Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20577 del 07/08/2018


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Civile Sent. Sez. U Num. 20577 Anno 2018
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: ACIERNO MARIA

Data pubblicazione: 07/08/2018

SENTENZA

sul ricorso 4051-2016 proposto da:
FISAULI FRANCESCO, FISAULI ENZO JORG, FISAULI ALESSANDRO,
FISAULI MARIA, FISAULI ANNA, FISAULI GIORGIO, FISAULI
GIOVANNA, FISAULI GABRIELLA; SCALA MARZIA, SCALA MANUELA,
SCALA ELISABETTA nella qualità di eredi di Fisauli Elisabetta,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MACHIAVELLI 25, presso lo

studio dell’avvocato PIO CENTRO, rappresentati e difesi dagli avvocati
EGIDIO INCORPORA e MASSIMILIANO FABIO;
– ricorrenti contro

COMUNE DI RANDAZZO, in persona del Sindaco pro tempore,

studio dell’avvocato CESARE SANZI, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIOVANNI MONFORTE;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1222/2015 della CORTE D’APPELLO di
4.13

CATANIA, depositata il M/07/2015.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/04/2018 dal Consigliere MARIA ACIERNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale
MARCELLO MATERA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Massimiliano Fabio in proprio e per delega orale
dell’avvocato Egidio Incorpora e Giovanni Monforte.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Catania, confermando la pronuncia di primo
grado, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in
ordine alla domanda proposta da Francesco, Giorgio, Giovanna,
Maria, Anna, Gabriella, Alessandro,Enzo Jorg ed Elisabetta Fisauli di
risarcimento danni per occupazione del terreno di loro proprietà da
parte del Comune di Randazzo avvenuto con ordinanza del maggio
2004 cui non seguiva, nel termine fissato nella dichiarazione di
pubblica utilità, l’inizio dell’opera programmata.

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elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. PORRO 26, presso lo

A sostegno della decisione assunta la Corte d’Appello ha posto la
sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 3660 del
2014, nella quale si afferma che le controversie risarcitorie per
occupazione appriopriativa iniziate dal 10 agosto del 2000, data di
entrata in vigore del d.lgs n. 34 del 1998 come riformulato dalla I. n.

amministrativo, non perché la dichiarazione di pubblica utilità sia di
per sé inidonea ad affievolire il diritto di proprietà (l’occupazione e la
trasformazione del suolo in assenza di decreto di espropriazione
comportano lesione del diritto soggettivo) ma perché ricomprese nella
giurisdizione esclusiva urbanistico-edilizia, mentre la medesima
giurisdizione è attribuita dall’art. 53 del d.p.r. n. 327 del 2001 se la
dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta dal 1 luglio 2003, data
di entrata in vigore del t.u. espropriazioni.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione
Francesco, Giorgio, Giovanna, Maria, Anna, Gabriella,
Alessandro,Enzo Jorg e gli eredi di Elisabetta Fisauli, Marzia e
Manuela Scala, Elisabetta Fisauli affidandosi ad un unico motivo. Ha
resistito con controricorso il Comune di Randazzo. I ricorrenti hanno
depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Nell’unico motivo di ricorso viene dedotta l’illegittimità del difetto di
giurisdizione in quanto fondata sulla qualificazione giuridica
dell’illecito contestato alla pubblica amministrativa come occupazione
appropriativa e non usurpativa. In tale ipotesi, corrispondente alla
fattispecie dedotta nel presente giudizio, la giurisdizione appartiene al
giudice ordinario perché il danno è cagionato da un comportamento
non riconducibile, neanche in via indiretta, all’esercizio di un potere
amministrativo. In particolare non è stata dedotta la illegittimità
degli atti della procedura volta all’occupazione d’urgenza, bensì la

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205 del 2000, sono assoggettate alla giurisdizione del giudice

circostanza che, intervenuta l’occupazione i lavori non sono stati
eseguiti nei tempi indicati nel provvedimento. In tale ipotesi la
situazione giuridica dedotta in giudizio è di diritto soggettivo e, non
essendo in contestazione il od i provvedimenti amministrativi emessi
ma il comportamento della p.a. che ha proseguito nell’occupazione

un potere amministrativo in materia urbanistica, mancando una
valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità.
Il motivo è infondato. L’orientamento di questa Corte che prende le
mosse dalla pronuncia delle S.U. n. 3660 del 2014, posta a base della
sentenza impugnata, cui si ritiene di prestare adesione, è il frutto di
un’elaborazione giurisprudenziale pressoché univoca che si è
sviluppata negli anni successivi fino al 2018. I principi che hanno
determinato l’indirizzo nettamente prevalente, traggono origine dalla
attribuzione della giurisdizione esclusiva – e dalla delimitazione di tale
attribuzione di giurisdizione che ne è seguita – al giudice
amministrativo delle controversie in materia urbanistica, così come
prevista dall’art. 34 del d.lgs n. 80 del 1998 (ovvero riguardante
“atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni
pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica
ed edilizia”),

da ritenere vigente, tuttavia, soltanto all’esito

dell’entrata in vigore della I. n. 205 del 2000, perché nella precedente
fase di vigenza la novella è stata dichiarata incostituzionale per
eccesso di delega, per effetto della sentenza della Corte
Costituzionale n. 281 del 2004. Peraltro l’ambito oggettivo di
estensione della giurisdizione esclusiva è stato circoscritto anch’esso
dalla sentenza della Corte Cost. n. 204 del 2004 con riferimento a
tutte le materie assoggettate alla giurisdizione esclusiva e con la
sentenza n. 191 del 2006 con riferimento specifico all’art. 53 del
d.p.r. n. 327 del 2001 in relazione alla materia urbanistica. Il quadro
che ne è risultato prevede che in ordine alle controversie risarcitorie

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del terreno senza che tale occupazione possa ricondursi all’esercizio di

la giurisdizione del giudice amministrativo, nelle materie urbanistiche,

t/ Icon riferimento specifico alla tutela risarcitorial, non si estende alle
lesioni di diritti soggettivi conseguenti a comportamenti neanche
mediatamente riconducibili all’esercizio di un pubblico potere.
Con questa duplice delimitazione, temporale ed oggettiva non è

esclusiva nella materia urbanistica, seguendo le tracce indicate dalla
citata sentenza n. 3660 del 2014. Perché si applichi la norma sulla
giurisdizione esclusiva così come delineata nell’art. 34 d.lgs n. 80 del
1998, viziato d’incostituzionalità per eccesso di delega e riprodotto
nella I. n. 205 del 2000, si deve trattare di controversie risarcitorie
iniziate a partire dal 10 agosto 2000, data di entrata in vigore della I.
n. 205 del 2000. Ma non basta il discrimine temporale, occorre
verificare se l’illecito è conseguente da atti o comportamenti della p.a.
conseguenti o comunque eziologicamente collegati all’esercizio in
concreto di funzioni amministrative od invece, in particolare ci si
riferisce ai comportamenti, del tutto disancorati da tali premesse. Al
riguardo,

deve precisarsi che non è sufficiente l’astratta

ricomprensione dell’illecito denunciato nell’ambito degli interessi
pubblici da curare mediante l’esercizio della funzione amministrativa
ma è necessario verificare se sia configurabile il collegamento anche
indiretto con attività di natura provvedimentale, ovvero se l’illecito
contestato possa essere inserito all’interno dell’esercizio in concreto
del potere amministrativo. In questa ultima ipotesi deve riconoscersi
la giurisdizione del giudice amministrativo anche nelle controversie
risarcitorie derivanti dalla lesione del diritto di proprietà. Nella specie
non può dubitarsi dell’avvio legittimo del procedimento ablatorio con
l’ordinanza dell’Il maggio 2004 di occupazione temporanea e
d’urgenza per anni cinque delle aree in contestazione cui è seguita la
determinazione

e

l’accettazione

dell’indennità

provvisoria

di

occupazione. Le deduzioni ed allegazioni difensive divergono in ordine

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disagevole tracciare il perimetro applicativo della giurisdizione

allo sviluppo successivo del provvedimento, ritenendo i ricorrenti, che
la dichiarazione di pubblica utilità fosse da considerare inefficace dopo
due anni e l’ente territoriale controricorrente l’opposta tesi della sua
validità al momento dell’emissione del decreto di espropriazione. (cfr.
parte narrativa del ricorso e del controricorso). Correttamente la

nell’esercizio in concreto del potere amministrativo provvedimentale
della controversia risarcitoria azionata, coerentemente non soltanto
con la pronuncia delle S.U. sopra richiamata ma anche con una
sequenza diacronica di successive univoche pronunce. Si richiamano
al riguardo la sentenza n. 10879 del 2015, perfettamente
sovrapponibile alla fattispecie dedotta in giudizio, così come la più
recente n. 9334 del 2018 così massimata: “In tema di risarcimento

dei danni derivanti dall’illecita occupazione di un bene, sussiste la
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art.
133, comma 1, lett. g), c.p.a., quando il comportamento della P.A.,
cui si ascrive la lesione oggetto della domanda, sia la conseguenza di
un assetto di interessi conformato da un originario provvedimento
ablativo, espressione di un potere amministrativo in concreto
esistente, riguardante l’individuazione e la configurazione dell’opera
pubblica sul territorio, cui la condotta successiva, anche se illegittima,
si ricollega in senso causale”. Del tutto conformi ai principi richiamati
sono la sentenza n. 1092 del 2017 relativa ad una controversia
avente ad oggetto la mancata retrocessione di un bene acquisito
mediante decreto di esproprio, nonostante la sopravvenuta
decadenza dalla dichiarazione di pubblica utilità; la n. 17110 del 2017
che attribuisce alla giurisdizione del giudice ordinario, sulla base dei
medesimi principi sopra esposti la controversia avente ad oggetto una
porzione immobiliare di cui si deduce l’acquisto della proprietà per
usucapione, nonché la sentenza n. 2145 del 2018. Del tutto isolata
rimane, pertanto, la pronuncia n. 5744 del 2015, indicata dal

Ric. 2016 n. 04051 sez. SU – ud. 10-04-2018

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Corte d’Appello ha ritenuto sufficiente l’incontestata inclusione

ricorrente che, peraltro, in motivazione non richiama i principi
contenuti negli orientamenti sopra illustrati né la sequenza legislativa,
interpolata dalle pronunce della Corte Costituzionale sopra descritte,
che ha condotto all’attuale criterio di riparto di giurisdizioni,
nell’ambito della giurisdizione esclusiva.

principio della soccombenza in ordine alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna le parti ricorrenti in solido al pagamento
delle spese processuali del presente giudizio in favore della parte
controricorrente da liquidarsi in E 5000 per compensi; E 200 per
esborsi oltre accessori di legge.
Ricorrono le condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma 1
quater, del d.p.r. n. 115 del 2002.
Così deciso nella camera di consiglio del 10 aprile 2018

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con applicazione del

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