Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20589 del 07/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/10/2011, (ud. 04/05/2011, dep. 07/10/2011), n.20589

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25919-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.R., F.C., M.A., personalmente

e quali eredi di MA.AR., SALA DEI GELATI DI MASSONE

ANDREA & C. SAS, in qualità di Soci della SALA DEI GELATI in

persona

del Socio Accomandatario M.A., elettivamente domiciliati

in ROMA VIA COLLAZIA 2/F, presso lo studio dell’avvocato CANALINI

FEDERICO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato BONA

CESARE, giusta delega a margine;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 45/2006 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 21/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2011 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito per il ricorrente l’Avvocato FIORENTINO, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ricorre contro i sigg. F.C., M.A. e M.R., in proprio e quali soci della società Sala dei Gelali di Massone Andrea e C. snc. per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Milano che in riforma della sentenza di primo grado, ha annullato l’atto con cui l’ufficio di Voghera aveva irrogato agli odierni resistenti la sanzione amministrativa pecuniaria di cui al D.L. 12 febbraio 2002, art. 3, comma 3, (convertito con modificazioni con la L. n. 73 del 2002), nel testo all’epoca vigente, per l’impiego, accertato all’esito di ispezione dell’INPS del 26.7.03. di otto lavoratori dipendenti non risultanti dalle scritture o altra documentazione obbligatoria.

Nella sentenza gravata si rileva che nello stesso verbale ispettivo dell’INPS sulla cui base è stata irrogata la sanzione impugnata risulta precisato, per ciascuno degli otto lavoratori assunti irregolarmente, tanto il giorno di assunzione quanto l’orario lavorativo settimanale. Sulla scorta di tale rilievo la Commissione Tributaria Regionale ha affermato, alla stregua della sentenza 144/2005 della Corte Costituzionale (dichiarativa della illegittimità costituzionale del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, nel testo allora vigente, nella parte in cui non ammetteva la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare avesse avuto inizio successivamente al primo gennaio dell’anno in cui era stata constatata la violazione), l’illegittimità della sanzione applicata dall’Ufficio (determinata applicando per ciascun lavoratore il coefficiente del 200% del costo contrattuale del lavoro per il periodo dall’inizio dell’anno in cui era intervenuto l’accertamento alla data di constatazione della violazione, per il complessivo importo di Euro 133.231.80) ed ha stabilito il criterio di rideterminazione della sanzione nel 200% del costo contrattuale del lavoro riferito al numero di ore effettivamente lavorate per il periodo compreso tra la data di assunzione e la data di constatazione della violazione.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate si fonda su quattro motivi.

Col primo motivo si censura la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, artt. 16, 19 per non avere la Commissione Tributaria Regionale annullato l’alto sanzionatorio senza rideterminare la sanzione applicabile (ma limitandosi a fissare i criteri di tale rideterminazione); col secondo motivo si censura l’omessa motivazione sul fatto decisivo della sussistenza di elementi di prova sulla decorrenza dei rapporti di lavoro de quibus; col terzo motivo si censura la violazione falsa applicazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3 per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto che la sanzione andasse calcolata con riferimento all’orario effettivo e non all’orario di lavoro a tempo pieno previsto dalla contrattazione collettiva di settore: col quarto motivo si censura l’omessa motivazione sul fatto decisivo della sussistenza di elementi di prova sull’orario settimanale effettivamente praticato dai lavoratori de quibus.

I contribuenti si sono costituiti con controricorso.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza de 4.5.011 in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare è opportuno precisare che – sebbene la presente controversia esuli dalla giurisdizione tributaria (come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 15846 del 2009 in esito alla sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 2008 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2 nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate da uffici finanziari, anche quando conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura fiscale) – non è possibile rilevare in questa sede il difetto di giurisdizione del giudice tributario (conf. Cass. 26874/2009), conf. Cass. 26874/2009), in quanto tale difetto non è stato dedotto come motivo di ricorso per cassazione, nè era stato dedotto come motivo di appello (principale o incidentale condizionato) della sentenza di primo grado, cosicchè sul punto si è formato il giudicato (implicito) interno (cfr. Cass. SS.UU. n. 24883/2008, 26019/2008. 27531/2008.

29523/2008 e da ultimo 2067/2011 così massimata: Allorchè il giudice di primo grado ubbia pronunciato nel merito, affermando, anche implicitamente, la propria giurisdizione, la parte che intende contestare tale riconoscimento è tenuta a proporre appello sul punto, eventualmente in via incidentale condizionata, trettandosi di parte vittoriosa; diversamente, l’esame della relativa questione è preclusa in sede di legittimità, essendosi formato il giudicato implicito sulla giurisdizione).

Passando all’esame dei motivi di ricorso, si osserva che il secondo ed il quarto motivo censurano entrambi la motivazione degli accertamenti in fatto contenuti nella sentenza gravata: in particolare, col secondo motivo si censura la motivazione dell’accertamento della data di assunzione dei lavoratori in relazione ai quali è stata irrogata la sanzione impugnata e col quarto motiva si censura la motivazione dell’accertamento dell’orario lavorativo osservato da tali lavoratori. Detti motivi vanno quindi trattati congiuntamente e il loro esame precede logicamente quello dei motivi primo e terzo, con i quali si censurano – rispettivamente, per ragioni di rito e per violazione di legge – le statuizioni emesse dalla Commissione Tributaria Regionale in base ai suddetti accertamenti in fatto.

Con i motivi secondo e quarto la ricorrente lamenta che la Commissione Tributaria Regionale abbia ritenuto che le date di assunzione e gli orari di lavoro dei lavoratori in relazione ai quali è stata irrogata hi sanzione impugnata fossero quelli risultante dal verbale degli ispettori dell’INPS, senza procedere ad alcuna analisi delle fonti utilizzate dagli ispettori e senza spendere alcuna argomentazione sul rilievo – sollevato dall’Ufficio nella memoria depositata nel giudizio di appello – che in detto verbale le fonti non risultassero indicale.

I motivi sono fondati.

Innanzi tutto – con riferimento alla disciplina delle sanzioni amministrative per l’impiego di lavoratori non regolarmente denunciati dettata dal testo originario del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3 (applicabile ratione temporis alla fattispecie, non operando il principio di retroattività della legge più favorevole in materia di sanzioni amministrative pecuniarie relative ad infrazioni diverse da quelle valutarie e tributarie, vedi Cass. SS.UU. 356/2010) – è opportuno ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato, con la sentenza n. 23206 del 2001) che in difetto di prova contraria (ammessa a seguito della sentenza n. 144 del 2005 della Corte costituzionale e il cui onere è a carico del datore di lavoro) si presume che i rapporto di lavoro decorra dal primo gennaio dell’anno dell’accertamento. Ne consegue che incorre nel vizio di omessa motivazione la sentenza che, pur in assenza di detta prova, abbia annullato l’alto di irrogazione delle sanzioni.

Ciò premesso, si osserva che la sentenza gravata si limita afferma che “la prova dell’adibizione dei lavoratori per periodo inferiori all’anno risulta per tabulas dallo stesso verbale di accertamento ispettivo, nel quale, per ogni lavoratore, sono indicati il giorno iniziale, il giorno finale (per tutti, la data dell’accesso) ed il periodo di prestazione del lavoro (in numero di giorni per settimana)”.

Tale motivazione è palesemente insufficiente, perchè – a fronte della espressa contestazione dell’Ufficio appellato in ordine alla attendibilità delle indicazioni emergenti dal verbale ispettivo – il giudice avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali riteneva tali indicazioni attendibili e argomentare criticamente sulla efficacia persuasiva delle fonti utilizzate degli ispettori.

E’ infatti evidente che non può attribuirsi il medesimo peso probatorio a informazioni provenienti dal datore di lavoro, a informazioni provenienti dal lavoratore irregolarmente assunto, a informazioni provenienti dai compagni di lavoro di quest’ultimo, a informazioni provenienti da terzi estranei o a informazioni provenienti da acquisizioni documentali: così come è evidente che l’attendibilità di una informazione è diversa se questa provenga di più fonti concordi, o da una fonte sola, o sia affermata da alcune fonti e negata da altre.

Pertanto, per giungere alla conclusione che il datore di lavoro avesse soddisfatto l’onere, su di lui gravante, di provare in giudizio la data effettiva di assunzione dei lavoratori non denunciati, nonchè (secondo l’interpretazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, seguita dalla Commissione Tributaria Regionale e censurata col quarto motivo di ricorso) l’orario effettivo da costoro osservato, il giudice di merito avrebbe dovuto non limitarsi a recepire acriticamente le annotazioni riportate nel verbale ispettivo dell’INPS, ma procedere all’analisi e alla valutazione delle dichiarazioni rese agli ispettori dell’INPS e delle altre fonti informative da costoro eventualmente utilizzate.

La totale omissione di tale esame e valutazione integra il vizio di insufficiente motivazione della sentenza gravata, che per tale ragione va cassata, in accoglimento del secondo e quarto motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il terzo, con rimessione della causa alla stessa Commissione Tributaria Regionale di Milano, in altra composizione, che dovrà motivare nuovamente in ordine all’accertamento dei fatti ritenuti rilevanti ai fini del superamento della presunzione di cui al D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, nel testo ratione temporis applicabile.

Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Milano, in altra composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2011

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