Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20582 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/09/2020, (ud. 11/10/2019, dep. 29/09/2020), n.20582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

G.P., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

stesa a margine del ricorso, dagli Avv.ti Mina Andrea, del Foro di

Brescia, e Bitti Daniele Manca, che ha indicato recapito PEC, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo procuratore

designato, alla via Luigi Luciani n. 1 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 285, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale di Milano, sez. staccata di Brescia, il 24.10.2011 e

pubblicata l’11.11.2011; ascoltata, in camera di consiglio, la

relazione svolta dal Consigliere Di Marzio Paolo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’odierno ricorrente, G.P., “esercente l’attività di medico anestesista ‘per altri studi medicì (sent. CTR, p. 1), erano recapitati gli avvisi di accertamento nn(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), relativi ad IRPEF, IRAP ed accessori in relazione agli anni dal 2000 al 2003, avendo totalmente omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia e contestava, innanzitutto, di aver presentato domanda di c.d. condono tombale, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, neppure ricevendo risposta dall’Amministrazione finanziaria. La CTP osservava che il contribuente non aveva diritto ad accedere al condono, come richiesto, essendo un evasore totale, non avendo presentato affatto la dichiarazione dei redditi, in conseguenza neppure era dovuto un provvedimento di diniego espresso da parte dell’Ufficio finanziario. Risultando insussistente il presupposto per accedere al condono, poi, osservava la CTP, risultava operativa la proroga dei termini di accertamento di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 10, conseguendone la tempestività degli accertamenti compiuti dall’Agenzia delle Entrate.

Avverso la decisione adottata dalla CTP, il contribuente proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia. La Commissione di appello riteneva irrilevante la contestazione del contribuente, il quale affermava di aver presentato la dichiarazione dei redditi per il 1999 a mezzo spedizione postale, perchè negli anni in contestazione, dal 2000 al 2003, la dichiarazione doveva essere trasmessa telematicamente, ed il G. non vi aveva provveduto, e comunque il ricorrente nulla aveva documentato in proposito. La integrale omissione della presentazione della dichiarazione dei redditi negli anni in contestazione importava quindi che la domanda di condono non potesse in nessun caso essere accolta, stante il disposto di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 14, lett. c), non essendo onerata l’Amministrazione finanziaria di alcun obbligo di comunicazione di un “diniego”. In conseguenza dell’inapplicabilità del condono l’Agenzia delle Entrate si era legittimamente avvalsa della proroga biennale dei termini di accertamento riconosciuta dalla L. n. 289 del 2002, art. 10. In ordine alla contestazione relativa alla pretesa inapplicabilità dell’IRAP, osservava la CTR che il contribuente “nulla dimostra documentalmente … circa la carenza di autonoma organizzazione produttiva” (sent. CTR, p. 2).

Avverso la decisione assunta dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha proposto ricorso per cassazione G.P., affidandosi a quattro motivi di gravame. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Il P.M. ha depositato memoria, domandando il rigetto del ricorso e la conferma dell’accertamento impugnato. Anche il ricorrente ha depositato memoria, corredata da documentazione e con istanza di voler dichiarare l’estinzione del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo di ricorso il contribuente contesta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, come modificato per l’anno di imposta 1999 dal D.P.C.M. 20.4.2000, nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c., della L. n. 212 del 2000, art. 3, art. 11 preleggi e art. 2697 c.c., e comunque il vizio di motivazione, per avere la CTR negato la possibilità del contribuente di accedere alla definizione automatica degli anni pregressi d’imposta.

1.2. – Mediante il secondo motivo di gravame G.P. censura, ai sensi degli artt. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, sulla definizione automatica degli anni d’imposta pregressi, e del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 3, come modificato per l’anno di imposta 1999 dal D.P.C.M. 20 aprile 2000, nonchè della L. n. 289 del 2002, art. 16 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e dell’art. 2697 c.c., e comunque il vizio di motivazione, con riguardo alla possibilità per il contribuente di ottenere la definizione automatica degli anni pregressi d’imposta.

1.3. – Con il terzo motivo di impugnazione il contribuente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 10 sulla definizione automatica degli anni d’imposta, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, con riguardo alla possibilità di ottenere la definizione automatica degli anni pregressi d’imposta.

1.4. – Mediante il quarto motivo di gravame il contribuente critica, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. sulla ripartizione dell’onere della prova, nonchè del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, per avere la CTR impugnata proposto una “motivazione meramente apparente e, pertanto, omessa e/o insufficiente in relazione all’analisi dei presupposti IRAP” (ric., p. 43)

Non sussistono le condizioni per addivenire alla decisione nel merito del giudizio.

Il ricorrente, infatti, ha depositato memoria difensiva mediante la quale chiede dichiararsi la intervenuta cessazione della materia del contendere. Il contribuente ha pure allegato documentazione in materia di: revoca di fermo amministrativo; attestazione di pagamento dell’intero debito tributario che aveva originato un’iscrizione ipotecaria, rilasciata dall’esattore; estinzione di pignoramento presso terzi, un Istituto di credito, per debiti tributari; adesione alla definizione agevolata prevista dall legge di stabilità 2014.

Il contribuente non ha cura di illustrare le ragioni della diretta riferibilità di questi documenti alla vicenda processuale ora in esame.

Invero il contribuente non ha provveduto ad assicurare prova di aver notificato istanza e documentazione allegata alla controparte, l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., u.p..

Difettando, nel caso di specie, dei requisiti prescritti dalla norma su richiamata, l’atto di rinuncia non sarebbe di per sè idoneo a determinare l’estinzione del processo, ma, essendo inequivocabilmente indicativo del venir meno dell’interesse al ricorso da parte dell’impugnante, ne comporta comunque l’inammissibilità (cfr. Cass. sez. U, sent. 18.02.2010, n. 3876).

In materia di spese di lite, appare equo disporne la compensazione, in considerazione della natura del giudizio e delle ragioni della pronuncia.

In materia di raddoppio del contributo unificato, questa Corte ha già avuto occasione di affermare che “nell’ipotesi di rinuncia al ricorso per cassazione da parte del contribuente per adesione alla definizione agevolata (nella specie, di cui al D.L. n. 148 del 2017, conv., con modif., dalla L. n. 172 del 2017), non sussistono i presupposti per condannare lo stesso al pagamento del cd. “doppio contributo unificato”, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, ove il presupposto per la rinuncia e, quindi, la causa di inammissibilità del ricorso sia sopravvenuta rispetto alla proposizione del medesimo”, Cass. sez. VI-V, 7.6.2018, n. 14782.

In conseguenza, la Corte

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso proposto da G.P., per sopravvenuta carenza d’interesse.

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

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