Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20578 del 07/08/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 20578 Anno 2018
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

ORDINANZA
sul ricorso 25170-2012 proposto da:
ACITO VINCENZO MARIO (CTAVCN55E23F052M), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CICERONE 49, presso lo studio
dell’avvocato PAOLO BOTZIOS, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIACOMO MARCHITELLI;
– ricorrentlecontro
CONSORZIO RAVENNATE COOPERATIVE PRODUZIONE E LAVORO
S.c.a.r.1., (c.f. 00080170392) in persona del
Presidente di Gestione e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI
SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO
PETRETTI, che 1o rappresenta e difende unitamente

Data pubblicazione: 07/08/2018

all’avvocato EUGENIO CHIERICI;
– controricorrente nonchè contro
SOCIETA’ COOPERATIVA ORION a r.l. in persona del
legale rappresentante pro tempore;

avverso la sentenza n. 188/2011 della CORTE D’APPELLO
di POTENZA, depositata il 01/08/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 22/06/2017 dal Consigliere Dott.
PASQUALE D’ASCOLA.

– intimata –

Fatti di causa e ragioni della decisione

1)

Il tribunale di Matera nel maggio 2004 ha revocato il decreto ingiuntivo

n. 407/94 con cui era stato ingiunto al Consorzio Ravennate Cooperative

Vincenzo Acito, quale compenso per prestazioni professionali.
Il tribunale ha escluso la legittimazione passiva del Consorzio, la cui estraneità
alla pretesa dell’ingiungente era stata dedotta anche dalla Cooperativa Orion,
intervenuta volontariamente in giudizio e dichiaratasi unica legittimata passiva.
La Corte di appello di Potenza con sentenza 1 agosto 2011 ha confermato la
decisione di primo grado.
L’ing. Acito ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 31 ottobre 2012,
con quattro motivi.
Il Consorzio è rimasto intimato.
Orion ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata la trattazione con il nuovo rito previsto per il
procedimento in camera di consiglio.
2)

Il ricorso riferisce che, ai fini dell’accoglimento dell’opposizione, la

sentenza di primo grado ha ritenuto determinante il contenuto della lettera
indirizzata dalla Orion all’ing. Acito il 16 settembre 1993, “da quest’ultimo
incondizionatamente accettata”; che in tal modo l’ing. Acito aveva reso
inefficaci le proprie difese “intese a ritenere come non opponibili” al
professionista il patto consortile tra le società coinvolte nella vicenda, con il
riconoscimento che nei suoi confronti si erano obbligate soltanto le società F.11i
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Produzione e Lavoro il pagamento di oltre un miliardo di lire in favore dell’ing.

Zagarelli e Terme Appalti, in capo alle quali egli aveva “emesso regolare
fattura”.
Quanto al giudizio di appello, il ricorso riferisce che la Corte aveva ritenuto che
le parti avessero concordato l’incarico per il progetto di variante della strada di

corrispettivo di circa 25 milioni di lire a carico della imprese sopraindicate.
3) Con il primo motivo il ricorrente lamenta un vizio di motivazione relativo alla
erronea lettura della nota 16.9. 1993, che recava la dizione “rimborso spese”
dalla quale i giudicanti avrebbero dovuto desumere che l’importo costituiva una
minima parte del compenso, in quanto “non a caso” la nota avrebbe fatto
riferimento anche al corrispettivo per la progettazione da concordare “in caso
di esito positivo”. Inoltre sarebbe irrilevante il fatto che sulle spese sia stato
calcolato il dovuto per IVA e cassa previdenza.
Con il secondo motivo viene denunciato un vizio di motivazione con riferimento
all’affermazione della Corte di appello secondo cui un compenso di oltre un
miliardo di lire non avrebbe potuto “essere conferito per implicito”.
L’argomento è considerato non condivisibile, non essendo necessaria forma
scritta. Inoltre il contratto sarebbe sorto solo con la sottoscrizione degli
elaborati da parte del procuratore speciale del Consorzio, cosicchè sarebbe
stata utile la prova testimoniale, oggetto del terzo motivo di ricorso, per
comprovare che la nota del 16. 11 1993 si riferiva solo a “spese” e non anche
alle competenze.
3.1)

I motivi, da esaminare congiuntamente perché connessi, sono

infondati.
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collegamento tra la S.S. Potenza-Melfi e l’abitato di Venosa verso il

Complessivamente la censura esprime lamentela circa la ricostruzione e
interpretazione degli accordi contrattuali intercorsi, come esprime lo stesso
ricorrente nel concludere il terzo motivo invocando il “buon governo deli canoni
di ermeneutica contrattuale”.

agli artt. 1362 e segg. C.c. che sarebbe stato leso dal ragionamento della Corte
di appello.
La sua tesi esprime in sostanza una lettura dei fatti di causa contrapposta a
quella resa concordemente dai giudici di primo e secondo grado, ai quali
soltanto spetta l’apprezzamento di merito circa gli impegni contrattuali
esistenti.
La Corte di Cassazione, in base alle norme ratione temporis applicabili, può
solo controllare che non vi siano illogicità, contraddizioni o manifeste
insufficienze nel ragionamento decisorio che giustifica la decisione.
Nel caso di specie nulla di tutto ciò viene dimostrato in ricorso.
La Corte di appello ha spiegato che era legittima la pattuizione che aveva
subordinato ulteriori compensi alla aggiudicazione dell’appalto,
«pacificamente non avvenuta in favore del Consorzio»; ha ben
argomentato che la sola Orion conferì l’incarico e concluse il contratto,
restando irrilevante che il frontespizio degli elaborati sia stato firmato dal
Consorzio, formalmente partecipante alla gara di appalto, circostanza nota al
professionista e risultante dalla nota del 1993; ha analizzato la espressione
usata -“compenso quale rimborso spese” – e ne ha tratto la convinzione,

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Tuttavia parte ricorrente non individua né analizza un canone tra quelli di cui

ulteriormente motivata, che si riferisse al compenso pattuito, con esclusione
della ingente maggior pretesa azionata.
Non sussiste quindi alcuna carenza motivazionale suscettibile di censura, né

merito, apparendo evidente, per contro, la razionalità e congruità di quanto
ritenuto dalla Corte di appello.
4) Da ultimo va dichiarato inammissibile il quarto motivo, che lamenta omessa
pronuncia in ordine alla quota di compenso afferente la Terme Appalti, che non
sarebbe mai stata pagata.
Parte resistente ha rilevato la novità della questione, mai sollevata in
precedenza.
Il rilievo coglie nel segno, giacchè le sentenze di merito tacciono sul punto e
parte ricorrente in ricorso non ha esposto quando e in qual modo la questione
sia stata sottoposta alla Corte di appello dando luogo all’omissione di pronuncia
(SU 15781/05).
5)

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla

refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della
controversia.
Ratione temporis non è applicabile il disposto di cui all’art. 13 comma 1 quater
del d.p.r 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della
legge n. 228/12.

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può la Corte Suprema rivisitare l’apprezzamento valutativo del giudice di

PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite

accessori di legge.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della 2^ sezione civile tenuta il
22 giugno 2017

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma, 0

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Pibei.

2018′

liquidate in euro 8.000 (ottomila) per compenso, 200 per esborsi, oltre

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