Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2059 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2022, (ud. 15/12/2021, dep. 25/01/2022), n.2059

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20968/2013 R.G. proposto da:

S.F., e R.P., entrambi con i prof.i avv.i Angelo

Contrino e Francesco D’Ayala Valva, e con domicilio eletto presso lo

studio del secondo in Roma, al Viale Parioli, n. 43;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, Venezia – Mestre, n. 20/19/13 pronunciata il 17 dicembre

2012 e depositata il 25 febbraio 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 15 dicembre

2021 dal Consigliere Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

1. I contribuenti S.F. e R.P., soci rispettivamente al 51% e al 49% della società Sky World Electronic s.r.l., già Celdis s.r.l., erano attinti da due avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio in relazione all’anno d’imposta 2005. Segnatamente l’Amministrazione finanziaria aveva accertato, in capo alla società, il conseguimento di maggiori utili non dichiarati, cui erano conseguiti i due atti impositivi diretti ai soci per effetto della presunzione di distribuzione degli utili occulti della società di capitali a ristretta base sociale, maggiorati di interessi e sanzioni.

2. I contribuenti impugnavano pertanto i rispetti atti, censurando gli avvisi di accertamento nel merito oltre che per difetto di motivazione. Riuniti i ricorsi, la CTP li respingeva non potendo più gli avvisi di accertamento diretti ai soci essere oggetto di scrutinio nell’ipotesi in cui quello presupposto, diretto alla società, fosse divenuto definitivo per omessa impugnazione, come nel caso di specie. Irrilevante era poi ritenuta la circostanza che i due contribuenti non fossero più soci al momento della notifica degli avvisi, essendo incontroversa la loro qualifica di soci nel periodo d’imposta oggetto di accertamento.

3. I due contribuenti adivano pertanto il Giudice d’appello, che previa riunione dei due ricorsi, confermava integralmente la pronuncia di primo grado, condividendo le motivazioni espresse dalla CTP.

4. Invocano lo scrutinio di legittimità i contribuenti affidandosi a quattro motivi di ricorso, cui resiste l’Avvocatura generalo dello Stato con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. Si dà atto che il contribuente S.F. ha presentato istanza di definizione agevolata, corredata della domanda di adesione alla definizione agevolata ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 3, conv. con modificazioni dalla L. n. 136 del 2018, unitamente alla comunicazione delle somme dovute inviata dall’Agenzia delle Entrate e dell’attestazione del pagamento della prima rata ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10.

2. Con nota depositata il giorno 8 novembre 2021, l’Avvocatura dello Stato ha depositato comunicazione della Agenzia delle entrate attestante il pagamento della prima rata ed il pagamento in corso delle restanti.

3. Va rammentato che a norma del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, commi 12 e 13, “Nell’eventuale diniego della definizione va notificato entro il 31 luglio 2020 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego è impugnabile entro sessanta giorni dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia. Nel caso in cui la definizione della controversia è richiesta in pendenza del termine per impugnare, la pronuncia giurisdizionale può essere impugnata dal contribuente unitamente al diniego della definizione entro sessanta giorni dalla notifica di quest’ultimo ovvero dalla controparte nel medesimo termine (comma 12). In mancanza di istanza di trattazione presentata entro il 31 dicembre 2020 dalla parte interessata, il processo è dichiarato estinto, con decreto del Presidente. L’impugnazione della pronuncia giurisdizionale e del diniego, qualora la controversia risulti non definibile, valgono anche come istanza di trattazione. Le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate (comma 13)”.

4. Rilevato che entro il 31 dicembre 2020 nessuna delle parti ha presentato l’istanza di trattazione di cui al citato D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13 (tale non potendosi ritenere la dichiarazione di interesse alla pendenza del giudizio di cui alla citata nota dell’Agenzia delle entrate, peraltro depositata nel novembre 2021), né risulta intervenuto diniego della definizione, poi impugnato; che, pertanto, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, tale comma 13, il processo si è estinto con il decorso del termine del 31 dicembre 2020.

5. Ai sensi dell’ultimo periodo del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 13, le spese del processo estinto restano a carico della parte che le ha anticipate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara estinto il processo per cessazione della materia del contendere.

Le spese restano a carico di chi le ha anticipate.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

 

 

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