Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2058 del 29/01/2010

Cassazione civile sez. III, 29/01/2010, (ud. 09/12/2009, dep. 29/01/2010), n.2058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CALABRESE Donato – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18926-2005 proposto da:

B.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE ANGELICO 80, presso lo studio dell’avvocato LAURETI

ARMANDO, che la rappresenta e difende con delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSITALIA – LE ASSICURAZIONI D’ITALIA SPA, in persona dell’Avv.

A.M. elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EUSTACHIO

MANFREDI 17, presso lo studio dell’avvocato MAZZA’ MARIO, che la

rappresenta e difende con delega a margine del ricorso;

– controricorrente –

contro

L’EDERA COMP ITAL ASSIC SPA IN LCA, I.M., I.S.,

G.M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 705/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Terza

Sezione Civile, emessa il 24/01/2005; depositata il 05/02/2005;

R.G.N. 1277/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/12/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l’Avvocato ARMANDO LAURETI;

udito l’Avvocato MARIO MAZZA’;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.P., premesso che il (OMISSIS), mentre viaggiava sulla via (OMISSIS) come trasportata su una vettura Fiat 126 di proprietà di I.S. e condotta da I. M., quest’ultimo ne perdeva il controllo ed invadeva l’opposta corsia di marcia andando a collidere con altra autovettura Lancia Dedra, per cui essa esponente riportava gravi lesioni fisiche, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma entrambi gli I., nonchè l’Edera Ass.ni, assicuratrice della vettura suddetta, per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni da essa subiti.

L’Edera deduceva che la responsabilità esclusiva era da attribuire ad un’auto BMW, rimasta sconosciuta, che, non avendo osservato il segnale di “stop” nell’attraversare la (OMISSIS), aveva costretto il conducente della Fiat 126 ad una brusca frenata, e chiedeva quindi che fosse chiamata in causa l’Assitalia, quale impresa designata L. n. 990 del 1969, ex art. 20 per sentirla condannare al risarcimento del danno de quo oppure a rilevare o rivalere i convenuti dalla domanda attrice.

L’Assitalia, a nome e per conto del F.G.V.S., contestava la domanda svolta dall’Edera.

Riassunto il giudizio a seguito della messa in l.c.a. dell’Edera, si costituivano in giudizio l’Assitalia e I.S., quest’ultimo contestando di essere proprietario della vettura, mentre I. M. allegava l’esclusiva responsabilità della BMW. Dopo che l’attrice provvedeva all’integrazione del contraddittorio nei confronti di G.M.L., quale effettiva proprietaria dell’auto Fiat 126, il Tribunale adito, con sentenza del 20.4.01, dichiarava il difetto di legittimazione passiva di I.S. e condannava in solido I.M., la G., l’Edera in l.c.a. e l’Assitalia al risarcimento del danno a favore della B., liquidato in L. 97.750.000, oltre lucro cessante, interessi legali e spese, mentre rigettava la domanda svolta dall’Edera nei confronti dell’Assitalia.

Interponeva appello la B. avverso tale sentenza, chiedendo una maggiore liquidazione sia per danno biologico che per quello morale, oltre al riconoscimento del danno fisionomico, da liquidarsi come componente del danno patrimoniale, autonomamente dal danno biologico, mentre nella contumacia degli altri appellati l’Edera concludeva per il rigetto del gravame.

Con sentenza depositata il 5.2.05 la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello, e la B. avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, mentre l’Assitalia resisteva con controricorso, depositando anche una memoria.

Nessuna attività difensiva veniva svolta dall’Edera in l.c.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente lamenta “omessa e/o insufficiente motivazione dell’impugnata sentenza circa un punto decisivo della controversia, con evidente violazione dell’obbligo imposto dall’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., nonchè degli artt. 191 e 200 c.p.c. e artt. 90 e 92 disp. att. c.p.c..

Il motivo è infondato.

Ed invero, si evince dalla sentenza impugnata che la Corte di merito, in ordine a ciascuno dei quattro motivi di gravame che erano stati dedotti dall’odierna ricorrente, ha giustificato la propria decisione con logica ed adeguata motivazione, indicando gli elementi di fatto presi in esame ed il criterio logico-giuridico che ha presieduto alla loro concreta valutazione.

1. Ciò vale, innanzitutto, per il primo motivo d’appello (che denunciava l’arbitraria riduzione al 20% della percentuale di invalidità permanente, determinata dal CTU in quella maggiore del 24%), in ordine al quale la Corte territoriale ha spiegato in modo esauriente le ragioni di condivisione, da parte sua, in ordine a tale riduzione, facendo correttamente riferimento alla circostanza che la relativa decisione del primo giudice aveva avuto riguardo alla natura ed all’entità delle lesioni riportate dalla B. sulla base di una “valutazione equitativa di congruità che, in quanto tale, sfugge a rigorosi criteri matematici”, e che in tal modo lo stesso giudice aveva assolto il proprio onere di dare una adeguata motivazione circa il fatto di aver parzialmente disatteso il parere del CTU. 2. Anche in relazione alle censure che hanno formato oggetto del secondo e del quarto motivo d’appello si rileva che la sentenza impugnata ha spiegato, con congrua e sufficiente motivazione, le ragioni per le quali pure su tali punti ha ritenuto di condividere le valutazioni del primo giudice, evidenziando come sia il danno odontoiatrico che quello estetico debbano ritenersi inclusi nella quantificazione più generale del danno biologico, comprensivo di ogni menomazione dell’integrità psicofisica della persona e come, in ogni caso, la B. non abbia provato che la perdita dell’integrità estetica conseguente agli accertati esiti cicatriziali sia stata causa di una riduzione in concreto del suo reddito.

3. Non è dato riscontrare vizio motivazionale anche laddove la sentenza impugnata ha dichiarato di condividere la valutazione del Tribunale in ordine alla quantificazione del danno morale, in quanto detta condivisione risulta efficacemente motivata con riferimento, assolutamente corretto, all’avvenuto ricorso a criteri necessariamente equitativi, ma rispondenti alle specificità del caso concreto.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato, mentre ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra le parti costituite.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti costituite le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2010

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