Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20579 del 31/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 31/07/2019, (ud. 18/04/2019, dep. 31/07/2019), n.20579

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15301/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

GENERAL SERVICE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, nonchè F.F., F.V. e

M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4727/17/2017 della Commissione tributaria

regionale della LOMBARDIA, Sezione staccata di BRESCIA, depositata

il 16/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRES ed IRAP emesso a carico della General Service s.r.l. con riferimento all’anno di imposta 2007, a seguito del disconoscimento dei costi relativi a fatture che l’amministrazione finanziaria riteneva essere state emesse per operazioni soggettivamente inesistenti, nonchè degli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci per imputazione ai medesimi dei maggiori utili extra bilancio accertati, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR in parziale accoglimento dell’appello proposto dai contribuenti avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, riduceva il maggior imponibile accertato in Euro 1.318.435,00;

– avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replicano gli intimati;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla sentenza ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, per difetto assoluto di motivazione, sub specie di motivazione apparente, in punto di riduzione della pretesa erariale, è fondato e va accolto.

2. A tale riguardo osserva il Collegio che quella fornita dalla CTR sul punto controverso è all’evidenza una motivazione nulla perchè meramente apparente, in quanto rende imprescrutabili le ragioni sottese alla decisione assunta (cfr., ex multis, Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv. 641526-01; conf. Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 14927 del 2017, nonchè, con specifico riferimento alla statuizione d’appello, v. Cass. sez. V, nn. 4780/16, 6326/16, Cass. S.U. n. 8053/14 e Cass. sez. V, nn. 16612/15, 15664/14, 12664/12, 7477/11, 979/09 e Cass. n. 13937/02). La CTR, invero, dopo aver fatto una serie di premesse in ordine alla correttezza dell’accertamento fiscale (“Il numero incrociato delle operazioni sottoposte al recupero d’imposta da parte di società fornitrici della General Service portava l’Ufficio correttamente alla individuazione di attività fraudolentemente messe in atto mediante l’emissione di fatture inesistenti o addirittura in eccesso o in sovrafatturazione, dove la società appallata (rectius: appellante) ne beneficiava per il recupero dell’imposta indiretta e il mancato assolvimento di imposte non pagate, rinvenienti da minori utili dichiarati”), confermata dalla stessa ammissione del consulente tecnico della società che nella relazione depositata in atti affermava “che gli importi delle fatture oggetto di contestazione erano stati fatturati “in eccesso””, e dopo aver dato atto “che a seguito di tale attività, scambio di fatturazione le parti non dimostravano come le stesse avessero trovato un riscontro finanziario corretto puntuale e preciso alle scritture contabili dell’azienda”, ridetermina “il valore del nuovo reddito imponibile in Euro 1.318.435,00” sulla scorta di “tutto quanto sopra detto”.

3. Ne consegue l’accoglimento del primo motivo di ricorso che comporta l’assorbimento del secondo, con cui è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54.

4. La sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale che rivaluterà la vicenda processuale fornendo adeguata e congrua motivazione e provvedendo anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 31 luglio 2019

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