Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 20574 del 07/08/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 20574 Anno 2018
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: SCALISI ANTONINO

ORDINANZA
sul ricorso 14464-2017 proposto da:
COMUNE DI MACCHIA D’ISERNIA C.F.00069850949, in persona
del Sindaco e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte
di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIO MARIO
EPIFANIO;

– ricorrente contro
MENNA RATA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ALBALONGA n.7, presso lo studio dell’avvocato CLEMENTINO
PALMIERO, rappresentata e difesa da se medesima;

contron.corrente

avverso la sentenza n. 195/2017 del TRIBUNALE di ISERNIA,
depositata il 17/03/2017;

Data pubblicazione: 07/08/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 15/05/2018 dal Consigliere Dott. ANTONINO

SCALISI.

Ric. 2017 n. 14464 sez. M2 – ud. 15-05-2018
-2-

’ RG. 14464 del 2017 Comune Macchia Isernia – – Menna Rita

Fatti di causa e ragioni della decisione
Rita Mennat con ricorso del 14 dicembre 2013, interponeva
opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Isernia, avverso il
processo verbale di contravvenzione n.9301/13/AV elevato dalla

violazione dell’art.142/8 del C. d. S
Il Comune di Macchia di Isernia si costituiva ritualmente in
giudizio contestando la domanda, producendo documentazione a
sostegno della propria tesi difensiva, formulando, altresì,
richieste istruttorie e concludeva per il rigetto della opposizione
con vittoria di spese e competenze del giudizio.
Il Giudice di Pace, con ordinanza resa fuori udienza,
disattendeva, la richiesta di prova testimoniale articolata
dall’Ente Comunale e, con sentenza n. 140 del 2014, accoglieva
l’opposizione e annullava il verbale di contravvenzione
impugnato.
Avverso questa sentenza, interponeva appello il Comune di
Macchia di Isernia ribadendo la legittimità del verbale di
contestazione e chiedendo la riforma integrale della sentenza del
Giudice di Pace.
Si costituiva Rita Menna chiedendo il rigetto del gravame.
Il Tribunale di Isernia con sentenza n. 196 del 2017, rigettava
l’appello e confermava la sentenza impugnata. Secondo il

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Polizia Municipale del Comune di Macchia d’Isernia, per

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Tribunale di Isernia, la censura dell’appellante (comune di
Macchia di Isernia) sulla violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
risultava inammissibile in quanto generica; b) inammissibile ex
art. 342 cod. proc. civ. perché generica era, anche, la censura

gravame questi aveva fatto un generico rinvio per relationem alla
CTU espletata in prime cure. Di conseguenza, si è formato un
giudicato interno in ordine al mancato rispetto delle distanze.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dal Comune di
Macchia di Isernia con ricorso affidato a due motivi. Menna Rita
ha resistito con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente Comune di Macchia
d’Isernia ha dedotto – ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5,
c.p.c. – la supposta violazione dell’art. 2697 c.c., nonché il vizio
di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo
della controversia, anche, in relazione all’art. 245 c.p.c., avuto
riguardo alla mancata ammissione della prova testimoniale
richiesta ed articolata, dallo stesso Ente, nella memoria di
costituzione nel giudizio di primo grado.
Con la seconda censura, il ricorrente Comune ha denunciato – in
virtù dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c. – l’asserita
violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché un
ulteriore vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un

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svolta nel merito dall’appellante, laddove sul proprio atto di

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punto decisivo della controversia, anche in relazione all’art. 4 del
d.l. n. 121/2002, convertito nella legge n. 168/2002, all’art. 2
del D.M. 15 agosto 2007, oltre che con riferimento al d. Igs. n.
231/2001 e succ. modif. e integr.

formulati con il ricorso potevano essere dichiarati inammissibili,
con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c.,
in relazione all’art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il presidente ha
fissato l’adunanza della Camera di Consiglio.
Rileva il collegio che il ricorso, con riferimento a tutte e due le
avanzate censure, deve essere ritenuto inammissibile, in tal
senso trovando conferma la proposta già formulata dal relatore,
ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c.
Il primo motivo è inammissibile con riguardo al supposto vizio di
omessa o insufficiente motivazione perché – al di là della
circostanza che non può, in modo contraddittorio, prospettarsi
simultaneamente la carenza assoluta od inadeguata della
motivazione di una sentenza – esso non è più deducibile in sede
di legittimità, ai sensi del novellato (ad opera del d.l. n. 83/2012,
conv., con, modif., nella I. n. 134/2012) n. 5 del comma 1
dell’art. 360 c.p.c. (“ratione temporis” applicabile nella
fattispecie), siccome risulta ammissibile il solo vizio di omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio che abbia costituito

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Su proposta del relatore, il quale riteneva che i motivi

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oggetto di discussione tra le parti (cfr., tra le tante, Cass. S.U. n.
8053/2014 e Cass. n. 23940/2017).
La prima doglianza è, altrettanto, inammissibile con riguardo
all’affermata violazione di legge perché risulta priva – ai sensi

specificità a causa dell’omessa trascrizione dei capitoli di prova
testimoniale della cui immotivata mancata ammissione l’Ente
ricorrente si è lamentato (v., ex multis, Cass. n. 17915/2010,
ord., e Cass. n. 19985/2017, od.).
Anche il secondo motivo è inammissibile.
Con riferimento al dedotto vizio di motivazione di cui al secondo
motivo l’inammissibilità deriva dalla stessa ragione rilevata con
riguardo al medesimo vizio prospettato con il primo motivo.
In ordine alla violazione di legge prospettata con la stessa
seconda doglianza, essa risulta parimenti inammissibile perché il
medesimo Ente ricorrente – oltre a non aver specificamente
riprodotto i motivi posti a fondamento dell’appello (onde poter
valutare l’eventuale violazione dell’art. 112 c.p.c.) – non ha
propriamente censurato la ratio decidendi della pronuncia del
giudice di secondo grado circa la dichiarata inammissibilità del
motivo formulato in appello in ordine alla contestazione della
c.t.u. svolta in primo grado né, in particolare, il conseguente
rilievo d’ufficio del giudicato interno formatosi sulla questione

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dell’art. 366, comma, n. 6), c.p.c. – del necessario requisito di

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relativa al mancato rispetto delle distanze (ravvisato dal Giudice
di pace nel giudizio di prima istanza) tra la segnaletica stradale
ed il dispositivo di controllo della velocità, proponendo invece ma, altrettanto, inammissibilmente una diversa ricostruzione

dichiarato giudicato (per effetto della rilevata violazione dell’art.
342 c.p.c.), perciò rimasto non attinto dall’Ente ricorrente.
Alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte il
ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile. Le spese
seguono la soccombenza e vengono liquidate con il dispositivo.
Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art.
1, comma 1, comma 17, della legge n. 228/2012, che ha
aggiunto il comma 1- quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115/2002 dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per l’impugnazione, integralmente rigettata.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile, condanna parte
ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del
presente giudizio che liquida in C. 600,00 di cui C. 100,00 per
esborsi, oltre maggiorazione per spese generali pari al 15% dei
compensi ed accessori nella misura di legge. Ai sensi dell’art. 13,
comma 1-quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1,

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fattuale di quest’ultimo aspetto, prescindendo dal rilevato e

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comma 17, della legge n. 228/2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della VI-2 Sezione
civile della Corte di Cassazione, in data 15 maggio 2018.
Il Presidente

(24

13.

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