Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20585 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/07/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 31/07/2019), n.20585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28215-2018 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CARLO MIRABELLO

14 presso lo studio dell’avvocato GAETANO VENCO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 11056/2018 del TRIBUNALE di ROMA,

depositato il 03/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LAURA

TRICOMI.

Fatto

RITENUTO

che:

Il Tribunale di Roma, con il decreto in epigrafe indicato, ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da F.S., nato in Bangladesh, il quale ha proposto ricorso per cassazione con un mezzo; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’omessa motivazione in merito alle doglianze espresse nel ricorso di primo grado con riferimento alla domanda di riconoscimento della protezione internazionale, segnatamente lamentando la mancata considerazione della fonte internazionale da lui stesso indicata (Amnesty internazionale 2016) dalla quale si poteva evincere il contesto politico/economico/sociale degradato del Bangladesh ed una serie di precedenti giurisprudenziali di merito che avevano riconosciuto, su tali, premesse, la protezione sussidiaria e/o umanitaria.

Invoca la tutela del diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza, alla libertà di pensiero, tra gli altri, e si duole che non sia stata verificata la possibilità effettiva di goderne, una volta rimpatriato.

Il motivo è inammissibile in quanto non risponde ai requisiti previsti per il vizio dedotto, giacchè il vizio motivazionale previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, applicabile “ratione temporis”, presuppone che il giudice di merito abbia esaminato la questione oggetto di doglianza, ma abbia totalmente pretermesso uno specifico fatto storico, e si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile”, mentre resta irrilevante il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014; cfr. Cass. n. 20721 del 13/08/2018).

Nel caso specifico, nessun fatto storico di cui sia stato omesso l’esame è stato indicato, nè tale connotazione hanno i precedenti di merito indicati, avendo definito peculiari posizioni individuali sulla scorta delle specifiche emergenze processuali.

A ciò va aggiunto che, contrariamente a quanto assume il ricorrente, il Tribunale ha motivato sulle doglianze espresse, da un lato ascrivendo, sulla ravvisata credibilità delle ragioni esposte quale causa del suo allontanamento dal Bangladesh, a motivi di natura economica il suo allontanamento dalla Patria; dall’altro escludendo che la situazione politica del Bangladesh fosse connotata da un conflitto armato interno tale da creare una situazione di violenza indiscriminata, sulla scorta di accreditate fonti internazionali, compresa la stessa Amnesty International 2016/2017; infine ha rilevato che il ricorrente non aveva allegato, nè dimostrato circostanze di particolare vulnerabilità relative alla sua persona e la censura non si confronta con alcuna di queste statuizioni, introducendo temi muovi quali quelli concernenti il diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza, alla libertà di pensiero.

In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non si provvede sulle spese di giudizio per assenza di attività difensive della controparte.

Sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, mancando la prova dell’ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

PQM

La Corte:

– Dichiara inammissibile il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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