale della medesima ed è in relazione a tale profilo che, conseguentemente, si è ritenuto che la notifica dell’atto impositivo era stato correttamente eseguita nei suoi confronti.

I profili evidenziati con il presente motivo di ricorso erano stati, peraltro, tenuti in considerazione dal giudice del gravame in sede di svolgimento del processo, in particolare la circostanza che, secondo l’assunto della parte ricorrente, la stessa era mero soggetto notificatario dell’avviso di accertamento, contenente una pretesa, in realtà, volta nei confronti di altro soggetto.

Rispetto a tali profili, tenuti comunque in considerazione dal giudice del gravame, la pronuncia censurata ha posto l’attenzione sulla circostanza che, in realtà, la pretesa impositiva riguardava direttamente la ricorrente in quanto responsabile a titolo solidale, accentuando la considerazione sulla base del fatto che era stata essa stessa a presentare la dichiarazione annuale e la domanda di rimborso.

Tale considerazione implica una valutazione da parte del giudice del gravame del contenuto dell’avviso di accertamento e della esatta individuazione del soggetto destinatario.

In sostanza, il giudice del gravame, che pure mostra di avere preso in esame la diversa prospettazione di parte ricorrente in ordine alla circostanza che l’atto impositivo era rivolto alla società portoghese e che la stessa era mera notificatario del medesimo, ha compiuto una propria interpretazione e valutazione del contenuto dell’atto impositivo, non sindacabile in questa sede, pervenendo alla considerazione che, come detto, legittimamente la società ricorrente fosse la destinatario della pretesa in quanto solidalmente responsabile in considerazione di un comportamento, eseguito durante il periodo di vigenza del rapporto di rappresentanza fiscale, alla stessa direttamente riconducibile.

4.Con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere escluso la configurabilità in Italia di una stabile organizzazione della società portoghese dando rilevanza ai dati meramente formali e non sostanziali, in violazione dell’art. 5 della Convenzione Italia-Portogallo, in particolare alla mera nomina del rappresentante fiscale e al fatto che non erano stati posti in essere tutti gli adempimenti fiscali previsti a carico della società portoghese al fine di costituite la stabile organizzazione.

4.4. Il motivo è infondato.

Lo stesso è orientato unicamente a censurare un profilo decisorio della pronuncia senza tenere conto della complessiva ratio decidendi ad essa sottesa.

Invero, la esclusione della stabile organizzazione è stata accertata dal giudice del gravame non solo facendo riferimento agli elementi formali indicati col presente motivo di censura (nomina del rappresentante fiscale e mancata realizzazione degli adempimenti fiscali), ma anche precisando che la tesi della esistente della stabile organizzazione non risulta supportata dalla documentazione in atti e, successivamente, indicando sulla base di quali parametri di riferimento doveva svolgersi la verifica, richiedendo la sussistenza di una struttura organizzativa di mezzi e di persone alle dipendenze del soggetto non residente, anche se dotato di autonoma personalità giuridica.

In sostanza, differentemente da quanto sostenuto dalla ricorrente, il giudice del gravame ha ritenuto non sussistente la stabile organizzazione individuando i parametri di riferimento ed escludendo che la documentazione in atti potesse condurre alla fondatezza delle tesi postulata dalla ricorrente.

Dunque, è non solo in relazione a profili formali ma anche sostanziali, identificati nella documentazione in atti, che il giudice del gravame ha fondato la propria decisione, non incorrendo, in tal modo, nel vizio di violazione di legge prospettato.

5. Con il quinto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente o omessa motivazione in ordine alla prova della configurabilità della stabile organizzazione la cui esistenza era stata, invece, dimostrata dalla documentazione prodotta

Il motivo è fondato.

Il giudice del gravame ha escluso la sussistenza della stabile organizzazione motivando in base alla circostanza della non idoneità probatoria della documentazione prodotta dalla ricorrente. Con il presente motivo parte ricorrente evidenzia di avere prodotto, invero, una serie di prove documentali che, se specificamente analizzate, non possono non condurre a ritenere che sussisteva la stabile organizzazione in Italia della società portoghese consistente in un cantiere per la costruzione di un altoforno per un tempo superiore a tre mesi, secondo quanto previsto dalla Convenzione Italia-Portogallo, (rat. con la L. n. 562 del 1982) e dall’art. 162 TUIR.

Dall’esame della documentazione indicata dalla ricorrente, specificamente illustrata nel presente motivo di ricorso, si evince che la stessa era relativa a: fatture di trasporto di attrezzature; affitto di un immobile; affidamento ad uno studio professionale dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione relativo al cantiere; realizzazione di corsi di formazione per propri dipendenti in materia di prevenzione e lotta agli incendi e di misure di sicurezza; fatture di acquisto di materiali vari per ufficio; carte carburanti per l’impiego di autoveicoli; fatture di acquisto da società specializzata in legnami; fatture di acquisto di attrezzature e materiale antinfortunistico e materiale da cantiere; fatture per smaltimento rifiuti; fatture per lavori affidati a terzi; fatture di acquisto di gasolio e benzina per uso industriale; altre fatture.

Il contenuto e la rilevanza di tali elementi documentali sono privi di qualsiasi approfondimento motivazionale da parte del giudice del gravame che, invero, si è limitato ad escludere la sussistenza della stabile organizzazione in quanto gli stessi non avrebbero valenza probatoria, senza, tuttavia, svolgere alcuna specifica considerazióne degli stessi in ordine alla loro non rilevanza probatoria, delineando, conseguentemente, il percorso logico argomentativo seguito.

L’ulteriore precisazione contenuta nella sentenza, consistente nella specificazione dei requisiti necessari ai fini della configurazione della stabile organizzazione, non risulta adeguatamente riferita al complesso della documentazione evidenziata dalla ricorrente, in particolare non è stato in alcun modo esposto il ragionamento logico secondo cui la documentazione in atti non poteva condurre a configurare la stabile organizzazione secondo i profili astrattamente indicati dal giudice del gravame.

Ne consegue che la sentenza è viziata per non avere tenuto conto di circostanze di fatto relative all’accertamento della sussistenza della stabile organizzazione, secondo l’assunto difensivo di parte ricorrente.

6.Con il sesto motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 115 c.p.c., comma 1, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4), per non avere tenuto conto delle difese svolte dalla ricorrente ai fini della dimostrazione della sussistenza di una stabile organizzazione.

6.1. Il motivo è assorbito dalle considerazioni espresse con riferimento al quinto motivo di ricorso.

7. Con il settimo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, e Direttiva 77/388/Cee, art. 9, comma 1 e 21, comma 2, per non avere considerato che, sussistendo nella fattispecie una stabile organizzazione, tale circostanza si poneva in rapporto di alternatività con la nomina del rappresentante fiscale, con la conseguenza che lo stesso non poteva essere considerato responsabile in solido.

7.1. Il motivo è fondato, per quanto di ragione.

Con il motivo di ricorso in esame, si censura l’affermazione del giudice del gravame che, in termini generali e senza alcuna differenziazione, ha ritenuto che la nomina del rappresentante fiscale comporti, di per sè, la sua responsabilità solidale.

Va, quindi, precisato che la questione in esame assume rilievo in quanto richiede di definire se la nomina del rappresentante fiscale, anche nel caso in cui sussista una stabile organizzazione, implichi comunque una responsabilità solidale del medesimo.

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 2, prevedeva, nel testo in vigore ratione temporis, che “Gli obblighi ed i diritti derivanti dall’applicazione del presente decreto relativamente ad operazioni effettuate nel territorio dello Stato da o nei confronti di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, possono essere adempiuti o esercitati, nei modi ordinari, da un rappresentante residente nel territorio dello Stato e nominato nelle forme di cui all’art. 53, comma 3, il quale risponde in solido con il rappresentato degli obblighi derivanti dall’applicazione del presente decreto”.

Nel successivo comma 4, inoltre, era previsto che “Le disposizioni del secondo e del comma 3 non si applicano per le operazioni effettuate da o nei confronti di stabili organizzazioni in Italia di soggetti residenti all’estero”.

Se, dunque, il comma 2, prevedeva che, in caso di mancanza di stabile organizzazione, gli obblighi e i diritti relativi alle operazione effettuate nel territorio italiano potevano essere adempiuti od esercitati mediante un rappresentante fiscale regolarmente nominato, il quale era da considerarsi responsabile in solido con il rappresentato dei conseguenti obblighi, ove, invece, sussisteva una stabile organizzazione, era quest’ultima ad assumere diritti ed obblighi per le eventuali operazioni effettuate nel territorio italiano; la specifica previsione di cui al comma 4, dunque, deve essere letta nel senso che, nel caso di una stabile organizzazione, non può ragionarsi in termini di eventuale nomina di un rappresentante fiscale, in quanto l’unico soggetto di riferimento nei confronti dell’amministrazione finanziaria è la stabile organizzazione.

Ciò è in linea con la stessa funzione attribuita al rappresentante fiscale dalla giurisprudenza comunitaria, la quale ha avuto modo di precisare che “il meccanismo della rappresentanza ha unicamente lo scopo di consentire al fisco di avere un interlocutore nazionale quando il soggetto passivo è stabilito all’estero” (Corte di giustizia, causa C-1/08, 19 febbraio 2009).

In sostanza, una volta che si sia accertata l’esistenza di una stabile organizzazione, quest’ultima, in quanto obbligata al pagamento ed alla rivalsa dell’imposta, oltre che al rispetto dei doveri formali di fatturazione delle operazioni attive e di registrazione delle fatture passive, costituisce l’unico centro di imputazione fiscale delle operazioni riferibili al soggetto non residente, sicchè è la stessa stabile organizzazione che è la sola legittimata a presentare la dichiarazione annuale, nella quale, secondo le prescrizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 30, vanno determinati l’imposta dovuta o l’eccedenza da computare in detrazione nell’anno successivo e formulata nella eventuale richiesta di rimborso.

Ne deriva che, la scelta organizzativa compiuta dalla società non residente comporta l’obbligo di utilizzare, ai fini Iva, la stabile organizzazione, essendo, così, precluso l’esercizio dei diritti e l’adempimento di obblighi a mezzo di

un rappresentante fiscale, la cui nomina deve considerarsi inesistente o inefficace, tenuto conto della previsione di cui al citato art. 17, comma 4, secondo cui, come visto, qualora il soggetto non residente abbia comunque nominato un rappresentante fiscale, nonostante operi mediante una stabile organizzazione (circostanza, questa, che dovrà essere verificata dal giudice del rinvio), per le operazioni effettuate dalla suddetta stabile organizzazione deve essere esclusa la eventuale responsabilità solidale del (pur nominato) rappresentante fiscale.

8. Con l’ottavo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per omessa pronuncia sul motivo di gravame con il quale era stato prospettato che, comunque, la responsabilità del rappresentante fiscale, ai fini Iva, è limitata alle sole operazioni veicolate attraverso di esso, mentre nella fattispecie la pretesa impositiva era relativa alla mancata emissione di fatture attive in quanto la società mandante portoghese aveva qualificato le operazioni effettuate in favore della committente francese come “prestazioni di supervisione da rendersi a soggetto comunitario” ed erano state emesse le relative fatture senza avere comunicato alla committente la nomina del rappresentante fiscale.

8.1 II motivo è fondato.

La questione prospettata dalla ricorrente, relativa alla limitazione della responsabilità del rappresentante fiscale, pur proposta nei precedenti gradi di giudizio, non risulta esaminata ed affrontata dal giudice del gravame che si è limitato a evidenziare, in genere, la responsabilità solidale del rappresentante fiscale.

Questa Corte (Cass. civ., 15 giugno 2001, n. 8122) ha precisato che, a differenza del rappresentante fiscale ai fini delle imposte sul reddito, per il quale vige il criterio della intera tassabilità del reddito prodotto in Italia anche nei confronti delle società non residenti e prive di stabile organizzazione (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 20,112 e 118) e che, quindi, assume l’obbligazione tributaria in relazione al complesso dell’attività produttiva di reddito, il rappresentante fiscale Iva non diviene punto di riferimento di tutte le operazioni effettuate dal mandante estero nel territorio dello Stato, poichè è il soggetto non residente a restare destinatario diretto di qualunque altra norma che non debba transitare attraverso il rappresentante fiscale.

Infatti, al rappresentante Iva è attribuita una soggettività passiva parziale, ossia limitata alle operazioni passive di competenza attribuitegli dal mandante non residente, sicchè non è in linea con tale principio la tesi secondo la quale il rappresentante fiscale contrarrebbe automaticamente tutti diritti e gli obblighi derivanti dal regime legale dell’Iva, in quanto finirebbe con l’identificare tale figura con la stabile organizzazione, entità che il regime comunitario uniforme e la disciplina nazionale intendono mantenere distinte.

Occorre, quindi, riferirsi al contenuto del mandato per stabilire se al rappresentante legale sia stato o meno conferito l’incarico di esercitare diritti o adempiere obblighi in relazione a determinate operazioni.

Il giudice del gravame, cui era stata prospettata la questione in esame non si è pronunciato, limitandosi, come detto, a sostenere genericamente la responsabilità solidale del rappresentante fiscale, incorrente, in tale modo, nel vizio di omessa pronuncia.

9. Con il nono motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 2, e art. 21, par. 1, lett. a), secondo periodo, Direttiva n. 388/77/Cee, che sanciscono che il soggetto passivo residente all’estero rimane l’unico debitore Iva e l’unico responsabile del suo versamento, e che il rappresentante fiscale può rispondere solo delle operazioni tramite di esso concretamente veicolate.

Con il decimo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per motivazione contraddittoria, in quanto, pur avendo riconosciuto che la responsabilità fiscale della ricorrente non poteva estendersi a operazioni poste in essere anteriormente alla sua nomina, ha, poi, omesso di riconoscere che, applicando il medesimo principio, la società ricorrente non poteva rispondere neppure delle operazioni tramite di essa non veicolate, ma gestite e fatturate direttamente dalla Fornuportugal.

L’esame dei presenti motivi di ricorso è assorbito dall’accoglimento dei precedenti motivi di ricorso.

In conclusione, sono fondati il quinto, settimo e ottavo motivo, infondati il primo, secondo, terzo e quarto motivo, assorbiti i restanti, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Commissione tributaria regionale anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il quinto, settimo e ottavo motivo, infondati il primo, secondo, terzo e quarto motivo, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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