Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20582 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/07/2019, (ud. 02/04/2019, dep. 31/07/2019), n.20582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20652-2018 proposto da:

A.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO FRATERNALE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 562/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 30/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 2/4/2019 dal consigliere Dott.ssa Marina Meloni.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Ancona con sentenza in data 30/4/2018, ha confermato il rigetto del ricorso proposto da A.G. nato in Nigeria il 15/6/1995, volto, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona di essere fuggito dal proprio paese a causa delle minacce di morte ricevute dai membri di un gruppo occulto che pretendevano che lui uccidesse alcune persone e per ritorsione al suo rifiuto avevano ucciso sua madre. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona il predetto ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, lett. B) e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5,7 e 14, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Giudice Territoriale aveva ritenuto l’assenza dei presupposti e degli elementi personali riconducibili ai requisiti previsti per ottenere la concessione della protezione sussidiaria ed umanitaria.

Il ricorso è inammissibile e deve essere respinto in quanto contiene una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili, in quanto dirette a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni e le fonti del proprio convincimento. Tale richiesta di riesame non è evidentemente deducibile quale motivo di impugnazione in questa sede di legittimità, ancor più in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto anzitutto non credibili le dichiarazioni del ricorrente in quanto generiche, confuse e contraddittorie; ha poi ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente, cioè Lagos (Nigeria).

A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente: a) che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. tra molte: Cass. n. 340/19); b) che qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. tra molte: Cass. n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre; c) che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte di merito ha precisato come la zona di Lagos non risulti dalle fonti reperibili interessata dalla presenza di organizzazioni terroristiche in grado di generare una situazione di violenza indiscriminata.

Del tutto generica, infine, si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione della Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di particolari situazioni di vulnerabilità, non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle già escluse nel provvedimento impugnato con riferimento alle altre forme di protezione esaminate.

Il ricorso proposto deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese in mancanza di attività difensiva, nè doppio contributo nonostante l’ammissione del ricorrente al patrocinio dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte di Cassazione, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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