Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20580 del 29/09/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/09/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 29/09/2020), n.20580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10083/2018 R.G. proposto da:

Mercury Fast s.p.a. (già Femar s.p.a.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Orti della Farnesina n. 155, presso lo studio dell’avv. Zhara Buda

Claudia, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. La Rosa

Salvatore, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia – Sezione staccata di Catania n. 4023/05/17, depositata il

16 ottobre 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2 ottobre

2019 dal Consigliere Giacomo Maria Nonno.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 4023/05/17 del 16/10/2017, la Commissione tributaria regionale della Sicilia – Sezione staccata di Catania (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto dalla Femar s.p.a. avverso la sentenza n. 571/04/12 della Commissione tributaria provinciale di Catania (di seguito CTP), che aveva respinto il ricorso proposto da Femar s.p.a., oggi Mercury Fast s.p.a. (di seguito Mercury) nei confronti di alcuni avvisi di rettifica concernenti importazioni doganali relative all’anno 2007.

1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR, l’appello della società contribuente veniva respinto in ragione della qualifica di rappresentante indiretto dell’importatore dalla stessa acquisita e della conseguente coobbligazione al pagamento dei dazi doganali ai sensi del reg. CEE n. 2913/92 del 12 ottobre 1992 (Codice doganale comunitario – CDC) artt. 201 e 202.

1.2. La CTR osservava, altresì, che gli avvisi di rettifica indicavano dettagliatamente i conteggi relativi alle differenze del valore tra quanto dichiarato e quanto accertato per ogni singola bolletta doganale, così come indicato nel processo verbale di revisione; ed il contribuente non aveva proposto specifiche e dettagliate contestazioni in merito.

2. Mercury impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

3. L’Agenzia delle dogane resisteva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’ art. 32 c.p.c., comma 2, dell’art. 156c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziandosi la mera apparenza della motivazione, che, da un lato, avrebbe fatto riferimento per relationem alla sentenza della CTP senza riportarne il contenuto e, dall’altro, avrebbe omesso di valutare la specifica censura posta con il motivo di gravame, concernente l’assenza di responsabilità del rappresentante indiretto in caso di rettifica della dichiarazione.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 201 CDC, par. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che il rappresentante indiretto dell’importatore non può essere ritenuto responsabile con riferimento a rettifiche che involgono il valore della merce importata.

3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto relativi a questioni connesse, e sono infondati.

3.1. Ai sensi dell’art. 5 CDC, par. 2, (applicabile ratione temporis) e dell’art. 40 TULD, comma 1, la dichiarazione doganale può essere fatta personalmente dall’importatore ovvero a mezzo di un rappresentante diretto o indiretto. La rappresentanza è diretta quando il rappresentante agisce a nome e per conto di terzi, indiretta, quando il rappresentante agisce a nome proprio ma per conto di terzi. Mentre la rappresentanza indiretta è libera, la rappresentanza diretta implica l’iscrizione in un apposito albo professionale istituito con la L. 22 dicembre 1960, n. 1612, ed il puntuale rispetto della disciplina prevista dalla legge medesima e dalla successiva L. n. 213 del 2000.

3.1.1. Dal combinato disposto dell’art. 201 CDC, par. 3, e dell’art. 4 CDC, punto 18, l’obbligazione doganale sorge con la dichiarazione, quale effetto della indicazione di un determinato regime doganale in essa contenuto, e si lega soggettivamente all’autore della dichiarazione, indipendentemente dal rapporto che il dichiarante abbia con la merce (cfr. Cass. n. 5560 del 26/02/2019).

3.1.2. Ne consegue che la responsabilità, oltre a sorgere in capo all’importatore, involge anche il rappresentante indiretto di quest’ultimo, il quale risponde in quanto dichiarante, laddove il rappresentante diretto rimane, normalmente, estraneo alla fattispecie impositiva (posto che il dichiarante in questo caso è il rappresentato), a conferma che l’obbligazione doganale è legata al ruolo di dichiarante, ovvero di autore della dichiarazione doganale (così Cass. n. 5560 del 2019, cit.; cfr. Cass. n. 9773 del 23/04/2010; Cass. n. 7720 del 27/03/2013; Cass. n. 9270 del 17/04/2013; Cass. n. 6129 del 01/03/2019).

3.1.3. La centralità della figura del dichiarante è confermata anche dall’art. 5 CDC, comma 4, secondo cui “la persona che non dichiari di agire a nome o per conto di un terzo o che dichiari di agire a nome o per conto di un terzo senza disporre del potere di rappresentanza è considerata agire a suo nome e per proprio conto”. Conseguentemente, la mancanza di prova dei poteri di rappresentanza, la mancata risposta a una contestazione da parte dell’Ufficio o l’assenza di dichiarazione comporta la presunzione che il soggetto abbia agito quale rappresentante indiretto e, come tale, quale dichiarante.

3.2. Diversa è, invece, l’ipotesi in cui l’obbligazione doganale sorga per effetto della inosservanza della normativa doganale, ossia in caso di introduzione irregolare (art. 202 CDC), di sottrazione al controllo doganale (art. 203 CDC) e delle altre ipotesi previste dal Codice doganale comunitario (artt. 204 e 205 CDC). In questo caso, l’obbligazione doganale emerge non per effetto della presentazione di una dichiarazione, poi rivelatasi erronea, ma a causa del verificarsi di alcuni fatti (introduzione di merci senza dichiarazione doganale, dichiarazione riguardante merci del tutto diverse da quelle effettivamente importate, sottrazione al controllo doganale, inosservanza di obblighi previsti dalla normativa doganale per i regimi speciali, ecc.), che inducono una presunzione legale di immissione al consumo delle merci medesime.

3.2.1. In dette ipotesi, l’obbligazione doganale è legata al verificarsi di un fatto, configurandosi una importazione di merci che prescinda dalla esistenza di una valida dichiarazione doganale. Invero, l’introduzione della merce non ha rispettato le fasi contemplate dall’art. 38 CDC, n. 1, e art. 40 CDC (Cass. n. 5159 del 01/03/2013), ossia conduzione/trasporto all’ufficio doganale e presentazione in dogana (cfr. CGUE 25 gennaio 2017, in causa C679/15, UltraBrag AG, punto 20; Cass. n. 5560 del 2019, cit.; Cass. n. 15777 del 23/06/2017; Cass. n. 10033 del 20/04/2017; Cass. n. 8240 del 30/03/2017).

3.3. Nel caso di specie, è pacifico che la merce sia stata introdotta nel territorio dello Stato a seguito di regolare dichiarazione doganale, poi soggetta a rettifica a posteriori in ragione della contestazione sul valore della stessa. Ne deriva che il richiamo all’art. 202 CDC da parte della CTR non è pertinente, perchè regola un’ipotesi in cui la dichiarazione non c’è stata.

3.4. La responsabilità di Mercury per l’obbligazione doganale deriva, peraltro, direttamente dall’applicazione dell’art. 201 CDC (pure considerato dalla CTR), essendo la società contribuente rappresentante indiretto dell’importatore e, quindi, autore materiale della dichiarazione effettuata in nome proprio, anche se per conto altrui.

3.4.1. Di tale dichiarazione il rappresentante indiretto dell’importatore si assume la responsabilità e la stessa è impegnativa con riferimento all’esattezza delle indicazioni figuranti nella dichiarazione, all’autenticità dei documenti presentati e all’osservanza di tutti gli obblighi inerenti al vincolo delle merci importate al regime considerato (cfr. regolamento (CEE) n. 2454 del 1993, art. 199). Conseguentemente, il rappresentante indiretto risponde della obbligazione doganale, anche se sorta a seguito di verifica a posteriori conseguente alla diversità del valore dichiarato.

3.4.2. Nè può ritenersi che la responsabilità dello spedizioniere rappresentante indiretto integri una forma di responsabilità oggettiva, ben potendo quest’ultimo provare la propria buona fede alle condizioni previste dall’art. 220 CDC, par. 2, lett. b).

3.5. Correttamente, pertanto, la CTR ha ritenuto la responsabilità di Mercury per l’obbligazione doganale in ragione della dichiarazione dalla stessa presentata, giusta la previsione dell’art. 201 CDC, par. 3, mentre va esclusa l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 202 CDC, riguardante la diversa ipotesi di introduzione irregolare della merce, avvenuta senza la presentazione di una regolare dichiarazione.

3.5.1. Si noti che la motivazione della CTR non può dirsi apparente (con conseguente infondatezza del primo motivo), in quanto, nonostante il richiamo per relationem alla motivazione della CTP, ha poi aggiunto (correttamente) che il rappresentante indiretto è responsabile solidalmente per il pagamento dei dazi doganali ai sensi dell’art. 201 CDC, essendo tale figura, “anche per la sua preparazione professionale, in grado di valutare la veridicità dei documenti trasmessigli” (ivi compresa, dunque, la valutazione della merce).

4. Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “per avere la CTR confermato nel merito le impugnate rettifiche senza prestare la dovuta attenzione al relativo motivo di appello, e all’incombenza sull’Ufficio dell’onere probatorio dei maggiori valori accertati”.

5. Il motivo è infondato.

5.1. La CTR ha chiarito che “negli avvisi di rettifica sono dettagliatamente indicati i conteggi relativi alle differenze del valore tra quanto dichiarato e quanto accertato per ogni singola bolletta doganale e, d’altronde, già indicati nel processo verbale di revisione. Nè, in questa sede, la ricorrente ha posto specifiche e dettagliate contestazioni in merito a quanto risulta dall’accertamento, limitandosi a generiche considerazioni”.

5.2. Il giudice di appello ha, dunque, fondato il proprio convincimento sulla congruità dei valori indicati dall’Ufficio sia con riferimento agli avvisi di rettifica che con riferimento al processo verbale di revisione, evidentemente ritenendo che l’Agenzia delle dogane abbia assolto all’onere probatorio sulla stessa spettante.

5.3. Ne consegue che la sentenza impugnata ha fatto buon governo delle regole di ripartizione dell’onere probatorio, essendo ogni questione concernente l’accertamento in concreto dei valori della merce rimessa al giudice di merito e contestabile solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

5.4. Del resto, il motivo proposto neppure può essere reinterpretato come censura motivazionale: la stessa risulterebbe inammissibile, sia perchè in violazione del divieto della doppia conforme, sia per difetto di specificità, non essendo stati trascritti nè gli avvisi di rettifica nè il processo verbale di revisione.

6. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore della lite dichiarato di Euro 11.421,26.

6.1. poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.300,00, oltre alle spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal consigliere più anziano, Paolo Catallozzi, per impedimento del Presidente del Collegio e del Consigliere anziano, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2020

 

 

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