Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20583 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/09/2020, (ud. 18/11/2019, dep. 29/09/2020), n.20583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1327-2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato con domicilio in Roma via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Marmi Carrara s.r.l. rappresentata e difesa dagli avv.ti Tenchino

Giuseppe e Franco Fabio con domicilio eletto in Roma via F. de

Sanctis n. 4;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana n. 78/24/2011 depositata il 17.11.2011

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/11/2019

dal Consigliere Pandolfi Catello.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto riocrso per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana n. 78/24/2011 depositata il 17 novembre 2011.

La vicenda trae origine dalla notifica dell’avviso di accertamento notificato il 25 giugno 2004, per l’anno d’imposta 2002,con cui contestava ricavi e costi non deducibili, indebita deduzio ne IVA, irregolare emissione di fatture, indebita applicazione di un coefficiente di ammortamento, con applicazione di una sanzione, di Euro 777.023,00 per acquisti in sospensione di imposta in difetto delle condizioni previste dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 8, comma 1 lett. c)

Il contribuente opponeva l’atto alla CTP, che accoglieva parzialmente il ricorso. L’Ufficio appellava la decisione alla CTR che dichiarava inammissibile il gravame. L’Ufficio ha quindi impugnato quella pronuncia, basando il suo ricorso su due motivi. Ha resistito la società Marmi Carrara s.r.l. con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

In primo luogo deve essere respinta l’eccezioni di inammissibilità sollevata dalla controricorrente, per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 3, sul presupposto che il ricorso avrebbe omesso di rappresentare sinteticamente il fondamento delle contestazioni svolte dall’Ufficio con l’atto di accertamento, nonchè la motivazione della sentenza di secondo grado, oltre che i motivi di appello, riproducendo la copia integrale nel corpo del ricorso il contenuto di tali atti.

L’eccezione è frutto di un’errata interpretazione della disposizione che si ritiene violata.

Infatti l’art. 360 c.p.c., n. 3 non interdice, se utile, l’inserimento nel corpo del ricorso per cassazione di copia integrale di atti a corredo, ma mira a limitarlo al necessario. La finalità perseguita è quella di limitare il contenuto del ricorso all’essenziale ed evitare il superfluo, appesantendolo con una congerie di atti non strettamente coordinata ai singoli motivi esposti. La cui comprensione, in mancanza di un’esposizione sintetica, chiara e lineare dell’impugnazione, diviene in tal caso non agevole, tal che dovrebbe essere il Collegio a procedere ad una selezione degli atti disordinatamente trasfusi nel testo, al fine di individuare i documenti funzionali alla domanda. Ciò in evidente violazione del principio di autosufficienza.

In tal senso, la giurisprudenza di questa Corte laddove ha affermato che “L’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, nel prescrivere che il ricorso per cassazione deve essere corredato dall’esposizione “sommaria” dei fatti di causa, implica che la stessa deve contenere il necessario e non il superfluo, sicchè è inammissibile il ricorso con il quale il ricorrente, senza una sintesi riassuntiva finale, si limiti a trascrivere il testo integrale di tutti gli atti di causa, rendendo particolarmente complessa l’individuazione della materia del contendere e contravvenendo lo scopo della disposizione, la cui finalità è agevolare la comprensione della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura” (ex multis Sez. 1 -, Sentenza n. 21750 del 27/10/2016).

Nella decisione richiamata la S.C. ha ritenuto inammissibile il ricorso che conteneva la trascrizione integrale di tutti gli atti di parte e dei provvedimenti del giudice, nonchè, nello svolgimento del processo, la pedissequa indicazione delle attività processuali espletate in ciascuna udienza.

Il caso in esame appare immune da tali aspetti. Gli atti inglobati nel testo del ricorso sono quello essenziali e correlati ai motivi di ricorso, calati in un quadro-guida esplicativo dei profili dedotti.

L’inclusione dei documenti sono preceduti da notazioni, che ne palesano la ragione: l’inserimento della pronuncia di primo grado, per motivare la doglianza sulla l’illeggibilità della stessa; l’inserimento di parte del ricorso d’appello, per dimostrare l’erroneità della valutazione giudice regionale nel ritenerlo privo del requisito della specificità.

Venendo ai motivi di ricorso si osserva:

Con il primo motivo l’Agenzia lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 nn. 2 e 4 e dell’art. 132 c.p.c., comma 2, nn. 3 e 4, nonchè dello stesso D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La doglianza si sostanzia nella illegittimità della grafia della sentenza di primo grado, scritta a mano dal giudice relatore, tale da non renderne comprensibile e valutabile l’iter motivazione seguito dal giudice regionale. Conseguendone la nullità.

La doglianza non è fondata dal momento che la grafia, ancorchè di faticosa lettura, non solo per i minuti caratteri, ma anche per la successione delle frasi, poste, fittamente, l’una a ridosso dell’altra, non ne impedisce, tuttavia, la comprensione in misura tale da consentirne una lettura completa senza che parti di essa restino incognite.

La sentenza in questione, riprodotta per autosufficienza nel testo del ricorso in esame, depone in questo senso ed ha del resto consentito, oltre che al giudice regionale, anche a questo Collegio il suo pur non agevole, ma completo apprendimento.

Al riguardo, trova applicazione il principio di questa stessa Corte, che s’intende ribadire, secondo cui “In mancanza di un’espressa comminatoria, non è configurabile nullità della sentenza nell’ipotesi di mera difficoltà di comprensione del testo stilato dall’estensore con scrittura manuale o di difficile leggibilità, atteso che in tali casi la sentenza non può ritenersi priva di uno dei requisiti di validità per essa stabiliti. Deve, invece, ritenersi nullo per carenza assoluta della motivazione il provvedimento che non si presenti soltanto di difficile lettura, ma sia addirittura incomprensibile, al punto da richiedere, per la sua decifrazione, una operazione il cui stesso esito è dubbio, poichè, nonostante gli sforzi cui eventualmente si sottoponga il lettore più attento, risulta impossibile avere certezza dell’esatta comprensione del testo. (Nella specie la S.C. ha escluso che ricorressero gli estremi dell’incomprensibilità del testo autografo della sentenza impugnata, ritenendo il provvedimento, sia pur con un certo sforzo, intellegibile nella sua interezza) (Sez. L, Sentenza n. 11739 del 14/05/2010).

Con il secondo motivo l’Ufficio ricorrente lamenta violazione del D.Lgs. n. 543 del 1992, art. 53 ancora in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

In particolare, l’A.F. ritiene errata la motivazione della Commissione regionale laddove ha ritenuto che, con l’atto d’appello, l’Ufficio avesse chiesto “solo e soltanto la riforma delle sentenza impugnata e la conferma dell’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio in quanto fondato e legittimo …” In tale formulazione la CTR ha ritenuto mancasse l’indicazione dei motivi per i quali veniva chiesta la riforma della sentenza di primo grado, invocata solo genericamente senza la specifica indicazioni degli errori in cui sarebbero incorsi i giudici di prime cure e della relazione causale tra gli errori e l’esito del giudizio appellato. Con ciò escludendo, implicitamente, che detta sentenza presentasse vizi comportanti la sua nullità, traendone conferma dalla fatto che quella sanzione non era stata richiesta nelle conclusioni.

L’assunto del giudice regionale è errato e il motivo in esame è fondato dal momento che nessuna carenza di specificità dei motivi è ravvisabile nell’atto di gravame.

Dalla lettura dell’appello, riprodotto nel testo del ricorso in esame, si evince, infatti, che esso intendeva riprodurre tutti gli aspetti e i profili già dedotti al primo giudice a sostegno della legittimità dell’atto impositivo, dal momento che la prima sentenza era stata oggetto di una richiesta di nullità nella sua interezza. In tal caso, l’appello non può che essere inteso come la riproposizione integrale delle ragioni già rappresentate nel precedente grado.

Al riguardo, infatti, deve darsi ulteriore applicazione il principio di questa Corte secondo cui “Nel processo tributario la riproposizione a supporto dell’appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell’impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimità dell’accertamento (per l’Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci. (Sez. 5 – Sentenza n. 32954 del 20/12/2018).

Il secondo motivo va, quindi, accolto, rigettato il primo. La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Regionale Tributaria della Toscana, in diversa composizione, per il riesame nei limiti del motivo accolto, oltre che per la definizione delle spese.

PQM

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana in diversa composizione per il riesame, limitatamente al motivo accolto, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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